Il titolo di vice presidente esecutivo attribuito a Raffaele Fitto, concesso al commissario europeo da Ursula von der Leyen per ottenere i voti dei parlamentari della Meloni che non l’avevano votata a giugno, nasconde un arretramento delle posizioni ricoperte dall’Italia nella precedente legislatura. E questo downgrade è ancora più evidente nei ruoli in cui si concentra il potere effettivo, nelle Direzioni generali e nei capi di gabinetto. Tirate le somme, non fu vera gloria il pressing meloniano, strombazzato dai grandi media della Nazione (con la maiuscola, prego) che intonano i peana della influencer-premier, ogni giorno
◆ L’analisi di ROCCO TANCREDI
► Sulla definitiva composizione del nuovo governo dell’Ue, dopo l’insediamento ufficiale del 1° dicembre scorso, cerchiamo di riavvolgere il nastro di alcuni passaggi che hanno determinato la composizione degli incarichi affidati ai 27 commissari della nuova Commissione europea e del ruolo svolto da Giorgia Meloni. Per ben due volte ha espresso la sua netta contrarietà a un secondo mandato per Ursula von der Leyen: nel Consiglio europeo di giugno si è astenuta sulla sua riconferma; a luglio i conservatori e riformisti dell’Ecr a Bruxelles hanno votato contro il programma presentato dalla presidente tedesca. Nonostante ciò, questi stessi deputati hanno poi dichiarato di voler sostenere la nuova Commissione guidata da von der Leyen.
La Meloni nelle trattative per la composizione del nuovo governo europeo ha seguito questa logica: “Prima voto contro poi, se ottengo ciò che chiedo, voto a favore”. Un metodo che mina le fiducia tra gli Stati poiché non è facile fidarsi di chi cambia idea perseguendo solo scelte opportunistiche. Anche perché il programma illustrato dalla von der Leyn non è stato modificato a cominciare dal Green Deal inviso a Fratelli d’Italia. L’obiettivo della Meloni era quello di aggiungere al suo ex ministro Fitto anche l’incarico di vice presidente esecutivo.
La presidente Ursula von der Leyn ha affidato all’italiano Raffaele Fitto due incarichi: vice presidente esecutivo e commissario alla “Coesione” e alla “Riforme”. Ma perderà la guida della Direzione generale delle “Riforme”, una struttura dove lavoravano 200 funzionari con l’italiano Mario Nava direttore generale e che in pratica finirà sotto lo stretto controllo della von der Leyen. Un risultato modesto per il nostro Paese che stride leggendo la stampa di destra e le reti radiotelevisive controllate dal governo, tutti ad intonare un peana all’operato della Meloni, vincente, nel fittizio braccio di ferro con la von der Leyen, per aver ottenuto per Fitto non solo il dovuto incarico di commissario (nomina che spetta di diritto ad ognuno dei rappresentanti 27 Paesi dell’Ue), ma soprattutto il titolo di vice presidente esecutivo.
Il 27 novembre quando il Parlamento europeo ha dato il via libera al nuovo collegio della Commissione europea, nei corridoi della sede di Strasburgo alcuni colleghi giornalisti, da anni a Bruxelles e molto scafati, concordavano che le nomine di vice presidente potevano servire (non per tutti e sei) per aggiungere il secondo titolo sul loro biglietto da visita.
Ma chi comanda di più in Europa? Insediata il 1° dicembre, la nuova Commissione ha iniziato ad operare ufficialmente il 4 dicembre per la distribuzione delle responsabilità e per definire gli equilibri interni anche per i sei vice presidenti. In primis la von der Leyen ha stabilito l’ordine gerarchico per presiedere le sedute in sua assenza. La prima a sostituirla sarà la vice presidente spagnola Teresa Ribera, seguita dalla finlandese, dal francese, dall’estone e dalla romena. Fitto sarà l’ultimo della lista. Eppure nel suo curriculum sono elencati anche i due mandati di europarlamentare! Inoltre conserverà le deleghe alle politiche di “Coesione” e alle “Riforme”, ma – come detto – perderà la guida della Direzione generale per le Riforme, destinata a diventare sempre più decisiva in vista del possibile riordino del bilancio che punta a legare la distribuzione dei fondi Ue all’effettiva realizzazione da parte dei singoli Stati. Il dossier del Recovery Fund sarà condiviso però con l’inossidabile commissario lettone Valdis Dombrovskis.
Vi è un altro metro per valutare il potere di un Paese all’interno della Commissione. Sono personaggi ignorati dal grande pubblico: i capi di gabinetto e i vice. Hanno il compito di preparare le riunioni settimanali della Commissione, trattare e negoziare i testi dei singoli provvedimenti. Avere più funzionari connazionali all’interno dei gabinetti che redigono i testi fa bene a tutti i commissari. L’indicazione di questi incarichi di vertice è assegnata al Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti), costituito dagli ambasciatori presso l’Ue dei 27 Paesi, che definisce i ruoli nella struttura di vertice del governo europeo. Anche questo elemento è importante. Per l’Italia, purtroppo, è andata male, confrontando il ruolo della Germania (4 capi di gabinetto e cinque vice) e della Francia (un solo capo e sette vice) che hanno confermato l’egemonia nei posti chiave del governo dell’Ue.
Per l’Italia il risultato è quanto meno deludente. Il nostro Paese ha un solo capo di gabinetto (su ventisette). È Vincenzo Matano, funzionario di lunga esperienza al Parlamento europeo, molto stimato, che guiderà lo staff di Raffaele Fitto. Nello squadra del commissario italiano ci saranno anche due vice capo di gabinetto, Pierpaolo Settembre e Francesca Arena.
I tanti osanna italiani che si sono levati, in questi ultimi cinque mesi, per la composizione del nuovo governo europeo sanno molto di chiacchiere senza fondamento. Si tratta cioè di fuffa in un derby tra la tracotanza della Meloni e i risultati concreti. Ed ora, al termine di questa “battaglia”, si tornerà al silenzio assordante sulle problematiche europee che la stampa italiana continuerà a trascurare. Siamo alle solite. Nonostante la presenza a Bruxelles di molti colleghi italiani che svolgono un lavoro egregio che, nelle loro redazioni centrali, viene spesso sottovalutato, degno – quando va bene – solo di qualche risicato testo nelle pagine interne. © RIPRODUZIONE RISERVATA