Quel che accade sulla West Cost americana può essere letto come un anticipo di quanto avverrà sempre più spesso in ogni angolo di un pianeta malconcio. E i soldi — a chi ne ha abbastanza sul conto — consentiranno solo di andarsene da qualche altra parte per primi. Paradisi privati intoccabili dai fenomeni catastrofici che la crisi climatica può innescare sulla Terra che ci ospita non ce ne sono. A meno che, chi può permetterselo, non potrà disporre di un paradiso …marziano


◆ Il commento di IGOR STAGLIANÒ

E se provassimo a vedere il fuoco che divora la California come l’anticipo di quel che ci aspetta? Lo so, messo così, è un “attacco” sbagliato secondo tutti i canoni della “buona” comunicazione. Non si comincia prospettando catastrofi. Così come non si avvia un’intervista con una negazione rivolta all’interlocutore. Il lettore si deprime e cambia articolo, l’intervistato si indispone e va tutto a rotoli: ci sarà di meglio da leggere o qualcun altro di più interessante con cui intrattenersi. Eppure è il caso di rifletterci, pur per poco, su quel che succede da quasi una settimana sulla West Cost americana. I venti e il caso — il caso? — hanno voluto che le fiamme divampassero appena sotto le celebri colline di Los Angeles. Qualche scemo, con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale — intelligenza? —, ha messo in circolo foto false della celeberrima scritta “Hollywood”, in fiamme anch’essa. C’era bisogno di esagerare?

Vediamolo, allora, il fuoco che divora la California e cerchiamo di capire cosa ci manda a dire. Dove le fiamme hanno già mandato in fumo qualche centinaio di miliardi di dollari in immobili e “capitale naturale” — quanto varrà un albero o un animale? —, sono concentrate celebrità d’ogni sorta. Costrette a scoprire, di colpo, che i serbatoi d’acqua della città e della contea in cui vivono sono vuoti, i pompieri “privati” non salvano il proprio recinto, persino la pelouse inzuppata d’acqua dei loro giardini sempreverdi va a fuoco, i laghi che alimentano le loro piscine o sono scomparsi o stanno per scomparire. In uno dei suoi magistrali articoli sul Corriere della Sera, Gian Antonio Stella ci ha fatto sapere ieri che dove corrono le fiamme ci sono «1.343.000 piscine, delle quali una su quattro nella contea di Los Angeles: una ogni 29 abitanti».

Nei riquadri, dall’alto: John Goodman, Paris Hilton e Antony Hopkins

Col fuoco di questi giorni, in fumo è andata anche l’idea del paradiso privato, almeno su questa Terra. Isolati dal resto del mondo e dai suo problemi — la crisi climatica, per dire —, a un certo punto è il mondo stesso a crollarti sulla testa. Lo so, la piega del pezzo è rischiosa: un Berlusconi redivivo o un Trump di giornata direbbe che siamo accecati dall’“invidia sociale”. I soliti comunisti. È che qui stiamo parlando, però, d’altro. I soldi non possono comprare tutto. Tantomeno l’equilibrio bio-fisico di un Pianeta fragile con risorse limitate, spezzato da un modello consumistico senza limiti né freni. Lo ha capito fin troppo bene — a suo modo, precisiamolo — quel gran genio di Elon Musk che la crème de la crème dell’umanità conta di mandarla presto su Marte. Dal 2029, un milione di pionieri spediti sul pianeta rosso su mille astronavi, questo il programma del tycoon. Il drittone, al solito, è andato già oltre, prima di tutti gli altri: che senso ha prendersi cura di una Terra così malconcia già oggi?

Lo capiscano, prima di tutti gli altri, i potenziali migliori suoi clienti. Dopo averlo prosciugato, il fiume Owens ha ridotto la sua portata a qualche pozzanghera qui e là quando piove. Anziché acqua, dalla Owen Valley a Los Angeles oggi arrivano solo «le polveri sottili, arsenico e cadmio, che quando soffia il vento finiscono sulla Città degli angeli, causando, secondo le autorità sanitarie, i più gravi problemi polmonari dello Stato», annota ancora Gian Antonio Stella. E può darsi che lo sappiano anche i miliardari che quell’aria la respirano con gli stessi polmoni di chiunque altro, e forse si chiedono già se investire su un nuovo pianeta può essere un buon affare… «Tra i poveri di San Diego, le bollette medie da sette anni superano del 12% il proprio reddito familiare», ha scritto il quotidiano britannico The Guardian a proposito di buoni affari.

