Jannik Sinner con il trofeo dell’Atp di Shanghai; sotto il titolo, Alcaraz e Sinner a braccetto

Non poteva che finire così: come tutti i campioni sportivi della storia, Jannik Sinner divide il mondo delle tifoserie con la scimitarra. O con lui o contro di lui. È avvenuto già tante volte, vi ricordate? Coppi o Bartali, Rivera o Mazzola, Cassius Clay o George Foreman? Ed è sempre la solita storia. Stavolta c’è chi si spinge un po’ oltre, fino a sovrapporre i due irriducibili antagonisti del tennis odierno in una lunga dissolvenza per poi fonderli l’uno nell’altro in un video per TikTok. Chi emergerà stavolta? Un modo come un altro per sfuggire, forse, alle “passioni tristi” in cui ci ha sprofondati lo scappellamento a destra nell’infosfera globale del neo ministro Giuli, degno successore di Sangiuliano alla Cultura di questo nostro sfortunato Paese. Provocando un disorientamento totale, persino tra uno sport e l’altro, che travolge un reporter solitamente freddo e distaccato, facendogli scrivere fischi per fiaschi…


◆ La cronaca (semiseria) di MAURIZIO MENICUCCI

Come volevasi dimostrare, in Cina ha vinto lui: Carlos Alcaraz Garfia. Lo avete visto tutti. Noi, comunque, lo abbiamo visto e abbiamo gioito. Tifato, no, non si poteva: la differenza con Novak era troppa. Però una piccola soddisfazione ce la vogliamo togliere. Perché un mese fa, lo avevamo detto: alla fine, quando gli appuntamenti agonistici sono quelli che contano davvero, e non si tratta di quattro volée tra amici, ebbene, è lì che si pare il valore degli autentici fuoriclasse. E i veri fuoriclasse non possono essere i damerini lavati e profumati, come li sognano per le loro figlie schiere di casalinghe intossicate dai rotocalchi. Insomma, non è il principe azzurro di San Candido, languidamente intento a inseguire le mosche sulla terra rossa come la sua testolina fulva da ariano e lo sguardo acquoso. 

Carlos Alcaraz Garfia in azione

No, cari lettori, l’acqua non è classe. I veri, immortali, campioni di ogni tempo sono quelli con occhi e chioma corvina, sopracciglia orgogliose e legnata prepotente: il brachitipo mediterraneo, torace lungo e possente, gambe brevi e scattanti, avrebbe detto il grande Giuan Brera. Uomini capaci di soffrire e sudare sangue, perché, senza sforzo, non è vittoria. Sono loro, quelli come Alcaraz, i predestinati a segnare un’epoca e a dettare un’epica con il loro stile duro e puro, e in questo caso parliamo di una disciplina che sposa eleganza, potenza e sensibilità, come ben sa chi, come noi, ha giocato a ping pong bendato fin da quando era chierichetto. 

L’Atp di Shanghai era la competizione giusta, fatta apposta per esaltare i movimenti maschi e dionisiaci dell’esuberante ragazzone spagnolo, padrone del campo e capace di domare subito il grande Djokovic, il quale, tra l’altro, avendo incrociato la racchetta con l’esile Sinner, s’era illuso che il tempo si fosse dimenticato di lui. Alcaraz gliel’ha ricordato in due soli e secchi set e non ha lasciato scampo alle illusioni del serbo, dimostrandosi perfino poco generoso verso quel pezzo di storia che stava umiliando. Sì, perché gli eroi di questo sport sono così, un po’ generosi e un po’ maramaldi, proprio come Achille che irride gli avversari prima di abbatterli. E solo chi, come noi, ha inseguito per anni le palle da raccattare a bordo campo, cercando di carpire i segreti dei maestri del tennis – lo stop al volo, il dribbling, il cross e il tiro nel sette – può comprendere la poetica, ma definitiva verità di queste considerazioni. 

Alcaraz e Sinner nei confronti diretti alla semifinale del Roland Garros

Oltretutto, Alcaraz è giovanissimo: ha 21 anni. Può solo migliorare, anche nel senso di prendere quel che di buono vede negli altri, a cominciare dallo stesso Jannik. Anche se, proprio per la stima incondizionata che nutriamo verso l’atleta andaluso, non riusciamo ad apprezzare la sua scelta di tingersi i capelli di rosso e cotonarseli prima di scendere in campo nella finale. Inoltre, notiamo con rammarico che è anche dimagrito. E questo, in un fisico ancora in crescita come il suo – si vede benissimo che deve aver aggiunto una decina di centimetri agli scarsi 184 che esibiva a settembre – rischia di diminuire la sua proverbiale potenza. 

Infine, caro Luiz, e permettici di passare al tu, ancora una domanda, o meglio, un consiglio paterno da chi, come noi, è rimasto fin da bambino preso a meraviglia nella rete dal tennis, soprattutto quando tentava di saltarla: va bene rispettare e ammirare i colleghi con i quali, che lo meritino o meno, dividi lo stretto Olimpo del nostro sport, ma perché, alla fine del match di Shanghai, intervistato dalla Rai, ti sei messo a parlare con quella fastidiosissima cadenza tirolese? 

PS. A pensarci bene, caro Luiz, cominci a somigliare come una goccia d’acqua a Sinner. È inaccettabile. A che gioco stai giocando? © RIPRODUZIONE RISERVATA

Inviato speciale per il telegiornale scientifico e tecnologico Leonardo e per i programmi Ambiente Italia e Mediterraneo della Rai, ha firmato reportage in Italia e all’estero, e ha lavorato per La Stampa, L’Europeo, Panorama, spaziando tra tecnologia, ambiente, scienze naturali, medicina, archeologia e paleoantropologia. Appassionato di mare, ha realizzato numerosi servizi subacquei per la Rai e per altre testate.