Dopo le riprese del film di Andrea Porporati, nel celebre paesino della Bassa Padana sono ritornate al loro posto, ai due estremi di piazza Matteotti, le statue di Peppone e don Camillo temporaneamente rimosse per le riprese. Fino ad allora erano diventate compagne di “selfie” dei turisti in viaggio da queste parti, un po’ come quella di Fernando Pessoa seduto davanti al caffè Brasileira a Lisbona o quella di Garibaldi su una panchina dell’isola della Maddalena. Il film su Guareschi racconta gli alti e bassi della vita di uno scrittore tra i più noti della narrativa italiana e tra i più venduti nel mondo: oltre 20 milioni di copie in 142 lingue. Una figura importante della cultura e della letteratura italiana, non incline al compromesso, si scontrò con i potenti e con le istituzioni. Criticò il nazifascismo, rifiutò di combattere per la Repubblica Sociale e fu deportato in un campo di prigionia tedesco. Fedele a sé stesso, avversò anche il comunismo sovietico e il sistema capitalistico americano

◆ L’articolo di CESARE A. PROTETTÌ
► Nel diluvio di testimonianze e commenti andati in onda per giorni nelle televisioni italiane dopo la scomparsa di papa Francesco, c’è stato anche chi (Tv-Talk, Rai3), con tutto il rispetto del caso, ha paragonato Bergoglio, il papa dei poveri e dei semplici, al don Camillo interpretato da Fernand Joseph Désiré Contandin, in arte Fernandel. Ha facilitato questo accostamento al prete di periferia della Bassa reggiana, che ama il suo gregge e parla con il Gesù inchiodato sul legno della croce, qualche immagine di un papa un po’ rude quando cerca di divincolarsi da qualche stretta di mano prolungata ed eccessiva o cerca di sottrarsi al rito, che detestava, del bacio dell’anello.

E mi è tornata in mente qualche immagine di un mio recente viaggio lungo il Po, nella Bassa, e in particolare a Brescello che è stato, nel settembre scorso, il principale set per un film di Andrea Porporati, prodotto da Anele e Rai Fiction, Giovannino Guareschi – Non muoio neanche se mi ammazzano, incentrato sulla figura di questo scrittore campione di vendite con i romanzi dedicati al “Mondo Piccolo”, un insieme di 347 racconti ambientati nella cittadina inventata di Ponteratto. Il film, che si è avvalso della consulenza in esclusiva di Alberto Guareschi – figlio di Giovannino – è liberamente ispirato al libro “Chi sogna nuovi gerani?”, autobiografia a cura dei figli Alberto e Carlotta, edita da Rizzoli. Ora, montato e ultimato, il film è pronto per andare in onda prossimamente su Rai Uno, forse dopo un passaggio in una rassegna cinematografica.
A Brescello sono ritornate intanto al loro posto, ai due estremi di piazza Matteotti, le statue di Peppone e don Camillo (quest’ultima davanti alla chiesa di Santa Maria Nascente) che, non senza polemiche, erano state temporaneamente rimosse per le riprese. Fino ad allora erano diventate compagne di “selfie” dei turisti in viaggio da queste parti, un po’ come quella di Fernando Pessoa seduto davanti al caffè Brasileira a Lisbona o quella di Garibaldi su una panchina dell’isola della Maddalena. Nei due bar di piazza Matteotti, uno intitolato a Don Camillo e l’altro a Peppone, sono ritornati i vecchi avventori, sono riapparse le carte da gioco e si è riascoltata qualche bestemmia “dal sen fuggita” per qualche improvvida giocata del compagno di scopone o di briscola. Certo stona un po’ vedere alla cassa dei cinesi, i nuovi proprietari, ma per il resto Brescello è tornato alla sua tranquilla normalità dopo un’estate calda e afosa, ravvivata dalle emozioni vissute da molti cittadini e cittadine che hanno indossato i panni delle comparse o di protagonisti minori del film.

