La locandina del film di Dominique Abel e Fiona Gordon, in sala dall’11 aprile

Il duo francese Abel e Gordon torna al cinema dopo “Parigi a piedi nudi” del 2017 con un noir a tinte farsesche su un ex attivista che ricorre ad un ingenuo sosia per non essere assassinato da una sua vittima che medita vendetta. Con carisma e ironia, i due registi, e interpreti protagonisti, mettono in scena una piccola meraviglia gioiosa e nichilista che strappa più di una risata contagiosa. Quello che cattura di quest’opera mirabolante è senza dubbio il fascino del gioco, un ritorno esilarante e nostalgico all’infanzia: la partecipazione del pubblico ad uno show che ricorda il teatro delle marionette in cui il divertimento è tale perché collettivo. Abel e Gordon, camminando sulle orme di Jacques Tati, si prendono gioco delle solitudini e dei malumori di una società senza coscienza; di un mondo moralmente in rovina che non smette di protestare


◆ La recensione di GIULIA FAZIO

Tornano alla regia del quinto lungometraggio il duo artistico composto da Dominique Abel e Fiona Gordon. Presentato al Locarno Film Festival 2023, I Misteri del Bar Étoile è al cinema dall’11 aprile. L’ex attivista Boris (Dominique Abel) lavora in incognito come barista all’Étoile Filante. Un giorno come tanti nel bar, spesso desolato, una delle sue vittime (Bruno Romy) lo identifica e reclama vendetta. Boris, la compagna Kayoko (Kaori Ito) e il loro fedele amico Tim (Philippe Martz), architettano un piano ingegnoso: trovare un sosia. Per puro caso, e fortuna, trovano Dom (interpretato sempre dallo stesso Abel) che con qualche rivisitazione all’acconciatura e al vestiario, fornisce il perfetto sosia di Boris. Nonostante l’astuzia del piano, però, alla banda squinternata è sfuggita l’ex moglie di Dom, Fiona (Fiona Gordon), una detective che si mette sulle loro tracce per ritrovare il marito.

Attivi sin dagli anni Ottanta in ambito teatrale, i due coniugi hanno già diretto altri lungometraggi di successo come Rumba (2007) e Parigi a piedi nudi (2017) commedie slapstick irriverenti e farsesche, in cui gli sketches teatrali sono trasposti con un linguaggio cinematografico. Stavolta abbandonano lo slapstick in favore del noir, pur sempre mantenendo il loro stile caratterizzante: con note malinconiche e nichiliste i loro personaggi inetti e solitari non abbandonano il colore vivace grazie alla fotografia di Pascale Marin e la gioiosità clownesca tipica di Chaplin e Keaton.

Dominique Abel e Fiona Gordon (registi e attori protagonisti) in una scena del film

Quello che cattura della loro opera mirabolante è senza dubbio il fascino del gioco, un ritorno esilarante e nostalgico all’infanzia: la partecipazione del pubblico ad uno show che ricorda il teatro delle marionette in cui il divertimento è tale perché collettivo. Inoltre, i loro personaggi sono come pupazzi animati, delle maschere comiche estetizzate, che portano in superficie tutte le sofferenze dell’uomo ironizzando sull’inettitudine. Ed è proprio questo che rese celebre il regista Jaques Tati, con la sua ironia tagliente sull’uomo moderno. Abel e Gordon, camminando sulle sue orme, si prendono gioco delle solitudini e dei malumori di una società senza coscienza; di un mondo moralmente in rovina che non smette di protestare.

Boris è un attivista che si nasconde e, abbandonata ogni tensione verso la guerriglia, si lascia andare in un bar sempre vuoto ai margini della società. Dom e Fiona lottano contro un dolore intimo, un lutto personale, e anche loro in qualche modo si tirano fuori dal ballo della vita: ombre malinconiche nella frenesia metropolitana. Sono tutti personaggi fuori dal mondo, che però descrivono l’uomo contemporaneo al meglio nelle sue sfaccettature contrastanti. Le coreografie esilaranti ed estremamente corporali dei balli, i travestimenti e le gag sono tutti elementi che vanno a comporre un quadro variegato che non può non far ridere, e farci tornare alla leggerezza dell’infanzia; seppur con qualche consapevolezza in più. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Classe 1994. Aspirante sceneggiatrice e critica cinefila anarchica. La grande passione per la Storia e la Letteratura la portano a laurearsi in Triennale in Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Catania con una tesi in Letterature Comparate dal titolo Jules e Jim, dal romanzo al film. Invece, per assecondare l’altra passione - il cinema - decide di laurearsi in Magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi di Roma Tre. Collabora con alcuni Festival del cinema in Italia e in Canada; e svolge il ruolo di selezionatrice e giurata. La passione per la Settima Arte si affianca a quella per l’Arte e la Letteratura, e non immagina un mondo in cui la cultura muoia senza lottare.