Il viaggio di Guido Ortona su cosa dovrebbe esserci nel programma di un partito politico di sinistra, che è quindi di fatto un viaggio nella crisi della sinistra, si conclude con un confronto tra i quattro partiti-gruppi politici più importanti che hanno rappresentato questa area politica alle ultime elezioni per le Camere. Il confronto è fra i loro programmi attuali, ed è basato su una ricerca attraverso parole-chiave. Ecco quello che c’è e il tanto che manca. In particolare manca l’indicazione netta di una sorta di decalogo delle priorità da perseguire a livello di mobilitazione sociale, politica e parlamentare


Roma, 23 marzo 2003. Tre milioni di manifestanti a difesa dell’articolo 18 al Circo Massimo

L’analisi di GUIDO ORTONA, economista

4 – Riassunto di quanto è stato scritto fin qui

UN PROGRAMMA DI sinistra deve:

a) prevedere una lotta contro questa Europa;

b) prevedere una lotta per la redistribuzione dei redditi (e/o della ricchezza) dai ricchi ai poveri (o allo stato sociale);

c) enunciare questi obbiettivi (insieme ad altri, se lo si ritiene opportuno) in un “decalogo” di pochi punti, chiari, di sinistra, praticabili e conseguibili – sia pure attraverso una lotta.

5 – Cosa dicono invece i programmi della sinistra?

Per cercare di capirlo ho provato a esaminare i quattro più importanti, vale a dire quello di Schlein, quello dei 5stelle, quello di Sinistra ItalianaVerdi e quello di Unione Popolare tramite una ricerca per parole chiave,  cercando “distribuzione” (e quindi implicitamente “distribuzione del reddito”, “distribuzione della ricchezza” e “redistribuzione”),  “patrimoni” (e quindi “patrimonio” e “patrimoniale”), “Mes”, “debito” (e quindi “debito pubblico”), “Banca Centrale Europea” (e “Bce”) e infine “lottare” (e quindi “lotta”). Vediamo cosa salta fuori.

a) Distribuzione. Con riferimento al reddito o alla ricchezza, il termine non compare mai in nessuno dei quattro programmi.

b) Patrimoni(ale). Il termine non compare mai nelle 33 pagine del programma di Schlein e nelle 13 della versione corta del programma dei 5s (quella lunga si estende per 251 pagine, ma quella corta dovrebbe essere sufficientemente rappresentativa, dato che contiene 124 proposte specifiche). In quello di Unione Popolare (che si estende anch’esso, nella mia stampa, per 13 pagine e contiene 120 proposte) compare una volta nella richiesta di riforma del catasto, onde redistribuire i tributi a gettito invariato, e un’altra, più significativamente, con la richiesta di “Introduzione di una tassa sul patrimonio partendo da una soglia di un milione di euro e procedendo con aliquote in senso progressivo, come proposto dall’economista Piketty”, senza però che questa richiesta venga particolarmente enfatizzata. Compare una volta anche nelle 50 pagine (della mia stampa) del programma di Sinistra Italiana – Verdi: “vogliamo abolire l’Imu e l’imposta di bollo sugli investimenti, per adottare un’imposta patrimoniale personale, unica e progressiva, che gravi sull’insieme di tutti i beni mobili e immobili, di qualsiasi natura. Prevediamo in questo modo di aumentare la tassazione sui patrimoni superiori a 5 milioni di euro, con un’imposta progressiva che cresca fino al 2% oltre i 50 milioni.” Per vari motivi che sarebbe troppo lungo analizzare è una proposta piuttosto tenue (per esempio, la soglia dei 5 milioni per un aumento dell’imposizione è troppo alta), e non ha un particolare risalto fra le parecchie decine di proposte avanzate; ma se non altro c’è.

c) Mes. Compare solo nel programma di Up: “Abolizione del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) ed esclusione di ogni ricorso a esso”; in un paragrafo in cui leggiamo anche “Lavorare per il superamento delle politiche di bilancio stabilite dall’accordo di Maastricht e dal semestre europeo. Respingere, in particolare, i vincoli liberisti del Trattato e ripristinare la Costituzione del 1948 eliminando il vincolo europeo laddove in contrasto ai principi fondamentali della Costituzione antifascista e il pareggio di bilancio introdotto nel 2012”.

d) Debito (pubblico). Nel programma Schlein leggiamo (p.11) “Evitare di lasciare in eredità alle prossime generazioni un debito pubblico inso¬stenibile”, affermazione priva di qualsiasi contenuto pratico, e a p.26 “L’e-mergenza ha sgretolato dogmi sotto cui soffocavano dibattiti cruciali: sulle risorse proprie e sulla condivisione del debito”, affermazione falsa. In quello dei 5s c’è la richiesta dell’emissione di un debito comune europeo, e in quello di Sinistra Italiana – Verdi si afferma che “Il debito verde deve essere escluso dal calcolo del debito pregresso e legato a tempistiche di rientro più lunghe e specifiche per ogni paese”. Nel programma di Up il termine debito (con riferimento al debito pubblico) non compare.

e) Banca Centrale Europea, Bce. Schlein: “E’ necessario riformare e democratizzare la governance economica, modificando profondamente il Patto di stabilità e crescita e con un mandato della Bce orientato anche verso la piena occupazione”. Analogamente, nel programma di Up leggiamo che “[occorre]Operare per la modifica dei trattati affinché la Banca Centrale Europea possa favorire politiche industriali sostenibili da un punto di vista ambientale. Intanto la Bce deve continuare ad acquistare tutti i titoli di Stato necessari e non su richiesta e con condizionamenti”. Negli altri due programmi i termini non compaiono.

