DI YEMEN SI PARLA soprattutto per la drammatica situazione sanitaria ma si conosce ben poco. Il lungo articolo di cui pubblichiamo in calce il link può servire ad avere una conoscenza di questo martoriato paese, della sua storia dopo l’unificazione del 1990, della sua società, composizione etnica e importanza geopolitica. La guerra in corso affonda le sue radici nella primavera araba del 2011 quando la rivolta degli yemeniti costrinse alle dimissioni il presidente Ali Saleh — un autocrate che aveva governato per più di 10 anni suscitando conflitti tra le etnie e anche a livello nazionale — in cambio della amnistia dei suoi reati. Ma la dichiarazione di unità del paese fu ostacolata dal conflitto tra diverse forze che avevano combattuto contro Sahel. In particolare gli Huthi, una etnia mussulmana sciita del Nord, che avevano conseguito una notevole forza militare. L’unificazione del paese fu ideata e garantita dall’Arabia Saudita che concepivano gli Huthi come rappresentanti dell’Iran sciita. Esclusi gli Huthi, si allearono con Sahel per convenienza e presero il potere controllando la capitale. I sauditi chiesero il rispetto dell’unità stabilita e intervennero nello Yemen con costi enormi. 

Oggi si ritiene, semplificando, che la guerra civile in corso dal 2015 sia un conflitto tra Arabia Saudita e Iran. In realtà gli Huthi non hanno l’appoggio totale dell’Iran, che si limita al rifornimento di armi, anche perché i suoi interlocutori sono sciiti eterodossi appartenenti ad una setta oggi scomparsa in Iran, molto vicina alla teologia sunnita. Gi Huthi non hanno un programma politico, hanno prevalentemente interessi politico-economici, e si sono alleati con le principali famiglie tribali del paese. L’alleanza saudita, dal canto suo, comprende ufficialmente diversi stati arabi sunniti: Marocco, Egitto, Giordania, Sudan. L’impegno di questi stati non è elevato ma altri, come il Pakistan, hanno inviato truppe sul terreno, Eritrea e Somalia a loro volta hanno permesso di utilizzare le basi militari. Vi sono poi i rifornimenti di armi da Gran Bretagna e Usa. E, sul campo, ci sono fazioni che si combattono a vicenda non classificabili come alleati né all’Iran né all’Arabia Saudita. 

Su questo quadro di fondo le informazioni e le considerazioni fornite nell’intervista su “Les Clés du Moyen-Orient” con Jens Heibach (ricercatore al Giga, Institut of Middle East Studies di Amburgo) sono sufficienti per avere una idea della situazione attuale. Le conseguenze sociali della guerra civile sulla popolazione impongono invece una considerazione più profonda. Le vittime sono oltre 10mila, gli sfollati 3 milioni, con violazioni terribili dei diritti umani da parte di tutte le parti in conflitto. L’economia del paese è crollata, i bisogni sanitari di base non possono più essere forniti, mancano cibo e acqua, 390mila bambini sono a rischio di malnutrizione. Cifre raccapriccianti. Una crisi umanitaria la cui responsabilità grava in prevalenza sulla coalizione saudita, che blocca i porti e le comunicazioni. Infine un accenno di geopolitica. La guerra impedisce la sicurezza nello stretto di Bab el-Mandeb dove passa il 4% del petrolio che proviene o è diretto verso il canale di Suez, fondamentale per l’economia egiziana e la sua stabilità. Se si aggiunge che Al Qaeda e l’Isis si sono impiantate in Yemen, il quadro della situazione è catastrofico. L’intervista integrale di Mathilde Rouxel con Jens Heibach su “Les Clés du Moyen-Orient” è a questo link: https://www.lesclesdumoyenorient.com/Interview-with-Jens-Heibach-The-situation-in-Yemen.html. — (rassegna stampa a cura di Toni Ferigo) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nato a Torino, ha svolto diversi compiti nella Federazione Italiana Metalmeccanici: delegato in fabbrica, responsabile zona a Rivalta (To), ufficio formazione e ricerca nella federazione nazionale, responsabile ufficio internazionale Flm, membro della segreteria della Fism (Federazione Mondiale Sindacati Metalmeccanici) con sede a Ginevra. Nella sua attività si è occupato, in particolare, di studi e ricerche sulla organizzazione del lavoro nel settore automotive, dei sistemi di relazioni industriali in Europa, Usa e America Latina. Per la Fism è stato anche coordinatore delle Aree balcaniche e del Medio Oriente. Attualmente vive nella riserva indiana della Val Susa, e svolge qualche ricerca di base sulle condizioni di lavoro nel presente.