
A cinquant’anni dall’omicidio di Luigi Calabresi, Paolo Brogi cronista del Corriere della Sera ha pubblicato un interessante volume, “Pinelli, l’innocente che cadde giù”. Un’analisi molto lucida della tragica vicenda che nel pieno degli anni di piombo si concluse con due vittime innocenti: Pinelli e il giovane commissario. Lotta Continua in quegli anni portò avanti contro il commissario della Polizia di Stato una veemente campagna ritenendolo responsabile della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Un’errore madornale che si concluse con l’assassinio di Calabresi per mano di Ovidio Bompressi e Leonardo Marino, i cui mandanti furono Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani. Da quanto emerso nel libro di Brogi, Calabresi non era presente al momento del tragico volo dalla finestra
L’articolo di VITTORIO EMILIANI
SONO PASSATI CINQUANT’ANNI dall’agguato terroristico che pose fine alla vita del commissario Luigi Calabresi, ucciso dal un commando di Lotta Continua costituito da Leonardo Marino e Ovidio Bompressi. Al di là delle manifestazioni, dei ricordi di quegli anni di piombo, e del dolore dei familiari, molto si è scritto su questo delitto. Ultimamente Paolo Brogi, cronista del Corriere della Sera, ha dedicato alla morte del commissario “L’innocente che cadde giù”, un volume che con grande lucidità ripropone quella tragica storia che si concluse con due vittime innocenti. Un libro che conferma l’essenzialità degli archivi che purtroppo a Roma, dopo la splendida stagione dell’Archivio Centrale dello Stato creato dal mai abbastanza rimpianto Mario Serio, sta vivendo una stagione di precarietà e di confusione. Mentre stanno arrivando, nientemeno, le carte del tragico caso Moro.

“L’innocente che cadde giù” sul caso Pinelli opera di un ottimo cronista, Paolo Brogi (per anni al Corriere della Sera) per l’editore Castelvecchi è scritto sulle carte degli Affari Riservati. I meno giovani ricordano la durissima campagna che Lotta Continua (e non solo) dedicò al commissario Calabresi ritenendolo responsabile della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli e che portò all’assassinio del commissario stesso. Che invece non c’entrava nulla. Anzi la pista anarchica venne costruita a Roma dal direttore dei Servizi Federico D’Amato e dal suo braccio destro Salvatore Russomanno (con pesantissimi precedenti nel periodo della Repubblica di Salò, SS italiane e simili) in collegamento col questore di Milano Marcello Guida, già carceriere di Pertini e di altri antifascisti, a Ponza.
Il commissario Calabresi – come si apprende dall’interessantissimo libro di Brogi – venne anzi escluso dagli interrogatori molto stringenti ai quali venne sottoposto Pinelli nella Questura di Milano. Quindi la ritorsione di Lotta Continua contro Calabresi fu del tutto sbagliata e il suo omicidio un errore madornale da parte di Adriano Sofri, come mandante, e compagni fuggiti in Francia. E anche di giornalisti importanti che in buona fede – per esempio Camilla Cederna, per altri argomenti una vera maestra di giornalismo – appoggiarono quella campagna sbagliata e che ancor oggi faticosamente la giustificano (penso a Gad Lerner).

Purtroppo Russomanno fu il tramite dei servizi col Messaggero, personalmente con Fabio Isman, per la consegna e la pubblicazione del verbale di Patrizio Peci, ex brigatista rosso, “giustiziato” orribilmente dai suoi stessi ex compagni. Mancava da quei documenti un foglio, anzi come scrisse Paese Sera un figlio: Marco Donat Cattin terrorista. Che scatenò un uragano di polemiche politiche. Io, all’epoca direttore, dichiarai di rimanere nel processo per ragioni unicamente professionali sembrandomi “inelegante” uscirne. Isman subì una dura, assurda condanna e si fece alcuni mesi di carcere fra Regina Coeli e Rebibbia. Venendo poi assolto da uno straordinario magistrato, Filippo Mancuso che, ministro del governo Dini, voleva incriminare il leghista Bossi per aver parlato di migliaia di armati pronti a prendere le armi nelle Valle bergamasche contro lo Stato centrale, e si dimise polemicamente dalla carica. © RIPRODUZIONE RISERVATA