Un formidabile patrimonio musicale al quale la Rai ha rinunciato. Una retromarcia culturale, avvenuta quando sono state soppresse, formalmente unificandole, le quattro orchestre sinfoniche, salvando solo quella di Torino. E quando la cultura del Terzo Programma radiofonico è finita in cantina. Una rinuncia alla grande musica in controtendenza con l’attenzione crescente che invece c’è in Europa. E se l’educazione musicale rientra fra i compiti di ministri come Sangiuliano stiamo freschi


 Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

Qui in alto e sotto il titolo, concerto di inaugurazione della stagione 2022-2023 dell’Orchestra sinfonica della Rai, 19 ottobre 2022, con Fabio Luisi, il coro del Teatro Regio di Torino e le voci soliste di Valentina Farcas e di Wiebke Lehmkuhl

LA RAI È stata fondamentale per decenni per la diffusione della musica sia sinfonica e cameristica sia operistica. Ma pure per il jazz e lo swing. Ottime erano le orchestre sinfoniche di Torino, Milano e di Roma con vere e proprie stagioni aperte anche al pubblico. A Napoli agiva la Alessandro Scarlatti con programmi interessanti.

Tutti i migliori direttori si sono succeduti sul podio nelle varie sedi. Il Terzo Programma radiofonico dispensava autentiche rarità con musicologi come Remo Giazotto facendoci conoscere, ad esempio, la preziosa polifonia barocca. Religiosa e laica. Non meno brillanti risultavano le orchestre di musica leggera con ottimi jazzisti. Sciaguratamente questo patrimonio musicale è stato gettato in discarica quando si sono soppresse le orchestre sinfoniche salvando unicamente quella di Torino e quando la cultura del Terzo Programma radiofonico è finita in cantina. Una vera e propria regressione sottoculturale. Per ascoltare programmi di alto livello bisogna sintonizzarsi sulla Radio Svizzera o su quella Vaticana. Tutto il contrario di quanto è avvenuto in giro per l’Europa. Dove un ruolo trainante l’hanno assunto gli organismi del decentramento: in Germania ad esempio i meravigliosi Berliner dipendono dal Land della Capitale. 

È vero poi che il panorama musicale è radicalmente mutato. Ha ragione Guccini quando afferma che la sua musica (ma pure quella di Ligabue largamente) raccontavano delle storie: “E corre, corre, corre la locomotiva…”. Mentre oggi il meglio che si ascolta è l’iterazione ossessiva “Sono fuori di testa”. Datemi del vecchio retrogrado, ma credo che come me la pensino tanti, più giovani,  che amano la musica. Se l’educazione musicale rientra fra i compiti di ministri come Sangiuliano saremo sempre più retroguardia in Europa e non solo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.