La Vena del Gesso romagnola, i Gessi bolognesi e di Zola Predosa, le Evaporiti di San Leo e la grotta di Onferno nel riminese, l’Alta valle del Secchia e la Bassa collina reggiana entrano nell’elenco degli habitat naturali protetti dall’Unesco. Si aggiungono agli altri 4 habitat italiani già presenti nel World Heritage (Dolomiti, Etna, Eolie e Faggete vetuste dell’Appennino) assieme ad altri 55 siti (dall’Area archeologica di Agrigento, a Pompei, ai Cicli di affreschi del XIV secolo di Padova, ai Portici di Bologna). Attraversare i Gessi significa fare un viaggio tra le rocce che si sono formate dopo l’evaporazione delle acque del Mar Mediterraneo. Per il settore del Turismo la consacrazione a Patrimonio dell’Umanità di un altro sito naturale è indubbiamente una grande notizia. Già, ma quale turismo? Ecosistemi e biodiversità non traggono beneficio da un turismo di massa sregolato


◆ L’articolo di ANNALISA ADAMO AYMONE

A partire da settembre 2023 è cambiata la mappa dei siti Unesco in Italia, infatti diventano 59 i patrimoni italiani dell’Umanità di cui sono 5 gli habitat di tipo naturale. Dopo le Dolomiti, l’Etna, le Eolie e le Faggete vetuste dell’Appennino, anche i Gessi dell’Emilia Romagna diventano patrimonio dell’Umanità. La Vena del Gesso romagnola, i Gessi bolognesi e di Zola Predosa, le Evaporiti di San Leo e la grotta di Onferno nel riminese, l’Alta valle del Secchia e la Bassa collina reggiana entrano quindi definitivamente nella lista del World Heritage come ‘Carsismo evaporitico nelle grotte dell’Appennino settentrionale’. È stata la Federazione Speleologica della Regione Emilia Romagna a proporre i fenomeni carsici delle Evaporiti all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, istituita a Parigi 4 novembre 1946. 

Ancora una volta l’Unesco conferma che identità, appartenenza e memoria passano anche dal patrimonio naturale, dal paesaggio e dalla biodiversità presente sui territori. Attraversare i Gessi dell’Emilia Romagna significa fare un viaggio tra le rocce che si sono formate dopo l’evaporazione delle acque del Mar Mediterraneo. Le grotte, conosciute già dal XVI secolo, si caratterizzano come forme carsiche, sorgenti saline e minerali, croste e depositi. Questo habitat, grazie anche agli spunti paleontologici dice molto del passato della Terra, permettendo di giungere alla ricostruzione degli eventi antichi biologici, geologici e geografici. 

Il sito, già in precedenza divenuto un Parco e che ora beneficerà di una protezione speciale, ha un’origine che risale a circa 6 milioni di anni fa. Fautore dei Gessi, autentico spettacolo della natura, è stato il Mar Mediterraneo, che nell’età geologica nota come Messiniano del Miocene, in seguito alla chiusura dello Stretto di Gibilterra, ha subito ciclici e drastici abbassamenti. Ecco anche perché i ventuno membri del Comitato del Patrimonio Mondiale (Argentina, Belgio, Bulgaria, Egitto, Etiopia, Grecia, India, Italia, Giappone, Mali, Messico, Nigeria, Oman, Qatar, Federazione Russa, Ruanda, Saint Vincent e Grenadine, Arabia Saudita, Sudafrica, Thailandia, Zambia) riunitosi fino al 25 settembre a Riyadh in Arabia Saudita non hanno avuto dubbi sul fatto che il sito costituisca «una testimonianza straordinaria dei principali periodi dell’evoluzione della terra, comprese testimonianze di vita, di processi geologici in atto nello sviluppo delle caratteristiche fisiche della superficie terrestre o di caratteristiche geomorfiche o fisiografiche significative». 

