La guerra è fatta di distruzione, morte e altro ancora. E quando c’è di mezzo l’arte è fatta di saccheggi. Ma anche di generosi e coraggiosi protagonisti che quel patrimonio provano a salvare. Questo ricordo di Vittorio Emiliani – intrecciato a memorie familiari – racconta di uno di questi protagonisti, il soprintendente Pasquale Rotondi, che salvò il formidabile patrimonio di Urbino. Grazie anche a …una partitura di Rossini


Il ricordo di VITTORIO EMILIANI

A Urbino il soprintendente Pasquale Rotondi, durante la guerra nazi fascista realizzò una grande operazione di salvataggio delle opere d’arte contenute nel Palazzo Ducale e in altri palazzi storici nonché in Duomo e in altre chiese importanti (come il Cristo in croce di Barocci nella chiesa della Congregazione della Buona Morte dopo l’Arcivescovado). A questo delicato trasferimento cooperò anche mio padre, segretario comunale ed ex ufficiale di cavalleria, utilizzando i buoni benzina di cui poteva fruire per altri scopi.

La Tempesta di Giorgione, salvata dal soprintendente di Urbino Rotondi, assieme ad altri capolavori per sottrarli alle razzie naziste; sotto il titolo, l’operazione Rocca di Sassocorvaro e, più in basso, protezione dei dipinti all’interno del Palazzo Ducale di Urbino (nel riquadro in basso a sinistra, Pasquale Rotondi)

Una parte fondamentale di questo patrimonio venne nascosta nella rocca di Tavoleto e un’altra a Sassocorvaro nella rocca di Francesco di Giorgio. I tedeschi cercarono ugualmente di investigare e fecero aprire una cassa a Sassocorvaro. Per fortuna l’ufficiale estrasse il foglio di una partitura nel quale Rossini aveva fissato la musica buffa della Purga. E l’ufficiale tedesco se la bevve commentando: “Niente, niente, solo sciocchezze”.

L’opera instancabile del soprintendente Rotondi salvò quindi il patrimonio urbinate dalla deportazione in Germania di tante opere d’arte parallelamente ad una analoga impresa di salvataggio realizzata a Roma dal direttore generale Lavagnino. 

A Urbino però si materializzò un’altra drammatica minaccia. Si scoprì infatti che la polveriera dell’Aeronautica che in galleria passava per alcuni chilometri dai Trasanni sotto i due colli della città di Urbino (Urbs Bina) conteneva razzi di segnalazione, mine e tritolo. I Tedeschi esigevano che venissero trasferiti altrove perché avrebbero fatto saltare gli imbocchi della galleria. Bisognò quindi organizzare un’urgente grande opera di trasferimento e anche a questa collaborò attivamente mio padre con la sua esperienza fatta in gioventù nella Grande Guerra.

Camion e camion traferirono il materiale esplosivo al Nord o sulla costa fra Pesaro e Fano per gettarlo in mare. Quando i Tedeschi fecero saltare gli imbocchi della galleria tutta Urbino tremò.  Figuriamoci cosa sarebbe accaduto se tutta la polveriera o gran parte di essa fosse stata fatta saltare. Il peggio doveva avvenire quando i Tedeschi ormai in ritirata avrebbero fatto saltare i torrioni delle mura cinquecentesche dei Della Rovere. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.