Con caratteristiche tecniche e qualità di gioco molto simili, il nostro giovane campione s’è dovuto piegare al ben più concentrato ed esperto fuoriclasse serbo. Attraverso il loro gioco misuriamo la distanza tra il tennis più veloce di oggi e i colpi lunghissimi a fondo campo sulla gloriosa “terra rossa”. Che accende gli “amarcord” con l’arte degli “arrotini” e le palle cariche di così tanto effetto da poter essere fermate solo dalle poderose elevazioni di campioni come l’australiano Rod Laver, benché fosse basso


◆ Il commento di MASSIMO SCALIA

La “Sinnermania” ha ricevuto un duro colpo, ma, pur avendo esultato martedì scorso quando ha vinto Jannik, non sono rimasto deluso. Sinner e Djokovic hanno colpi e gioco molto simili e quindi vince chi sbaglia di meno e vince più servizi. A un certo punto del secondo, e ultimo, set, è comparsa una statistica che dava per gli “unforced errors”: 27 Sinner e 10 Djokovic, mentre quest’ultimo prevaleva per 13 a 8 sugli ace. La concentrazione e la tenacia, impareggiabili nel Serbo, hanno fatto difetto invece nel nostro giovanotto che ha sbagliato anche un paio di clamorosi “rigori” sotto rete. Ha ventidue anni e avrà ancora tempo per eccellere, ma si diventa Djokovic, che con questa ha vinto la sua settima coppa Atp, solo col rigore, a tratti quasi maniacale, con cui lui si applica. 

Gennaio 1957, Ken Rosewall in Coppa Davis ad Adelaide in Australia (credit GettyImages); sotto il titolo, il fuoriclasse serbo Novak Djokovic e la promessa azzurra, il ventenne Jannik Sinner

Restano alcune considerazioni a latere, da condividere o meno. Oggi il gioco è molto più veloce, soprattutto rispetto a quello sulla gloriosa “terra rossa”, ma i colpi sono molto “più cauti”, palleggi con palle a poco più di metà campo, tranne i colpi risolutivi. Durante l’era degli “arrotini” – con quei colpi veloci, ma con rotazioni cariche di effetto che costringevano a cercare di dominare un rimbalzo alto, e dei quali l’esponente di maggior spicco era senz’altro André Agassi, felicemente sposato con una campionessa come Stefi Graff – si affermò decisamente su di lui, peraltro indiscusso campione, Pete Sampras 20 volte su 34. Sampras apparteneva a quella tradizione tennistica che predilige i colpi lunghissimi a fondo campo, sia di dritto che di rovescio, iniziata negli anni Sessanta da australiani come Ken Rosewall, famoso per il suo rovescio, e che non riuscivano a colpire se non sulle righe laterali e di fondo suscitando la mia giovanile ammirazione. 

Ken, un mingherlino mancino, un mito 89enne per gli Australiani, detiene ancora oggi un numero impressionante di primati, tra i quali quello di essere il più anziano vincitore di slam. Un primato che non sembra più alla portata del 37enne Rafa Nadal, che non ha potuto partecipare all’Us Open di giugno 2023, e che Djokovic potrà superare se vincerà gli Us Open del 2024.

E, in tema di “amarcord”, come non pensare a Borg, Lendl e molti altri. Andando ancor più indietro nel tempo, un altro australiano, Rod Laver, che, sebbene non fosse alto, riusciva a fare degli smash “ammazza pallonetti” sopperendo con un’elevazione e una sospensione tali che durante il tragitto si valutava potesse avere il tempo per accendersi una sigaretta. Certo laudator temporis acti, resta però la quasi certezza che anche il tennis, come peraltro il futuro, non è più quello di una volta. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Scienziato e politico, leader del movimento antinucleare e tra i fondatori di Legambiente. Primo firmatario, con Alex Langer, dell’appello (1984) per Liste Verdi nazionali. Alla Camera per i Verdi (1987-2001) ha portato a compimento la chiusura del nucleare, le leggi su rinnovabili e risparmio energetico, la legge sul bando dell’amianto. Presidente delle due prime Commissioni d’inchiesta sui rifiuti (“Ecomafie”): traffici illeciti nazionali e internazionali; waste connection (Ilaria Alpi e Miran Hrovatin); gestione delle scorie nucleari. Tra gli ispiratori della Green Economy, è stato a fianco della ribellione di Scanzano (2003) e consulente scientifico nelle azioni contro la centrale di Porto Tolle e il carbone dell’Enel (2011-14). Co-presidente del Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Unesco (2005-14). Tra i padri dell’ambientalismo scientifico, suo un modello teorico di “stato stazionario globale” (2020) (https://www.researchgate.net/profile/Massimo-Scalia)