Masseria fortificata del Salento

«Il potere, che nel destino di molti uomini illustri, si percepisce attraverso spiragli, da Federico II emanava come forza della natura, tanto da dare origine ad una vera e propria Arte dello Stato»: così Jacques Le Goff sul nipote di Barbarossa, figlio di una principessa siculo-normanna, Costanza di Altavilla. L’incontro fortuito del nostro cronista col gran re sulle antiche strade della Magna Grecia apre la pagina della funzione economica sociale e politica delle antiche masserie sul territorio nel sud Italia. Non si trattava di una semplice articolazione operativa della grande proprietà, ma anche di vere e proprie cellule produttive della piccola e media proprietà contadina, per il controllo capillare del territorio e delle risorse agricole della terra 


Il racconto di ARTURO GUASTELLA, nostro inviato nella Magna Grecia

PUÒ CAPITARE, e, non ci crederete, è capitato proprio a me, che nel percorrere le antiche strade della Magna Grecia, abbia incontrato, oltre a Dei, Semidei, Ninfe, Sirene ed eroi, anche un gran re. Nientemeno che Federico di Hohenstaufen, nipote del Barbarossa e figlio di una principessa siculo-normanna, Costanza di Altavilla. «Di che ti meravigli — si stupì del mio stupore il gran re — forse che, oltre a Federico II di Svevia, non sono conosciuto anche come il Puer Apuliae, il ragazzo di Puglia?». E, come rievocate dalla presenza di sua Maestà, mi tornano in mente le parole del grande medievista francese, Jacques Le Goff (1924-2014), il quale affermava, come egli, il re di Sicilia, e più tardi, Imperatore tedesco, «si riteneva l’erede del mondo bizantino (di quello greco di Megas Alexandros) e di quello normanno». «E di come, proprio dalla Scuola Poetica della sua corte di Palermo, ebbe inizio la fioritura della Letteratura Italiana». 

Ricordo anche che, nella circostanza, lo storico francese, ebbe a dire come «il potere, che nel destino di molti uomini illustri, si percepisce attraverso spiragli, da lui emanava come forza della natura, tanto da dare origine ad una vera e propria Arte dello Stato». Quello che, tuttavia, non riuscì al figlio di Filippo II il Macedone, di assumere, cioè il controllo dell’impero conquistato, Federico II lo fece, edificando decine di Castelli, per tenere sott’occhio baroni e feudatari riottosi, e le masserie, per il controllo capillare del territorio e delle risorse agricole della terra. «Maestà — mi ritrovai a chiedere — poiché ho più a cuore braccianti e contadini, più che manieri e dame di corte, può raccontarmi delle masserie?». Che pretesa, la mia. Un monarca che si mette a raccontare al primo venuto, e, per di più, in jeans e maglietta, di castelli e masserie… Ecco allora che il re dà incarico ad una suo antico tutore, Gugliemo di Capparone, di raccontarmi di quelle sue straordinarie «realizzazioni edilizie». Poi, però, ripensandoci, sostituì Capparone con il suo insegnante di Latino e Greco, Guglielmo Francesco, che gli sembrava più adatto alla nobile vetustà di questi luoghi. Ed ora, senza spostare una sola virgola, vi riferisco il racconto del prof. Guglielmo Francesco. 

Torre di avvistamento della Masseria Itri di Galatina

Per il viaggiatore che, partendo dal Molise o dalla Campania, scende giù per la Puglia, fino alla punta estrema del tacco dello Stivale, o, a Sud Ovest, fino ai confini con la Basilicata, c’è una sorta di filo d’Arianna a guidarlo: il reticolo delle masserie che, a Nord come a Sud, punteggiano e disegnano il paesaggio rurale. Costruzioni scarne o maestose, dall’architettura essenziale o complessa, semplice o impreziosita da tipiche soluzioni localistiche, tutte nel bianco abbagliante del tufo calcinato. 

Se, ad esempio, nel Foggiano, nel cosiddetto Tavoliere, l’architettura delle masserie è strettamente correlata alla loro funzione di centri di lavoro agricolo-pastorale, con costruzioni semplici e artigianali, nella fascia adriatica, da Bari a Brindisi, fino ad Otranto e a S. Maria di Leuca, prevalgono le cosiddette masserie fortificate e le torri masserie, veri e propri fortilizi, ricchi di elementi architettonici e decorativi, che testimoniano l’insicurezza delle campagne nell’arco di tempo che va dal Quattrocento fino all’Ottocento. E così nel tratto della Puglia ionica, dove queste esigenze di difesa costiera dalle scorrerie dei pirati saraceni non erano altrettanto sentite, le masserie assumono l’aspetto di palazzi signorili. Qui, insieme al lavoro dei campi e alla trasformazione dei prodotti agricoli e della pastorizia, era prevista anche una residenza confortevole per il dominus, quando, come era usanza, nel mesi estivi preferiva la campagna alla città. 