f) Infine è bene osservare che in nessuno dei quattro programmi compare un “decalogo” di priorità. Enunciare 120 obbiettivi è sicuramente meglio che non enunciarne nessuno; ma c’è qualcosa di incongruo se (come nel programma di Up, che è a mio avviso quello più concreto ed approfondito) l’obbiettivo di un’imposta sui patrimoni oltre un milione di euro, che implica una dura lotta politica (che a sua volta richiede un ampio approfondimento di economia politica e di politica economica) viene posto sullo stesso piano di un obbiettivo assai più generale, come “perseguire politiche orientate a riequilibrare le disparità tra Nord e Sud del Paese” o di uno assai più particolare, come “lanciare un servizio di cura dentale pubblico che garantisca cure a prezzi economici”, entrambi peraltro del tutto condivisibili.

6 – Seguito

Il punto fondamentale è la presenza insufficiente del termine lotta. Una lotta è necessariamente una lotta per qualcosa, ma anche, altrettanto necessariamente nel campo della politica, una lotta contro qualcuno. Se così non fosse non ci sarebbe bisogno di lottare. Questo qualcuno compare troppo poco nei programmi che stiamo esaminando. Nel programma dei 5s il termine “lotta” non compare mai. In quello di Schlein compare tre volte; ma un avversario non viene mai indicato. A p.3, leggiamo che “Non si può lottare efficacemente contro le diseguaglianze se non si affronta nello stesso tempo l’emergenza climatica”, a p.8 che “Un nuovo contratto sociale vuol dire lottare per un grande investimento nella sanità pubblica universalistica”, e a p.24 che “È necessaria una lotta serrata alla precarietà e allo sfruttamento”; che non è la stessa cosa di “lottare contro gli sfruttatori e coloro che vogliono che il lavoro sia precario”. Il programma di Up si conferma essere il più combattivo: “Lottare per la sicurezza economica e contro la povertà”, “Lotta all’inflazione con eliminazione dell’Iva su prodotti di prima necessità”, “lotta contro l’evasione fiscale”, “lotta contro il caporalato” e “lotta alle lobby che influenzano la politica della Ue”. Questo è l’unico accenno –in tutti e quattro i programmi- a una lotta contro il qualcuno che comanda in questa Europa. Ma tutte queste proposte di lotta sono annegate in un mare di 120 proposte, forse tutte giuste, ma come abbiamo visto senza che venga indicata una gerarchia. Nella citazione del punto e) del par. 5 non sarebbe stato meglio scrivere “lottare contra l’attuale dirigenza europea affinché, ecc.” piuttosto che “occorre operare per la modifica dei trattati affinché, ecc.”?

7 – Perché?

Perché la sinistra non è in grado di esprimere un programma di lotta composto di pochi punti programmatici, chiari, praticabili e che affrontino i problemi principali? Non lo so. Ci sono sicuramente molti motivi su cui non so cosa dire, come le caratteristiche dei militanti, o la mancanza di un vero partito, e il perché di tale mancanza; ma come studioso (in pensione) di  economia delle scelte collettive ritengo di potere dire qualcosa su due motivi molto rilevanti, fra loro strettamente collegati. Il primo è la colossale campagna di disinformazione e mistificazione messa in atto dai cosiddetti “(tele)giornaloni”. È molto più efficace di quanto possa sembrare a prima vista. Per fare un esempio, parecchi miei conoscenti, persone per bene e di sinistra, si dicono fermamente convinti che sia in atto tale disinformazione, salvo poi affermare con convinzione che bisogna approvare la riforma del Mes, nonostante che su di esso sappiano solo quel poco che hanno ricavato da quelle fonti inquinate e nonostante che potrebbero facilmente sapere che praticamente la totalità degli economisti di sinistra è contraria. Il secondo motivo è che decenni di subordinazione dell’economia italiana ai poteri forti dell’economia europea e di redistribuzione verso l’alto hanno creato una situazione insostenibile. Come è noto, ma meno di quanto dovrebbe essere, l’Italia è l’unico fra i paesi membri dell’Ocde in cui il salario medio sia diminuito fra il 1990 e il 2020. Continuare su questa strada di nascosto come si è fatto finora, mistificazione dopo mistificazione, diventa sempre più difficile. Tanto più l’opinione pubblica se ne accorgerà tanto meglio sarà. Su questo la sinistra ha responsabilità enormi, e tanto prima se ne farà carico tanto meglio sarà. Anche perché probabilmente l’opinione pubblica è più avanti della sinistra nel percepire la gravità della situazione, ed è anche per questo che si rivolge sempre più a destra. È già successo. — (2. fine la prima parte dell’analisi è stata pubblicata ieri qui) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Ha studiato economia a Torino, dove è stato allievo di Siro Lombardini, e ad Ancona, dove è stato allievo di Giorgio Fuà. È stato professore ordinario di politica economica presso l’Università del Piemonte Orientale; in precedenza ha insegnato all’Università di Torino e alla Luiss di Roma. È in pensione dal 2017. Si è occupato di politica economica, scelte collettive ed economia sperimentale. È autore di un’ottantina di pubblicazioni scientifiche e di un romanzo di fantaeconomia, I buoni del tesoro contro i cattivi del tesoro, Biblioteca del Vascello, 2016.