La prima foto a colori della terra vista dall’orizzonte lunare, scattata alla vigilia di Natale del 1968 dall’astronauta della missione “Apollo 8” William Anders e rielaborata in alta definizione dalla Nasa

Se siete arrivati sin qui, posso aggiungere allora qualcos’altro. Il 24 dicembre 1968 l’equipaggio dell’Apollo 8 è in orbita verso la Luna. 75 ore, 48 minuti e 41 secondi dopo il lancio da Cape Canaveral, Frank Borman (comandante della missione), James Lovell (pilota del modulo di comando) e William Anders (pilota del modulo lunare) stanno emergendo con la navicella dal lato oscuro del satellite. Davanti ai loro oblò uno spettacolo mozzafiato: la Terra è un globo azzurro che sorge dal nero del cosmo. D’istinto, Anders scatta la prima foto a colori del nostro pianeta (quella che vedete in pagina) visto dallo spazio. Rivolto a Borman, Anders esclama: «Guarda quell’immagine laggiù. È la terra che sorge! Oh, che bella!». «Ehi, non fotografarla! Non è nel programma…», replica Borman con un sorriso compiaciuto nel tono della voce. La Nasa classificò quello scatto come AS8-14-2383HR, divenne noto come «l’alba della Terra» (Earthrise) ed è considerata una delle immagini più influenti mai scattate (il dialogo nella capsula è tratto dall’ultimo capitolo, “Ce la faremo?”, del mio documentario “La spirale del clima”, trasmesso su Rai 1 il 12 luglio 2020 [questo è il link, a 58 minuti e 14 secondi]. Aveva aggiunto anni dopo Anders: «All’improvviso ho guardato fuori dalla finestra, ed ecco questa splendida sfera che si avvicinava».

L’ex pilota del modulo lunare dell’Apollo 8 ha poi raccontato che la foto di quella sfera, scattata alla vigilia di Natale sette mesi prima dello sbarco dell’uomo sulla Luna, è stata il suo contributo più significativo al programma spaziale, per l’impatto ecologico e filosofico che essa ha avuto. Vedere nel cosmo quella sfera piccola, blu, bella e fragile che sorge dall’orizzonte lunare ha suscitato un’emozione profondissima nei bambini, nelle donne e negli uomini del mondo intero, ha rivoluzionato il nostro sguardo sul globo e sull’ambiente; e ha cambiato, letteralmente, il nostro punto di vista sulla responsabilità dell’essere umano nei confronti del Pianeta che ci ospita. Quell’emozione è oramai scomparsa dalla nostra memoria, intossicata negli anni dagli effetti speciali hollywoodiani e dagli “assalti al cielo” per trarne profitti sempre più elevati, vero Elon? Anziché prendercene cura, com’eravamo stati stimolati a fare dalle parole di Anders e Borman, abbiamo continuato a depredarla come se nulla fosse. E il conto da pagare è già sul nostro tavolo. Ieri in Australia, in Canada o in Estremo Oriente, gli autunni scorsi in Europa e in Emilia Romagna, oggi in California. Ma niente paura. La tecno-destra salverà l’universo intero, mica solo il mondo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Direttore - Da inviato speciale della Rai, ha lavorato per la redazione Speciali del Tg1 (Tv7 e Speciale Tg1) dal 2014 al 2020, per la trasmissione “Ambiente Italia” e il telegiornale scientifico "Leonardo" dal 1993 al 2016. Ha realizzato più di mille inchieste e reportage per tutte le testate giornalistiche del servizio pubblico radiotelevisivo, e ha firmato nove documentari trasmessi su Rai 1, l'ultimo "La spirale del clima" sulla crisi climatica e la pandemia.