A un quarto di secolo dalla sua scomparsa ad Hammamet il 19 gennaio del 2020, si continua ancora a discutere di Bettino Craxi, segretario del Partito socialista ed ex premier. Nonostante i ridotti consensi elettorali, riuscì a diventare Primo ministro e concluse la sua vita politica in Tunisia dopo lo scandalo di Tangentopoli sui finanziamenti occulti ai partiti. In politica estera Craxi si comportò con indipendenza e decisionismo apprezzabili, in Italia non fu altrettanto capace di combattere il clientelismo e i primi sintomi della crisi economica di un Paese pieno di debiti con il carovita e una inflazione galoppante


◆ Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

Bettino Craxi nella sua casa ad Hammamet (foto di Claudio Moschin)

In politica estera Bettino Craxi è risultato decisamente più apprezzabile (dirottamento dell’Achille Lauro, crisi nella base aerea di Sigonella, installazione degli euromissili Cruise in Sicilia) che in politica interna. Con un partito divorato dal clientelismo pressoché generale, non seppe incidere su di una società ed un’economia da risanare. Né gli serviva la grande esperienza in Europa fatta fin da giovane, pur se incapace di cogliere le novità della Francia di Mitterrand e di Rocard. E neppure la nuova Spagna di Felipe Gonzalez poteva attrarlo molto. Lui semmai era più affine ad Alfonso Guerra. Né aveva rapporti facili coi Laburisti inglesi. Durante il semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo (1985, primo governo Craxi), diede corso, comunque, con coraggio, al processo di integrazione europea. 

Ma il suo punto debole rimase costantemente la mancata riforma del Psi nonostante i generosi tentativi degli intellettuali vicini ad Antonio Giolitti promotori del grande rinnovamento e dibattito di “Mondoperaio”. Facendosi anche dei nemici interni. Eppure fra loro si contavano personaggi come Amato, Giugni, Federico Mancini, Sylos Labini, Pedone, ecc. che avevano dato importanti e concreti contributi alla politica di programmazione nelle città e nelle regioni per esempio in campo urbanistico con Astengo, Achilli, Vittorini, Gabrielli, e tanti altri. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.