“Espulsa” dal prestigioso istituto culturale la stagione del risanamento del quotidiano di Roma, tra il 1980 e il 1987, durante la direzione di Vittorio Emiliani. «Da meno di 200mila a 302mila copie vendute di cui 150mila nella sola area di Roma», ricorda l’ex direttore: «con un attivo di 7 miliardi di lire dopo aver effettuato tutti gli ammortamenti possibili e ripianato un deficit pregresso di 7 miliardi di lire». Emiliani dovette lasciare la direzione e fu sostituito da Mario Pendinelli per volontà di De Mita, il giornale fu acquistato da Carlo Sama per la Ferruzzi e ne successero di tutti i colori fino ad accumulare un deficit rovinoso


Lettera aperta di VITTORIO EMILIANI

Gentile professor Franco Gallo*,

Vittorio Emiliani con il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga al Quirinale

VADO CASUALMENTE SULLA Enciclopedia Treccani on line e per curiosità alla voce “Il Messaggero”, che ho diretto per ben sette anni dal 1980 al 1987 portandolo da meno di 200mila a 302mila copie vendute, di cui 150mila nella sola area di Roma. Con un attivo di 7 miliardi di lire dopo aver effettuato tutti gli ammortamenti possibili (questa ultima considerazione la devo ad un grande amico e specialista della comunicazione come Sergio Castriota). Di tutto ciò non c’è una virgola sulla Treccani ma il risanamento viene attribuito al collega, purtroppo scomparso precocemente, che fu direttore in epoca successiva dopo l’acquisto del giornale da parte di Gaetano Caltagirone, al quale per antica stima Pietro Calabrese volle farmi collaborare in terza pagina finché non scrissi un lungo ricordo dell’amico e maestro Antonio Cederna nemico di palazzinari e speculatori e lì termino la mia collaborazione del resto anomala. 

Ora mi trovo espulso dalla Treccani e voglio sintetizzare in alcuni passaggi la mia, la nostra opera di risanamento e di rilancio: da 7 miliardi di lire di passivo ad un attivo di 7 miliardi di lire; dipendenti ridotti con scivoli privilegiati, dimissioni agevolate, senza forzature particolari. Se non con i soli rotativisti illusi da Autonomia Operaia e che con scioperi all’ultima ora non facevano uscire il giornale in particolar modo a Roma. La risposta della azienda con l’ottimo presidente Guccione fu dura ma necessaria: una serrata di 17 giorni dopo che le maestranze, soprattutto i rotativisti ripeto, avevano rigettato un piano “morbido” di risanamento della azienda e respinto l’appello generoso alla responsabilità rivolto loro in fabbrica da Luciano Lama e da Giorgio Benvenuto. 

Fu l’inizio di un rapporto finalmente normale con le maestranze e con la redazione nella quale gli elementi legati a gruppi estremisti o si dimisero (come fece con una lettera indimenticabile l’ottimo grafico Pier Giorgio Maoloni) o furono agevolati in vari modi ad andarsene. Da 600 dipendenti “Il Messaggero” scese a circa 300. Da meno di 200mila copie vendute salì a 310 mila copie (come già detto poc’anzi). Dopo di che mi venne proposto dal dottor Schimberni presidente di Montedison, proprietaria del giornale, di lasciare il posto di direttore ad uno voluto — va detto — da Ciriaco De Mita, Mario Pendinelli. Mi fu offerto un posto di consolazione ben foraggiato che respinsi, pretendendo di essere licenziato. Di fatto, dopo numerosi incontri, ottenni quanto volevo con la liquidazione che mi spettava (non una lira di più). 

Acquistato subito dopo da Carlo Sama per la Ferruzzi dalla quale sciaguratamente era stato fatto fuori il vero genio di famiglia Raul Gardini (dopo il fondatore, certo, Serafino Ferruzzi), ne successero di tutti i colori fino ad accumulare al “Messaggero” un deficit rovinoso. Ma questa è un’altra storia. Forse a quel deficit e a quel risanamento (peraltro non avvenuto allora, ma son cose di cui non ho contezza e che comunque non mi riguardano) si riferisce la Treccani. 

Ho voluto dare ad un istituto culturale quale l’Enciclopedia Treccani tanto prestigiosa tutti gli elementi reali del risanamento del “Messaggero” quale esso fu.

Con rispettosi saluti,

Vittorio Emiliani

(*) Presidente dell’Istituto Enciclopedia italiana Treccani

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Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.