Per il settore del Turismo la consacrazione a Patrimonio dell’Umanità di un altro sito naturale è indubbiamente una grande notizia perché i viaggi sono ormai sempre più legati alla natura e alla biodiversità e ad un nuovo modo di stare al mondo. Secondo le stime ufficiali il settore vacanze sposta ogni anno oltre 2 miliardi di persone e rappresenta il 10% del Pil mondiale, con 8,5 mila miliardi di ricavi nel solo 2022. Non solo turismo balneare e immersioni subacquee, scalate in montagna e camminate nei boschi oppure ai laghi, safari ed esplorazioni nel giungle, ma anche viaggi in terre selvagge e deserti di tutto il mondo. I parchi e le aree protette, soprattutto in funzione del turismo faunistico, generano – secondo le stime enucleate da operatori internazionali del settore trasporti – ben 340 miliardi di dollari all’anno e intorno a questo segmento si attestano più di 21 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. 

Certamente gli ecosistemi non traggono da queste pratiche grandi benefici, ed il turismo non accompagnato dalla dovuta informazione e conoscenza rischia di diventare sempre più una delle principali cause di perdita di biodiversità. Governare le dinamiche che portano alla costruzione dei nuovi hotel e villaggi turistici, di infrastrutture per il trasporto e aeroporti è sempre stato uno degli aspetti più importanti nelle politiche pubbliche riguardanti i territori. Oggi però, tenuto conto dell’estremo bisogno di essere sempre più solidali con la Terra e l’urgenza di invertire la rotta anche in questo settore, si manifesta in tutta la sua portata l’assunto che non è solo la Natura ad essere “sottomessa” al turismo ma anche il turismo che è “sottomesso” alla Natura. In quest’ottica per l’economia dell’ambiente, della cultura e dei territori la salvaguardia e la valorizzazione non possono non diventare il fulcro delle politiche nazionali e locali nonché delle governance pubbliche e private. 

La futura dimensione sociale dei tre principali ambiti, “cultura-ambiente-territori”, saranno il campo da gioco dell’economia legata al ‘valore’ anziché al mero ‘profitto’ attraverso lo sfruttamento senza senso delle risorse. In tale direzione anche l’alleanza sottoscritta a Montreal tra Unwto, l’organizzazione Onu del turismo mondiale, (World Travel & Tourism Council) e Sustainable Hospitality Alliance, per promuovere all’interno del settore turistico il Global Biodiversity Framework. Un accordo Onu sulla biodiversità globale che ha lo scopo di fermare la perdita di biodiversità nel settore del turismo entro il 2030. Obiettivo fondato sostanzialmente sulla sussidiarietà ad un livello ultra nazionale, visto che numerose organizzazioni (tour operator, grandi gruppi alberghieri, enti internazionali no profit ed intermediari di viaggio) hanno aderito al Global Biodiversity Framework, per la cui effettiva applicazione sarà centrale il sistema di monitoraggio e raccolta dati dell’Untwo basato non solo sull’osservatorio Insto (Rete internazionale di osservatori per il turismo sostenibile) ma anche sull’utilizzo dei dati satellitari. © RIPRODUZIONE RISERVATA

È stata avvocato, formatrice e docente, ricoprendo numerosi incarichi pubblici. Da capo degli Affari generali e legali del Comune di Taranto ha promosso la prima causa risarcitoria contro i patrons di Ilva, responsabili del più grande disastro ambientale della Repubblica italiana. In seguito al giudizio è stato disposto un risarcimento di 12 milioni di euro in favore della città. È stata assessore all’Ambiente, alla legalità e alla qualità della vita del Comune di Taranto. Insieme ad una rete di associazioni, comitati e fondazioni svolge un’intensa attività di sensibilizzazione su temi inerenti diritti, ecologia, ambiente e tutele del patrimonio naturale e culturale. Ha creato #AnteLitteram rassegna di incontri con esponenti della società civile avviando un vero e proprio movimento culturale. Collabora con il Centro Ricerca Arte Contemporanea Puglia, altre istituzioni ed enti per valorizzare il ruolo che l’arte e la cultura hanno per la costruzione del valore della cittadinanza e della democrazia. Ha ricevuto il premio Tarenti Cives Delfini d’argento 2022. È stata chiamata a curare la sezione sul Mediterraneo dell’edizione 2022 del Festival del cinema promosso da Apulia Film Commission.