Amintore Fanfani nel 1983; sotto il titolo, Pietro Nenni e Randolfo Pacciardi nella Brigata Garibaldi in Spagna

Con la scissione di Randolfo Pacciardi nel Pri, il centrosinistra che La Malfa cercava faticosamente di costruire assieme a Pietro Nenni vincendo le riluttanze di Moro sembrava allontanarsi. Fu Fanfani determinante quando con straordinario decìsionismo riuscì a condurre a buon fine la più dirompente riforma di struttura che colpiva baronie private potentissime come Sade, Edison, Centrale


Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

IL BEL RITRATTO che Claudio Magris ha dedicato sul Corriere della Sera a Randolfo Pacciardi mi ha ricordato un episodio dei miei esordi giornalistici. Ero al Teatro Comunale di Bologna dove drammaticamente si scontravano al Congresso del Pri le correnti in campo. Ugo La Malfa aveva tenuto un discorso nervosissimo facendo appello a Michele Cifarelli, mentre Pacciardi aveva fatto uso del suo efficace trombonismo fino a vantare «le mie medaglie di garibaldino di Spagna». Dalla platea era partito un potente «e chi se ne frega!». Era scoppiato in platea un parapiglia furibondo che invano il presidente aveva tentato di placare. Era l’avvio della scissione di Pacciardi con Nuova Repubblica accusata dai lamalfiani di essere strumento della Cia e dell’ambasciatrice americana Claire Boothe Luce. Il centrosinistra che La Malfa cercava faticosamente di costruire con Pietro Nenni vincendo le riluttanze di Moro sembrava allontanarsi. Fu Fanfani determinante quando con straordinario decìsionismo riuscì a condurre a buon fine la più dirompente riforma di struttura e cioè la nazionalizzazione dell’industria elettrica. Che pure colpiva baronie private potentissime come Sade, Edison, Centrale. Molti anni dopo divenni amico di Fanfani e quasi un suo familiare tanto che volle dedicare a me appena fatto fuori da Schimberni dalla direzione del Messaggero il brindisi augurale di quella cena alla quale partecipavano solo i suoi più cari sodali di sempre, Marcella e Pino Glisenti. «La si ricordi direttore, soltanto tredici mesi dopo la decisione di nazionalizzare si insediava il primo consiglio dell’Enel». Altri tempi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.