L’antico portone principale nel cuore di Trastevere; sotto il titolo, la facciata d’ingresso dell’Inpm

Il vecchio istituto San Gallicano di Roma, nel cuore di Trastevere, ha mantenuto inalterata nel tempo la sua missione volta alla cura dei poveri e degli indigenti. L’intero edificio, oggi, ospita la prima sede della comunità di Sant’Egidio e l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti: l’Inmp. «Funziona come gli altri ospedali: si può effettuare ogni tipo di visita specialistica», dice il dottor Paolo Turchetti, oftalmolologo dell’Inmp: «L’unica differenza è che qui le liste d’attesa sono brevi: le persone da visitare sono molte e i ritmi serrati. Per i migranti poi, l’ospedale rilascia l’Stp, la tessera con la quale gli stranieri temporaneamente presenti (da qui la sigla, ndr) possono accedere alle cure»


Il reportage di COSIMO GRAZIANI

DI TUTTI I quartieri del centro di Roma, e della capitale in generale, Trastevere mantiene le caratteristiche della Roma papalina. Un’epoca oramai relegata alla memoria dei libri del Belli e del Trilussa. Ma per coloro che si trovano a passare in quei vicoletti pieni di scorci e sorprese, Trastevere mantiene un sapore nostalgico. Una nostalgia che sa di paese e solidarietà, che è una caratteristica del quartiere: è qui che si trova la prima sede della Comunità di Sant’Egidio ed è qui che fu fondato nel XVIII secolo l’Antico Ospedale San Gallicano, uno dei primi ospedali della Roma pontificia moderna dedicati esclusivamente alla cura dei poveri e degli indigenti. Il nosocomio fu creato infatti per curare i poveri affetti da malattie dermatologiche, dando anche accoglienza a chi non aveva un tetto per l’inverno.

Il dottor Paolo Turchetti, oftalmologo presso l’Inmp: «l’ospedale rilascia l’Stp, la tessera con la quale gli stranieri temporaneamente presenti (da qui la sigla, ndr) possono accedere alle cure»

Il vecchio istituto dermatologico non si trova più in quell’edificio che fa angolo con Viale Trastevere: è stato spostato in periferia, dalle parti di Mostacciano, a fianco del Grande raccordo anulare. Ma la missione solidale è rimasta e quell’edificio in stile barocco oggi è diviso tra due istituzioni: la Comunità di Sant’Egidio e l’Inmp (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà), che ne ha preso il posto come presidio ospedaliero.

Nato nel 2007, per 5 anni considerato sperimentale, l’Inmp è stato stabilizzato nel 2012 e si focalizza sulle prestazioni mediche per i poveri della città, siano essi migranti o italiani. Il dottor Paolo Turchetti, che qui lavora come medico, ne racconta così le attività: «Funziona come gli altri ospedali: si può effettuare ogni tipo di visita specialistica. L’unica differenza è che qui le liste d’attesa sono brevi: le persone da visitare sono molte e i ritmi serrati. Per i migranti poi, l’ospedale rilascia l’Stp, la tessera con la quale gli stranieri temporaneamente presenti (da qui la sigla, ndr) possono accedere alle cure». Gli specialisti che lavorano all’Inmp sono più di una dozzina.

Roma, 3 marzo 2016. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella visita l’Istituto Nazionale per la promozione della Salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (Inmp)

Turchetti è un oftalmologo. «Qui i servizi sono aperti a tutti, non solo agli indigenti — spiega —; ma il vero impegno sono i poveri e gli immigrati: l’istituto ha organizzato più di una volta missioni di supporto a sostegno della Croce Rossa in Sicilia, dove sbarcano i migranti dal Nord Africa. Abbiamo pazienti da tutto il mondo, con storie spesso drammatiche. Ho appena visitato un uomo del Gambia con una seria lesione alla pupilla dell’occhio destro. Durante la visita mi ha detto che ha trascorso molto tempo nelle prigioni dove vengono assiepati tutti i migranti che da vari Paesi africani (il Gambia si trova sulle coste occidentali dell’Africa, ndr) giungono in Libia per imbarcarsi verso l’Europa. Lì ha subito più volte violenze. È stato bastonato alla testa e la lesione per cui è venuto a farsi visitare ne è la conseguenza. Da quell’occhio non potrà più vedere».

Di queste storie sono piene le giornate degli specialisti dell’Inmp: le visite sono spesso distribuite su doppi turni dalle 8 del mattino alle 7 di sera. Nello stesso edificio si organizzano le distribuzioni alimentari della Comunità di Sant’Egidio, che ogni volta aiutano tra le cento e le duecento famiglie. «Le nostre attività sono separate — racconta Turchetti — ma spesso capita uno scambio ‘involontario’ di pazienti: chi va da loro per farsi aiutare alla fine utilizza i nostri servizi e viceversa». La solidarietà genera altra solidarietà.

La sala d’attesa per accedere agli ambulatori dell’Inmp

Durante la pandemia, il numero di pazienti dell’ospedale è aumentato. Precisa Turchetti: «Sono aumentati i nostri progetti sociali per i servizi medici gratuiti. Quello del reparto oftalmico si chiama Oculistica sociale e comprende una visita e la fornitura gratuita di un paio di occhiali a chi non può permetterselo». Analogo è il modello nelle altre discipline, come l’odontoiatria (fornite protesi mobili gratuitamente) e l’otorinolaringoiatria (donati strumenti acustici).

L’ospedale dispone di strumenti moderni per un’alta qualità delle visite mediche, effettuate anche in periferia grazie a un’unità mobile. «Spesso — spiega Turchetti — forniamo prestazioni mediche nei campi rom o in zone come Bastogi (il residence che si trova nella zona di Boccea e dove è ambientato il film con Paola Cortellesi “Come un gatto in tangenziale”, ndr)». Ci sono sinergie con l’amministrazione pubblica: «Negli ultimi mesi abbiamo fornito servizi oftalmici agli ospiti di alcune case di accoglienza gestite dalla Regione Lazio. Noi abbiamo fatto le visite, e chi aveva bisogno di un intervento è stato indirizzato ad altre strutture». Si incontrano popoli e storie. «Negli ultimi mesi ci siamo trovati ad assistere tanti migranti dall’Afghanistan così come tante donne ucraine dopo lo scoppio della guerra».

Si dice spesso che le metropoli siano dispersive e che perdano identità. Per fortuna, Roma ha saputo mantenere alcune zone in cui si ha la sensazione di vivere in un paese. Trastevere è un esempio di questa identità, che ci ricorda due cose: la prima è che il nostro prossimo è un fratello da accogliere e di cui prenderci cura; la seconda che la sanità pubblica può essere eccellente e va arricchita nel suo ruolo sociale. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Dopo la laurea in Scienze politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università RomaTre mi sono trasferito prima in Estonia, poi nel Regno Unito e successivamente in Kazakistan per conseguire il Master in Studi Eurasiatici. Mi occupo di politica internazionale e dell'Asia Centrale anche per il Caffè Geopolitico e L'Osservatore Romano. Tra i paesi in cui ho vissuto per studio o per esperienze lavorative ci sono anche gli Stati Uniti, Spagna e Ungheria. In tutti questi paesi, l'obiettivo è stato di immergersi nella cultura locale