La sindrome di Nimby (“Non nel mio giardino”) muove la protesta dei cittadini quando il problema è in casa propria (se invece è da un’altra parte, è problema di altri). Circa un mese fa in Liguria ha destato impressione la “catena umana” formata da sedicimila cittadini, contro il rigassificatore nel mare quasi di fronte alla costa di Vado Ligure. Un territorio che ha già subìto per molti anni l’inquinamento atmosferico della centrale a carbone “Tirreno Power”. Una vicenda su cui ieri la magistratura ha assolto i vertici aziendali processati per «disastro ambientale» con un giudizio che farà molto discutere. Sono gli ambientalisti a protestare? Anche, ma non solo. Soprattutto sono cittadini che temono per i propri interessi, fossero anche solo quelli di un bel bagno in mare o di non veder deprezzato il proprio angolo di paradiso. La bussola è l’egoismo, non la sensibilità verso un bene collettivo. Ma anche se non si è mossi da intenzioni nobili, l’importante è poi la forza complessiva che si riesce a esprimere


◆ L’intervento di FABIO BALOCCO

Quelle sedicimila persone che qualche domenica fa hanno formato una catena umana da Savona a Spotorno per manifestare contro il progetto del rigassificatore al largo (ma neanche poi tanto) della costa di Vado Ligure, quelle sedicimila persone, dicevo, non sono quasi sicuramente degli ambientalisti. Magari, anzi quasi certamente, sono persone che temono per la pericolosità dell’opera, oppure per l’alterazione di quel mare in cui vanno a fare il bagno, oppure semplicemente temono che l’opera porti un deprezzamento della loro seconda casa o temono di essere espropriati per le opere a terra. Buona parte di loro magari ha anche votato quel Toti, governatore della Regione, che ha cambiato enne casacche di partito. Magari del fatto che Toti voglia rimuovere i vincoli alla costruzioni in aree esondabili a questi sedicimila non può importare di meno. 

Insomma, in parole povere, si potrebbe dire che buona parte se non tutti di questi sedicimila sono affetti da sindrome di Nimby e se il rigassificatore fosse posizionato al largo di Sestri Levante non solo non si terrebbero per mano ma non muoverebbero un dito. Nimby: not in my backyard, ossia “non nel mio giardino”. Ma se l’opera è altrove chi se importa. In Italia esiste persino un Osservatorio Nimby, per catalogare ed analizzare le proteste contro opere di pubblica utilità sul territorio nazionale, osservatorio cui collabora ad esempio Webuild (!) e, non si comprende perché, anche Legambiente. https://www.nimbyforum.it/

Si ha l’impressione, entrando nel sito, che chi si oppone ad un’opera sia un appestato. Ma, l’ho detto e ridetto altre volte, il problema non è chi si oppone ad un’opera di pubblica utilità per i motivi più disparati e magari egoistici, bensì in quella locuzione “opera di pubblica utilità”. Possiamo oggi serenamente affermare che una nuova opera pubblica sia sicuramente di pubblica utilità? L’esperienza mi suggerisce che no. Mi sono sempre occupato di linee ad alta velocità: un progetto definito “di pubblica utilità”, anzi il più grande progetto di pubblica utilità che interessi il nostro Paese. Progetto che di pubblica utilità non ha nulla, ma solo utilità privata e danni pubblici. A parte il Tav Torino-Lione, ad esempio la futuribile Salerno-Reggio Calabria verrebbe realizzata nell’interno del territorio anziché velocizzare la linea esistente solo per favorire le imprese che la realizzano. Che al fondo della tratta tirerebbero su il famoso “Ponte”. 

Guardiamo altrove: all’autostrada Orte-Civitavecchia, oppure alle opere connesse con Cortina 2026, o ancora alla ciclovia del Garda. Oppure appunto al rigassificatore: un’opera imponente, costosissima, potenzialmente pericolosa, ma soprattutto al servizio di una logica sorpassata, cioè quella dello sfruttamento del gas. Il movimento che si è formato contro il rigassificatore sta portando una lunga serie di argomenti utili a comprendere tutto questo, argomenti che ovviamente danno fastidio a Toti e anche all’ex sindaca di Vado Ligure, Monica Giuliano, che è transitata senza problemi dal Pd alla corte del governatore. 

E allora: questi sedicimila sono affetti da sindrome di Nimby? E chi se ne frega, dico io. Ben venga la sindrome di Nimby se ha il coraggio di denunciare, argomentando, la nudità del re. Anzi, del governatore. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (attualmente in quiescenza), si è sempre battuto per difesa dell’ambiente e problematiche sociali. Ha scritto “Regole minime per sopravvivere” (ed. Pro Natura, 1991). Con altri autori “Piste o pèste” (ed. Pro Natura, 1992), “Disastro autostrada” (ed. Pro Natura, 1997), “Torino, oltre le apparenze” (Arianna Editrice, 2015), “Verde clandestino” (Edizioni Neos, 2017), “Loro e noi” (Edizioni Neos, 2018). Come unico autore “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino” (Edizioni Neos, 2017), “Lontano fa Farinetti” (Edizioni Il Babi, 2019), “Per gioco. Voci e numeri del gioco d’azzardo” (Edizioni Neos, 2019), “Belle persone. Storie di passioni e di ideali” (Edizioni La Cevitou, 2020), "Un'Italia che scompare. Perché Ormea è un caso singolare" (Edizioni Il Babi, 2022). Ha coordinato “Il mare privato” (Edizioni Altreconomia, 2019). Collabora dal 2011 in qualità di blogger in campo ambientale e sociale con Il Fatto Quotidiano, Altreconomia, Natura & Società e Volere la Luna.