La locandina del poliziesco firmato da Justine Triet, premiato dalla critica e dal pubblico che riempie le sale anche in Italia

Palma d’oro al Festival di Cannes, il poliziesco è costruito su un impeccabile meccanismo di giallo giudiziario che tiene col fiato sospeso gli spettatori per tutte le due ore e mezzo del film. È il racconto di un uomo che cade dal balcone, del figlio cieco che lo ritrova morto e della moglie sospettata di omicidio. La verità giudiziaria costringe il figlio a una scelta difficile e lascia tutti nel dubbio


La recensione di BATTISTA GARDONCINI *

Un uomo cade da un balcone e muore. Lo trova il figlio cieco, uscito per una passeggiata con il cane guida, e le sue urla richiamano l’attenzione della madre, che non si era accorta di nulla. Incomincia così “Anatomia di una caduta”, della regista francese Justine Triet, che ha messo d’accordo tutti: i giurati del festival di Cannes, dove ha vinto la Palma d’Oro, e il pubblico, che per una volta si è dimostrato d’accordo con le scelte degli addetti ai lavori. Primo al botteghino in Francia, il film sta riempendo le sale anche in Italia, nonostante una promozione e una distribuzione non particolarmente efficaci.

Che cosa è davvero accaduto? La dinamica della caduta dell’uomo non convince gli inquirenti, che fin dall’inizio sospettano della madre, e la accusano di omicidio. Ma ci sono anche elementi che fanno pensare a un incidente o al suicidio. Alla fine si arriva a un processo dove la donna è difesa da un avvocato amico di infanzia, l’accusa è sostenuta da un odioso pubblico ministero, e il figlio, chiamato a testimoniare, viene costretto a una scelta difficile.

La verità giudiziaria lascia però nel dubbio. È davvero quella la verità? Ed è possibile trovare una sola verità in una vicenda dove entrano in gioco i sentimenti, le debolezze e le angosce delle persone, e i fatti sono tutto sommato marginali?

Justine Triet, aiutata da una eccellente sceneggiatura scritta a quattro mani con il compagno Arthur Harari, ha costruito un impeccabile meccanismo di giallo giudiziario, che tiene gli spettatori con il fiato sospeso per tutte le due ore e mezza del film. Ma la sua è una riflessione che tocca corde più generali: la crisi di una coppia che esplode per il rovesciamento dei ruoli tradizionali, i limiti della giustizia, la tutela dei minori. Ottimi gli attori, con una citazione particolare per la tedesca Sandra Hüller nella parte della madre e per il giovanissimo Milo Machado Graner. © RIPRODUZIONE RISERVATA

(*) L’autore dirige oltreilponte.org

Giornalista, già responsabile del telegiornale scientifico Leonardo su Rai 3. Ha due figlie, tre nipoti e un cane. Ama la vela, la montagna e gli scacchi. Cerca di mantenersi in funzione come le vecchie macchine fotografiche analogiche che colleziona, e dopo la pensione continua ad occuparsi di scienza, politica e cultura sul blog “Oltreilponte.org”.