Le violenze sulle donne, di ogni genere, e le violenze tra le mura di casa sono purtroppo un’emergenza diffusa. Da poche settimane è entrata in vigore una direttiva dell’Unione europea per prevenire e combattere gli atti di violenza contro le donne e anche la violenza domestica. La direttiva è già formalmente in vigore, gli Stati membri della Ue dovranno obbligatoriamente recepirla, ma hanno tre anni di tempo per farlo. Ecco cosa dice nel dettaglio la normativa, composta da 51 articoli suddivisi in sette capitoli


◆ L’analisi di GIORGIO DE ROSSI

Lo scorso 13 giugno 2024 è entrata in vigore la Direttiva (Ue) 2024/1385 sulla “Lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica”. Scopo della normativa europea è quello di fornire un quadro giuridico generale in grado di prevenire e combattere efficacemente gli atti di violenza contro le donne e la violenza domestica in tutta l’Unione. Gli Stati membri avranno tempo tre anni, fino al 14 giugno del 2027, per recepire la Direttiva nelle rispettive legislazioni. Essa si compone di 51 Articoli suddivisi in 7 Capitoli: ◼︎ Capitolo 1 – Disposizioni Generali ◼︎ Capitolo 2 – Reati di sfruttamento sessuale femminile e minorile e criminalità informatica ◼︎ Capitolo 3 – Protezione delle vittime e accesso alla giustizia ◼︎ Capitolo 4 – Assistenza alle vittime ◼︎ Capitolo 5 – Prevenzione e intervento precoce. ◼︎ Capitolo 6 – Coordinamento e cooperazione ◼︎ Capitolo 7 – Disposizioni finali. La parità tra donne ed uomini e la non discriminazione sono valori e diritti fondamentali dell’Ue sanciti, rispettivamente, nell’Articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea (Tue) e negli Articoli 21 e 23 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione. 

La Direttiva stabilisce una serie di norme riguardanti: la definizione dei reati e delle sanzioni in materia di sfruttamento sessuale femminile e minorile e di criminalità informatica; i diritti delle vittime di tutte le forme di violenza, prima, durante e per un congruo periodo dopo il procedimento penale la protezione e l’assistenza delle vittime, la prevenzione ed un intervento precoce. La maggiore severità si è resa necessaria in quanto si stima che la violenza contro le donne e la violenza domestica colpiscano una donna su tre dei 228 milioni di donne nell’Ue. Le nuove norme, previste nel Capitolo 2, criminalizzeranno una serie di reati commessi, sia in materia di sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, quanto nel settore delle tecnologie informatiche. Per i predetti delitti gli Stati membri devono garantire una punibilità attraverso sanzioni penali effettive, proporzionali e dissuasive. 

Il primo reato preso in considerazione dalla Direttiva è quello della “Mutilazione Genitale Femminile” (Mgf). Essa si riferisce a procedure che comportano la rimozione parziale o totale, o la lesione dei genitali esterni femminili per motivi non medici. Di solito vengono eseguite da un circoncisore tradizionale con una lama e senza anestetico. Oggi sul nostro pianeta ci sono oltre 200 milioni di donne e ragazze che sono state vittime di pratiche di mutilazione genitale. Sebbene sia internazionalmente riconosciuta come violazione dei diritti umani, si calcola che siano circa 68 milioni le ragazze in tutto il mondo che rischiano di subire questa barbara esperienza prima del 2030. Si stima, inoltre, che circa 600 mila donne che vivono in Europa siano state vittime di questo abuso e che altre 180mila risultino a rischio in 13 Paesi europei. Per questo reato gli Stati membri devono prevedere una pena detentiva massima non inferiore a cinque anni. 

