La Mediaset dei “ragazzi” Berlusconi punzecchia, via Tajani, la maggioranza di governo per spostarla su posizioni più liberali. In ballo c’è, però, l’equilibrio mobile chiamato “indice di affollamento”, sempre pronto a spostarsi per accontentare tutti, con un bilanciamento tra canone (Rai) e pubblicità (Mediaset). In realtà, l’azienda guidata dai figli del fondatore di Forza Italia guarda alla dimensione europea. Per allargare il suo business, prendendo atto che con il “Media Freedom Act” anche il governo italiano dovrà garantire indipendenza, sufficienza e certezza economica, chiarezza di missione del Servizio pubblico radiotelevisivo


◆ Il pensierino di GIANLUCA VERONESI

C’è il vago sospetto che il trio governativo farà i suoi conti sulle spalle dei soldi pubblici. Un altro giro di valzer et voila!

Il primo formale “incidente” del governo avviene a causa del canone Rai. Proprio quando – per la prima volta – tutto lo schieramento televisivo terrestre (Rai più Mediaset) è unanimemente “amico” del governo, succede che le modalità del suo finanziamento facciano litigare i partiti. Per la verità i partiti della maggioranza si combattono tutti i giorni su molti fronti ma, al dunque, o si mettono d’accordo o rinviano la decisione. Questa volta in Commissione parlamentare i due membri di Forza Italia hanno invece votato con l’opposizione, facendo per il momento decadere la proposta.

La Lega chiede una diminuzione di 20 euro annuali, da 90 a 70, pensando al gradimento degli italiani. Forza Italia la considera una mossa solo demagogica giacché la Rai verrebbe poi rimborsata da forme di finanziamento pubblico alternative, prese dalla fiscalità generale, quindi in ogni caso dalle tasche dei cittadini. Come è successo lo scorso anno per un ammontare superiore ai 400 milioni. Ma, in realtà, all’interno del centrodestra i distinguo sulla gestione della Rai sono numerosi, tanto è vero che il nuovo Consiglio d’amministrazione è temporaneamente presieduto dal consigliere anziano in attesa che il candidato di Forza Italia alla presidenza trovi i voti di una maggioranza “qualificata” (come prescrive la legge).

Pier Silvio Berlusconi inforca gli occhiali e guarda agli affari prossimi venturi

Dietro questo litigio un po’ ridicolo, sembrano profilarsi vecchi problemi e nuovi orizzonti. Aspetti che paradossalmente finiscono con riguardare soprattutto Mediaset. Nella prima repubblica la “pax televisiva” era stata raggiunta con un bilanciamento tra canone (Rai) e pubblicità (Mediaset). Un equilibrio mobile chiamato “indice di affollamento”, sempre pronto a spostarsi per accontentare tutti. Ma questa volta la Lega, presentando la sua proposta di sconto, ha precisato che per risarcire la Rai basta semplicemente autorizzarla ad aumentare, in proporzione, la sua raccolta pubblicitaria che è molto minore rispetto a Pubblitalia. Con il risultato che la Rai non perderebbe niente ma a scapito di Mediaset che la vedrebbe entrare a pescare maggiori inserzionisti all’interno del proprio mercato pubblicitario di riferimento.

I malevoli sostengono che questo atteggiamento di Salvini è volutamente malizioso nei confronti dei “ragazzi” Berlusconi che si riconoscono ufficialmente nel partito ereditato dal padre e che – pur dichiarandosi soddisfattissimi del governo e della sua presidente – suggeriscono a Tajani di spostarlo su un terreno più liberale e centrista. Molte micro novità dimostrerebbero un clima nuovo: la prima serata alla Berlinguer, la figlia del “comunista per bene” e un dichiarato auspicio che l’Italia abbia diritti civili più coraggiosi.

E con tutte queste piattaforme da cui guardare la televisione digitale del futuro come la mettiamo: canone sì o canone no?

Ma attenzione! Molte altre innovazioni seguiranno. Mediaset, avendo capito dove va il mondo, sta trasformandosi – con grandi sforzi economici – in un gruppo internazionale con dimensione europea (sono già fortemente presenti in Spagna e Germania); un gruppo che dovrà ampliare le proprie vedute e non potrà più accontentarsi del piccolo cabotaggio nel cortile di casa. E le novità non sono finite, anzi forse stanno solo cominciando. A novembre l’Europa ha emanato un regolamento, Media Freedom Act, che obbliga i 27 Paesi a chiarire, con legge specifica, come garantiranno al Servizio pubblico indipendenza, sufficienza e certezza economica, chiarezza di missione. Di tutto, di più! © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Si laurea a Torino in Scienze Politiche e nel ’74 è assunto alla Programmazione Economica della neonata Regione Piemonte. Eletto consigliere comunale di Alessandria diventa assessore alla Cultura e, per una breve parentesi, anche sindaco. Nel 1988 entra in Rai dove negli anni ricopre vari incarichi: responsabile delle Pubbliche relazioni, direttore delle Relazioni esterne, presidente di Serra Creativa, amministratore delegato di RaiSat (società che forniva a Sky sei canali) infine responsabile della Promozione e sviluppo. È stato a lungo membro dell’Istituto di autodisciplina della pubblicità.