Un’estate calda e afosa come quella che portò, nel 1970 all’interruzione definitiva del sesto film della saga su Don Camillo e Peppone, Don Camillo e i giovani d’oggi che la troupe aveva incominciato a girare il 13 luglio con la regia del francese Christian-Jaque. Il 31 luglio, mentre Fernandel gira la scena in cui porta in braccio, per portarla in canonica, la nipote Caterina – la rivoluzionaria, appena liberata dai carabinieri – stramazza a terra, proprio in mezzo alla piazza, pallido in viso. Lo trasportano all’ospedale di Parma: la prima diagnosi è quella di pleurite. Fernandel decide di tornare a Marsiglia per ulteriori accertamenti clinici. Non era pleurite, era un tumore ai polmoni. L’attore si spense a Parigi il 26 febbraio del 1971, a 68 anni. E Gino Cervi, il simpatico Peppone, si rifiutò di concludere le riprese con un sostituto e senza Fernand, amico, collega e compagno di bevute di Lambrusco e di scorpacciate di parmigiano (i tocchi di parmigiano sono, tra l’altro, l’intervallo perfetto per le “verticali” delle degustazioni di vini). Per la cronaca il film fu riproposto nel 1972, con la regia di Camerini e con nuovi interpreti: Lionel Stander e Gastone Moschin. Ma non ebbe lo stesso successo dei precedenti.
Del film originale erano stati girati 1200 metri di pellicola, materiale per una quarantina di minuti di film, che tuttavia era sparito. Decine di anni dopo, spuntarono fuori centinaia di provini fotografici, che riordinati dalla Cineteca Nazionale, rappresentano una puntuale documentazione delle riprese realizzate da Christian-Jaque. Sulla scorta di queste preziose immagini inedite e della sceneggiatura originale, conservata anch’essa al Centro Sperimentale, Alberto Anile ha curato un bel libro illustrato, uscito quest’anno: L’ultimo Don Camillo. Immagini e ricordi di un film perduto (Minimum Fax, pagine 144, euro 30,00), che ci offre una puntuale e nostalgica ricostruzione del film, arricchita da saggi di specialisti e da interviste ad attori del cast tra cui Giancarlo Giannini e Graziella Granata. Le immagini a cineprese spente ci restituiscono anche “non posati” e preziose atmosfere del film: dal sorriso cavallino di Fernandel al ventaglio che Gino Cervi muove velocemente per avere un po’ di refrigerio.

Atmosfere che dovremmo ritrovare nel film su Giovannino Guareschi. Indro Montanelli ne fece un ritratto di quasi dieci pagine nella raccolta Incontri edita da Rizzoli. Era un libro di oltre mille pagine che costava, quando uscì, ben 6.500 lire, poi ridotto a 600 pagine (e a 2.300 lire) in una edizione economica del 1961. “La Bassa di Busseto – scriveva Montanelli – è una strana repubblica, che a ha poco a che fare con quella italiana e di cui Guareschi è, senza nessuno scrupolo costituzionale, il re. Un re al di sopra dei partiti come i tutti i veri re, e infatti è da lui che vengono a chiedere consiglio e aiuto anche i comunisti… Perché a Busseto Guareschi è tutto. Il re per i monarchici, il papa per i preti e Stalin per i comunisti. Giovannino è l’unico profeta in patria che registri la nostra storia nazionale, la quale non registra che profeti emigrati. Egli dirime i litigi tra Peppone e don Camillo, amministra la giustizia sotto l’albero di fico, cammina seguito da un codazzo di gente nel quale c’è di tutto: comunisti e conservatori, ricchi e poveri, miscredenti e baciapile”.
Il film in arrivo su Guareschi racconta gli alti e bassi della vita di uno scrittore tra i più noti della narrativa italiana e tra i più venduti nel mondo: oltre 20 milioni di copie in 142 lingue. Una figura importante della cultura e della letteratura italiana che ha dato vita, in pagine piene di disegni e parole, a personaggi memorabili. Uomo che, per nulla incline al compromesso, non ha esitato a scontrarsi con i potenti e con le istituzioni. Criticò il nazifascismo, rifiutandosi di combattere per la Repubblica Sociale e affrontando la deportazione in un campo di prigionia tedesco. Avversò anche il comunismo sovietico e il sistema capitalistico americano, restando sempre fedele a sé stesso.

L’attore Giuseppe Zeno è il protagonista del film nel ruolo di Giovannino Guareschi, Benedetta Cimatti interpreta la moglie Ennia, Andrea Roncato veste i panni del padre, Primo Augusto Guareschi, Maurizio Donadoni quelli di Angelo Rizzoli e Salvatore Striano interpreta il produttore cinematografico Peppino Amato. Il film Giovannino Guareschi. Non muoio neanche se mi ammazzano – si legge in una nota per la stampa diffusa dalla produzione – porta al grande pubblico il ritratto di un intellettuale istrionico, combattivo e passionale, mostrando al contempo il lato più intimo dell’uomo, legato a valori genuini e semplici. Nella sua vita, due costanti: l’amore per la moglie Ennia, sempre al suo fianco, e quello per la sua terra natìa, la Bassa Padana, che Guareschi trasformerà nel fortunato ”Mondo Piccolo”, il suo capolavoro.
Sono proprio i territori della Bassa a fare da sfondo alle riprese del film tv che hanno toccato, oltre Brescello, diversi comuni: Bagnolo in Piano, Castelfranco Emilia, Colorno, Coltaro, Guastalla, Luzzara, Mezzano Rondani, Novellara, Polesine Zibello, Reggio Emilia, Sissa Trecasali e Sorbolo Mezzani. Il regista ha potuto così restituire – attraverso i luoghi reali che hanno ispirato lo scrittore – lo spirito e il carattere comunitario di quei piccoli paesi. “Un microcosmo rassicurante – è stato scritto – nel quale si rispecchiavano gli italiani, divisi tra simpatiche beghe tra vicini di casa e contrapposizioni politiche, e il cui straordinario successo editoriale condusse Guareschi all’avventurosa trasposizione cinematografica che si rivelò un altro indiscutibile trionfo”. © RIPRODUZIONE RISERVATA