“Sono arrivato prima io”, e quindi i Cinque Stelle, sembra dire Giuseppe Conte al Partito democratico, nella sfida su chi rappresenta i valori della sinistra (ma l’ex premier si definisce sempre e solo “progressista”). Da avvocato del popolo a capopopolo. Ma questa concorrenza a sinistra potrebbe avere degli sviluppi interessanti, rendendo dinamica una situazione che da tempo era cristallizzata. E potrebbe riportare al voto quelli che dal voto si erano allontanati. Mentre si vede farsi largo una nuova generazione, e due nuove tendenze: l’ecosocialismo e la centralità dei diritti Il pensierino di GIANLUCA VERONESI GIUSEPPE CONTE È uomo di lotta e di governo. Per distinguere in che fase è basta verificare se indossa o meno la pochette nel taschino. Di governo lo ha inventato Luigi Di Maio (deve essersi pentito), di lotta le circostanze. Quando ha dovuto trovarsi di corsa uno spazio elettorale per sopravvivere, dopo aver speso un anno a farsi eleggere presidente onnipotente del partito. Per fortuna sua, il Pd aveva lasciato a sinistra una sconfinata prateria del tutto sgovernata. Ora che egli è “progressista” (non si definisce mai “di sinistra”) può regnare sovrano. Di Maio si è suicidato e Grillo, come tutti i santoni, sta scrivendo il vangelo della sua nuova religione. Conte è entrato nella parte con disinvoltura e la recita con convinzione. L’avvocato...

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Si laurea a Torino in Scienze Politiche e nel ’74 è assunto alla Programmazione Economica della neonata Regione Piemonte. Eletto consigliere comunale di Alessandria diventa assessore alla Cultura e, per una breve parentesi, anche sindaco. Nel 1988 entra in Rai dove negli anni ricopre vari incarichi: responsabile delle Pubbliche relazioni, direttore delle Relazioni esterne, presidente di Serra Creativa, amministratore delegato di RaiSat (società che forniva a Sky sei canali) infine responsabile della Promozione e sviluppo. È stato a lungo membro dell’Istituto di autodisciplina della pubblicità.