Federico Fellini e Luchino Visconti non si amavano, eppure la loro grande avventura artistica li vide avere nemici comuni: gli intellettuali comunisti che non accettarono il loro allontanarsi dal neorealismo, la censura che forsennata li perseguitò fino a indebite pressioni sulla giuria del Festival del cinema a Venezia. Ma la grandezza del loro cinema fu più forte dell’ostracismo L’articolo di VITTORIO EMILIANI È STATO TRASMESSO in tv nei giorni scorsi un racconto molto diffuso e particolareggiato su due film assai diversi che però hanno fatto la storia del nostro cinema nel mondo, cioè “La dolce vita” di Fellini e “Il Gattopardo” di Visconti. Su entrambi i film si abbatté la stroncatura della critica comunista perché entrambi erano palesemente fuori dal neorealismo. Federico Fellini alla macchina da presa; sotto il titolo, a sinistra Visconti padre del neorealismo a destra Fellini Federico Fellini non era mai stato un seguace fedele del neorealismo e si era già preso critiche pesanti coi film precedenti, dai “Vitelloni” alle “Notti di Cabiria”, al di là della qualità stessa dei film, ma perché gli stessi erano ormai al di fuori della tematica e della narrazione neorealista. Anche Visconti già con film precedenti era uscito dal recinto guardato a vista da Mario Alicata e compagni e quindi seguito...
Fellini e Visconti, La Dolce vita e Il Gattopardo. Storia parallela di capolavori e censura
Vittorio Emiliani
Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.