La loro origine, risale sicuramente, alla colonizzazione greca, allorché agli insediamenti urbani veri e propri si sommavano, spesso a completamento, centri di produzione agricola “extra moenia”, nella cosiddetta Chora, dove l’indagine archeologica, ha dimostrato l’esistenza di fattorie anche di enormi dimensioni. Se, poi, è sufficientemente nota l’etimologia del termine “masseria”, come evoluzione glottologica del greco “μαζα” (pasta di  farina d’orzo), e, quindi, del tardoromano massae fino al medioevale massaria, meno studiato è l’intreccio, nel paesaggio agrario pugliese e meridionale, tra aspetti economici, stilemi architettonico-urbanistici e rapporto tout court tra città e campagna, caratteristiche del territorio, assetto della proprietà fondiaria e vincoli feudali dell’organizzazione produttiva cui questo specifico modello aziendale andava a collocarsi. 

Masseria fortificata San Francesco a Matera

Quello che appare certo, tuttavia, è che si trattava, originariamente, dei singoli lotti di terreno, affidati ai massarii, in cui «i grandi complessi fondiari, di tipo latifondistico, si vanno componendo e frammentando». In buona sostanza si tratta dei latifundia statali, delle villae rusticae e dei praedia, le grandi proprietà fondiarie private o ecclesiastiche, di cui è costellato il paesaggio rurale pugliese, calabrese, lucano, ma, per certi versi, anche quello siciliano. Quello che appare singolare è che in età bizantina ed in età normanna questo tipo di insediamento produttivo non dovette essere tenuto in gran conto, in quanto erano preminenti casali e borghi fortificati, mentre è nel Duecento, proprio con Federico II, e fino alla prima metà del Quattrocento che si ebbe un loro notevolissimo impulso. Non si trattava, però, di una semplice articolazione operativa della grande proprietà, ma anche di vere e proprie cellule produttive della piccola e media proprietà contadina. E, più in generale, di ogni forma di insediamento umano nel territorio rurale, che, pur nella diversa articolazione proprietaria, era funzionale all’organizzazione del lavoro agrario e dell’allevamento. 

Certo nella classificazione storica delle masserie del sud Italia, va tenuto in debito conto anche il loro carattere monumentale e, più in particolare, la loro struttura architettonica in relazione alla natura del terreno, all’orografia, all’idrografia, alle condizioni climatiche, eccetera. Per esempio, stante la natura carsica del terreno pugliese e lucano, con la scarsa utilizzazione dell’acqua delle falde freatiche, la masseria, qualora edificata a molti chilometri di distanza sia dai corsi d’acqua o anche dagli agglomerati urbani, doveva, comunque, garantirsi l’approvvigionamento idrico, che, talvolta, ne condizionava una presenza più funzionale al territorio interessato. 

Masseria Galeta ristrutturata in elegante resort [credit Nicola Colella]
Per meglio comprendere, tuttavia, l’evoluzione sia funzionale che architettonica delle masserie, aiuta tracciarne una sorta di mappa storico-sociale ed economica a partire dal basso Medioevo. In questo periodo il ventaglio tipologico è molto vasto, in quanto al semplice fondo coltivato, con strutture murarie molto scarne, coesistono i grandi complessi produttivi provvisti di abitazioni coloniche, stalle, locali e infrastrutture per la trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, le dimore stagionali e le masserie-ville padronali. A questo punto, però, il professore di Greco e Latino di Federico II si interrompe. Forse si è stancato e mi (ci) ha dato appuntamento ad una prossima volta, per raccontarmi di masserie famose e di massari-funzionari del Regno. «E delle pene che il re soleva infliggere a quelli disonesti». Fa in tempo a gridarmi il professore. Non ci resta che aspettare, magari in una massaria trasformata in resort… © RIPRODUZIONE RISERVATA

Giornalista dal 1971. Ha alternato la sua carriera di biochimico con quella della scrittura. Ha diretto per 14 anni “Videolevante”, una televisione pugliese. Ha tenuto corrispondenze dall’Italia e dall’estero per “Il Messaggero”, “Corriere della Sera”, “Quotidiano”, “La Gazzetta del Mezzogiorno” per la quale è editorialista. Con la casa editrice Scorpione, ha pubblicato “Fatti Così” e, con i Libri di Icaro, “Taranto - tra pistole e ciminiere, storia di una saga criminale”, scritto a due mani con il Procuratore Generale della Corte d’Assise di Taranto, Nicolangelo Ghizzardi. Per i “Quaderni” del Circolo Rosselli, ha pubblicato, con Vittorio Emiliani, Piergiovanni Guzzo e Roberto Conforti, “Dossier Archeologia” e, per il Touring club italiano, i “Musei del Sud”.