Un secondo tipo di illegalità è quella del “Matrimonio forzato” allorché un adulto o un bambino viene costretto a contrarre matrimonio.  Questo reato è punibile con una pena detentiva massima non inferiore a tre anni. Passiamo ora ad esaminare i pericoli derivanti dall’uso delle tecnologie informatiche. Il terzo tipo di reato, che gli Stati dell’Unione hanno l’obbligo di sanzionare, riguarda la “Condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato”. Questa fattispecie, ormai dilagante, si ravvisa allorquando si rendono accessibili al pubblico, attraverso le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (Tic), immagini e/o video raffiguranti attività sessualmente esplicite o parti intime di una persona senza il suo consenso. Largamente diffuse sono, altresì, le tecniche di “Stalking informatico” e di “Molestie informatiche”.  Lo stalking, anch’esso punito come reato penale, riguarda la condotta intenzionale consistente nel mettere una persona sotto sorveglianza, ripetutamente o continuativamente, senza il suo consenso, per seguirne i movimenti e le attività. Le minacce informatiche consistono nel porre in essere, in modo continuativo o ripetuto, comportamenti minacciosi nei confronti di una persona attraverso l’uso delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (Tic).

Gli ultimi due crimini considerati nel Regolamento e punibili come reati riguardano: l’“Incitamento intenzionale alla violenza o all’odio” nei confronti di un gruppo di persone o di un membro di tale gruppo, mediante la diffusione pubblica via web di materiale contenente tale incitamento; infine, l’“Istigazione ed il favoreggiamento” quali pratiche volte a commettere uno dei reati sopra delineati. Il Capitolo 3 della Direttiva concerne ”La tutela delle vittime e l’accesso alla giustizia”. Sul primo punto, gli Stati membri devono garantire che le vittime possano denunciare alle autorità competenti gli atti di violenza subìti. Non solo; si devono adottare le misure necessarie per incoraggiare chiunque sappia o sospetti, in buona fede, che si siano verificati atti di violenza contro le donne o violenza domestica senza temere conseguenze negative. In tale ottica, anche gli operatori sanitari, soggetti agli obblighi della riservatezza, possono sporgere denuncia agli organismi competenti qualora abbiano fondati motivi di ritenere che esista un rischio imminente di gravi danni fisici a una persona a seguito di violenza. Tale segnalazione è giustificata perché detti atti potrebbero non essere denunciati dalle vittime per costrizioni e/o paure, soprattutto se commessi da familiari stretti o partners. Sulla seconda tutela gli Stati membri sono tenuti a garantire che le vittime abbiano accesso all’assistenza legale, a norma dell’Articolo 13 della Direttiva 2012/29/Ue. Anche gli avvocati non devono essere vincolati dalle norme sulla riservatezza. Esiste la possibilità di estendere il patrocinio a spese dello Stato alle vittime che denunciano reati penali, ove previsto dal diritto nazionale. 

Nei Capitoli 5 e 6 della normativa comunitaria il legislatore ha, altresì, previsto il necessario supporto alle donne e alle ragazze colpite da abusi sessuali attraverso una serie di misure di “Prevenzione e di intervento precoce”. In particolare, sarà obbligatorio rendere accessibile l’assistenza sanitaria alle vittime indipendentemente dal fatto che abbiano presentato una denuncia formale. La Direttiva (Ue) 2024/1385 rappresenta un primo importante passo teso a rafforzare i diritti dell’universo femminile verso un futuro in cui ogni donna possa vivere libera dalla paura e dall’oppressione. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Già Dirigente coordinatore del ministero dell’Economia e delle finanze – Ragioneria generale dello Stato, con esperienza amministrativa/contabile nel comparto del Bilancio statale e della Contabilità pubblica nazionale. E’ stato Coordinatore dell’Ispettorato per i Rapporti finanziari con l’Unione europea. Esperto di nuovi modelli aziendali, è autore di numerosi saggi sull’Istituto delle Reti di Impresa. Iscritto al Registro dei Revisori legali presso il Mef e nell’Elenco degli “Innovation Manager” a cura del ministero dello Sviluppo economico. Giornalista