
Non sono quasi mai fatalità, le morti bianche sono il tragico pegno che paghi quando lavori in un cantiere edile, un prezzo vergognoso che fa precipitare l’Italia tra i Paesi più incivili nel mondo industrializzato. Nel 2021 sono state 1.221 le persone che hanno perso la vita sul lavoro secondo i dati Inail, con una media di oltre tre vittime al giorno e non ci sono più parole per denunciarlo. Cos’è che non funziona nei cantieri di questo Paese? «Personale insufficiente, Far West contrattuale e anziani usurati». E poi il 25% di lavoratori in nero. Da qualche mese è arrivato il Durc di congruità, «un primo passo nella direzione giusta»
L’intervista di LILLI MANDARA con ALESSANDRO GENOVESI, segretario generale Fillea Cgil
ACCADE SEMPRE, OGNI maledetta volta che il settore si risveglia dopo anni di crisi: «Ma non può essere questo il prezzo da pagare ogni volta, non è accettabile», dice Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil. No, non può essere questo il prezzo da pagare agli ecobonus e ai sismabonus, ai centodiecipercento e ai sessantapercento, tre nuovi morti sul lavoro in un solo giorno il primo febbraio, tre famiglie che piangono il padre, il marito, il figlio e che piangeranno probabilmente senza avere giustizia e senza uno straccio di risarcimento, ammesso che conti qualcosa.
A Venezia un operaio è precipitato da un’impalcatura, a Castiglione delle Stiviere un trattore si è rovesciato schiacciando l’agricoltore che era alla guida, a Sora una lastra è volata a causa del vento e ha ucciso un altro uomo. Nel 2021 sono state 1.221 le persone che hanno perso la vita sul lavoro secondo i dati Inail, con una media di oltre tre vittime al giorno e davvero non ci sono più parole. No, non sono quasi mai fatalità le morti bianche, sono il tragico pegno che paghi quando lavori in un cantiere edile, un prezzo vergognoso che fa precipitare l’Italia tra i Paesi più incivili nel mondo industrializzato. Cos’è che non funziona nei cantieri di questo Paese, Alessandro Genovese?

«Non funzionano tre cose, principalmente: intanto di fronte a un surplus di domanda in un settore da decenni in crisi le imprese, che negli anni si sono sempre più destrutturate, hanno risposto cercando di far fronte con personale insufficiente creando le condizioni per un vero e proprio sfruttamento dei lavoratori. Bisogna considerare che il 99 per cento degli infortuni si verifica nelle imprese private o nella catena del subappalto, e quindi tra i cottimisti, dove gli operai lavorano anche 14 ore al giorno, senza riposi, né sabato né domeniche, in violazione di leggi e di contratti. In secondo luogo non funzionano i “contratti multiservizi”, che generano un vero e proprio Far West: non può essere che nei cantieri edili si applichino i contratti più vari solo perché meno onerosi, e infatti noi chiediamo da tempo che chi fa il lavoro edile debba applicare il contratto edile, che comporta patentino, formazione, esperienza, protezione. In terzo luogo la maggior parte delle vittime di infortuni sono lavoratori anziani, usurati, stanchi, e la Cgil a tal proposito sta insistendo perché agli edili venga introdotta l’uscita anticipata che ora, dal 18 gennaio, viene riconosciuta a chi ha 63 anni di età e 32 di contributi, la famosa quota 95, l’Ape sociale: almeno un passo è stato fatto».
E poi ci sono i lavoratori in nero, fantasmi dei cantieri che lavorano senza contratto senza protezioni e senza pause, a qualsiasi ora del giorno e della notte. «Sì, il 25 per cento dei lavoratori lavora in nero. Noi abbiamo chiesto e ottenuto, grazie al ministro Orlando, l’introduzione del Durc di congruità (il documento di regolarità contribuitiva) che è il nuovo sistema di verifica dell’incidenza dei costi della manodopera impiegata nei lavori edili rispetto all’importo degli appalti. Un sistema che consente di far emergere il lavoro nero anche nei cantieri più piccoli dove i rischi per la sicurezza sono più alti».

Il fatto è che la norma è entrata in vigore il primo novembre e per fare un bilancio bisognerà attendere almeno sei-sette mesi. E sempre da pochissimo è entrata in vigore, con la Banca dati unica, la “patente a punti” per le imprese edili che esclude dagli appalti pubblici quelle che, in seguito a infortuni sul lavoro, esauriscono i punti. Col decreto 146 viene inasprito quindi il pacchetto delle sanzioni previste nei confronti di quelle imprese che non rispettano le regole o che utilizzano lavoratori in nero.
E ancora non basta, aggiunge Genovese: «Chiediamo l’aggravate dell’omicidio sul lavoro, come è stato fatto per l’omicidio stradale. La morte sul lavoro ancora oggi viene considerata colposa, col risultato che il titolare dell’impresa sarà condannato, bene che va, a una pena inferiore ai 5 anni e, in pratica, non si farà un solo giorno di galera né subirà il sequestro preventivo dei beni. E avrà tutto il tempo di intestare l’azienda alla moglie o al figlio, così quando le famiglie delle vittime faranno richiesta di risarcimento non otterranno neppure un euro». Accade questo, quando non c’è più nulla da fare, dice il sindacalista. «Ma l’importante è agire prima, è impedire di pagare questo prezzo drammatico alla ripresa del settore edile. L’importante è la prevenzione». © RIPRODUZIONE RISERVATA