Ai ritmi attuali ci vorranno almeno 250 anni per riportare ad efficienza la nostra rete idrica. Ma entro l’anno di grazia 2470 cosa sarà intanto successo? Il vecchio colabrodo degli acquedotti perde per strada quasi il 40-41,4 per cento dell’acqua immessa in rete, per una quantità complessiva stimata in 3,45 miliardi di metri cubi: da soli basterebbero a soddisfare le esigenze di 40 milioni di persone per un anno. Il primato lo detiene Potenza col 68,9 per cento, seguita da Cagliari con il 59,3, da Palermo con il 54,6 e da Bari col 52,3. Non scherzano neanche Firenze col 47,1 per cento e Trieste col 45,65 per cento di dispersione. Fra il 60 e il 70 per cento delle tubazioni hanno un’età che oscilla sui trent’anni, il 25 per cento supera il mezzo secolo. A fronte di questi ferrivecchi il piano governativo del 2018 prevedeva appena 50 milioni di euro l’anno. Fino al 2022. Con questi ritmi ci vorranno almeno 250 anni per riportare ad efficienza la nostra rete L’articolo di VITTORIO EMILIANI LA GRANDE E DIFFUSA siccità col Po ridotto quasi ad un fiumicello e con l’Adriatico che risale dal delta salinizzando l’acqua del fiume sono immagini crude e crudeli che si sommano a quelle della guerra. Quasi nessuno però parla...
L’acqua manca sempre di più ma ne sprechiamo la metà, tra l’acquedotto e il rubinetto di casa
Vittorio Emiliani
Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.