La serie docu crime diretta da Skye Borgman è disponibile su Netflix dal 14 agosto, e ricostruisce minuziosamente un caso realmente accaduto nel 2002. Una giovane donna all’ottavo mese di gravidanza scompare misteriosamente il 24 dicembre. Le indagini condurranno al marito Scott Peterson come primo sospettato, svelandone una doppia vita. Tra le novità del catalogo Netflix dell’ultimo mese, questo documentario true crime in tre episodi si distingue per l’accurata scelta narrativa e l’approfondimento del carattere della vittima attraverso immagini di repertorio e le interviste ai familiari
◆ La recensione di GIULIA FAZIO
► La Vigilia di Natale del 2002, Laci Peterson, donna di 27 anni all’ottavo mese di gravidanza, scompare misteriosamente. Le ricerche della donna sono tempestive, l’intera cittadina di Modesto, in California, si mobilita nella ricerca nei pressi della dimora dei coniugi Peterson: la famiglia e gli amici distribuiscono volantini e parlano con i media affinché la fotografia di Laci venga diffusa. Il marito della donna, Scott Peterson, collabora con le forze dell’ordine e si mostra taciturno. L’uomo dice di essere rientrato a casa dopo aver passato la giornata in barca e aver trovato il cane nel giardino con il guinzaglio al collo, la macchina nel vialetto e gli effetti personali della moglie al loro posto. Che fine ha fatto Laci?
La serie docu crime diretta da Skye Borgman è disponibile su Netflix dal 14 agosto, e ricostruisce minuziosamente l’evoluzione del caso dal momento della scomparsa della donna fino al processo contro il marito Scott Peterson. All’inizio del documentario lo spettatore viene informato che Scott sta scontando la sua condanna all’ergastolo, ma continua a dichiararsi innocente. Per la portata mediatica che ebbe questo caso di omicidio per il pubblico americano, e che ancora oggi continua ad avere, è già nota la risoluzione del caso. Tuttavia, le modalità di racconto scelte dalla regista trattano la vicenda creando stupore e interesse ogni qual volta si presenti una nuova svolta nelle indagini, ricordando sin dal principio molti aspetti del film Gone Girl di David Fincher. Purtroppo, la storia di Laci è reale e il suo epilogo è ben diverso. Il documentario tradisce una linea che tenta di mostrare perché, e attraverso quali prove e indizi rintracciate dagli inquirenti, Scott sia il colpevole dell’omicidio della moglie e del figlio mai nato.
Il caso Peterson è anche un’occasione per riflettere sulla violenza domestica: informando gli spettatori che il primo caso di morte per donne in gravidanza è l’omicidio, Borgman asserisce il suo scopo: incentrare la storia su Laci, vittima di un gesto violento e malevolo. La regista americana sceglie dunque di tratteggiare la biografia della vittima servendosi dei racconti che ne fanno la madre e le amiche, e tutti coloro che la conoscevano, facendo emergere la sua personalità e il suo desiderio di maternità che le è stato strappato via. American Murder espone anche la dualità dei punti di vista delle parti in causa, servendosi di video di repertorio e di varie testimonianze, pone a confronto i familiari della donna e la sorella e la cognata dell’uomo che sostengono la sua innocenza, delineando così gli aspetti salienti della vicenda. Per gli appassionati del true crime è un’intensa narrazione sulle indagini e il processo che portarono Scott Peterson alla condanna, tuttavia, lo scopo nodale è presentare un ritratto di Laci Peterson e del suo raggiante sorriso; della donna che era, e della madre che sarebbe potuta diventare.
Nei documentari su casi reali di omicidio spesso la vittima viene depersonalizzata e la concentrazione mediatica punta i riflettori solo sul colpevole. Borgman ribalta questa abitudine, concentrando l’attenzione sulla cieca e fredda follia dell’atto. La frustrazione fa risuonare sul finale un’unica fondamentale domanda: perché? © RIPRODUZIONE RISERVATA