Nato al Messaggero, alla scuola del grande Silvano Rizza. Stile sobrio, notizie esatte, frasi mai ridondanti. Ma poi ci ha messo molto del suo: arguzia, cultura, letture raffinate, la sagacia dell’inchiestista e dell’intervistatore a volte malizioso, quasi sempre serio. È stato un compagno di lavoro leale, spiritoso, amabile, pronto anche a servizi di non grande spicco


Il ricordo di VITTORIO EMILIANI

¶¶¶ “Io e mio padre” pubblicato anni fa da Luigi (per gli amici Gigi) Vaccari, scomparso l’altra notte a 85 anni, rimane una delle testimonianze più sensibili e profonde sul rapporto padri-figli di una generazione ormai lontana che però può ben essere confrontata con quella attuale. Gigi è nato anche lui, credo, al Messaggero alla scuola del grande Silvano Rizza. Stile sobrio, notizie esatte, frasi mai ridondanti. Ma poi ci ha messo molto del suo: arguzia, cultura, letture raffinate, la sagacia dell’inchiestista e dell’intervistatore a volte malizioso, quasi sempre serio. È stato un compagno di lavoro leale, spiritoso, amabile, pronto anche a servizi di non grande spicco, talmente innamorato del proprio lavoro da non fare praticamente ferie.

In quel libro, pubblicato da Manni, ha sbozzato caratteri di padri e figli (alcuni ancora viventi). I figli, ovviamente, legati ad una società sobria, severa, laboriosa il cui esempio servirebbe − oso pensare − ancora. Per evitare quel mare di ignoranza in cui masse di ragazzi, diplomati e laureati spesso, sembrano precipitati. Quelli che, pur diplomati e magari laureati, attribuiscono a Mussolini o a Stalin fatti accaduti negli anni ’70. Gli stessi che ad un Romano Prodi sconcertato hanno fatto dire paradossalmente in tv: «Se gli chiedessero se il presidente della Repubblica sia Mattarella o Maradona, magari rispondono Maradona…».

Bellissimi nel libro sui padri di Vaccari, i ritratti del padre di Fernanda Pivano (coccolata e ammirata pure da Ernest Hemingway), o di quello assai bizzarro del vercellese Franco Ferrarotti, o dei padri poveri come quelli di Goffredo Fofi meccanico di biciclette di Gubbio, o del musicista romano Nicola Piovani pianista, direttore, compositore, cresciuto anche lui alla dura scuola della gavetta.

Un bel lascito, fra i tanti, caro Gigi. Un “piccolo maestro” (alla Meneghello) da non dimenticare. ♦ © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Foto: in alto a sinistra, Gigi Vaccari [foto di Marcellino Radogna]; in basso, la copertina del libro pubblicato dall’editore Manni “Io e mio padre”

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.