Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni

Quel -25% sugli extraprofitti deciso dal governo Draghi ricorda — un contrappasso? — il -25% di Gas a effetto serra al 2030 che, impudico, l’Eni si era dato come modesto obiettivo di riduzione. Ma qualcuno ha violato il sancta sanctorum. E magari, di questo passo, qualcuno si potrebbe ricordare che la golden share dell’Ente nazionale degli idrocarburi è nelle mani del Governo, come alcune nomine del Consiglio d’amministrazione del Cane a Sei Zampe


ROMA, 3 MAGGIO 2022 (Red) — Fra i provvedimenti assunti dal governo Draghi con il nuovo “decreto aiuti” è finita in secondo piano la decisione di portare al 25% il prelievo sugli extra profitti incassati nell’ultimo anno con la speculazione finanziaria sugli idrocarburi dalle compagnie Oil&Gas. Secondo l’Agenzia internazionale dell’Energia, gli extra profitti nel comparto energetico dell’Unione Europea sono quantificabili in 200 miliardi di euro nei primi mesi del 2022. La sola Eni avrebbe realizzato un utile di 5,191 miliardi di euro con un incremento del +293% rispetto al primo trimestre 2021.


Il corsivo di MASSIMO SCALIA

IL CAPO RECLINATO sul grande tavolo del Consiglio dei Ministri, “Cingo” non riusciva a nascondere le lacrime, ancor meno i singhiozzi che gli uscivano tanto spontanei quanto inopportuni in quella sede. Il premier aveva cercato di confortarlo con parole che erano sembrate più di circostanza che di compartecipazione al dolore: “Abbiamo dovuto farlo. Il grosso lo prendiamo ancora dalla fiscalità generale, tanto tutti saranno contenti di vedere ridotte le accise sui combustibili, ma un 25% lo dobbiamo prelevare dagli extra profitti del gas”. Era stata quella quantificazione a sconvolgere definitivamente “Cingo”. Aveva ancora nelle orecchie il tono minaccioso, e ultimativo, della telefonata del “grande panettiere”, colui che comprava milioni di metri cubi di gas come fossero pagnotte: “Comportatevi bene e non fate minchiate con quest’altro ‘decreto aiuti’, altrimenti non ti porto più in giro con me a fare contratti sui combustibili fossili”. 

E non riusciva neanche a immaginarsi come lo avrebbe trattato, visto questo drammatico esito, colui per cui aveva organizzato e sostenuto per molti mesi la colossale canizza su tutti i nucleari possibili, incluso quello della fusione “come funzionano le stelle”. “Distrazione di massa”, era stata definita questa sua pedagogia per far intendere ai vari radical chic che la transizione ecologica sarebbe stata un bagno di sangue. A poco, gli sembrava a questo punto, era giovata la complicità dei grandi media pronti a riesumare tutto il vecchiume possibile su fissione e fusione pur di non attraversare la strada al generoso elargitore di sponsorhip, cappelluccio in mano e vai col greenwashing. Plenitude!

Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica

Era stato praticato l’inosabile: tagliare un po’ le unghie alle rapaci mani dei predatori della salute e delle tasche degli italiani. Certo, gli asset dell’Eni sarebbero rimasti negli idrocarburi, ora e sempre. E quel -25% sui sovraprofitti ricordava — un contrappasso? — il -25% di Ghs (Gas a effetto serra) al 2030 che, impudico, l’Ente si era dato come obiettivo di riduzione. Ma qualcuno aveva violato il sancta sanctorum. E magari, di questo passo, qualcuno si sarebbe ricordato che la golden share dell’Ente nazionale degli idrocarburi è nelle mani del Governo, come alcune nomine del Consiglio d’amministrazione. E la stessa autorità di controllo, Arera, dotata dei nuovi poteri del penultimo (o terzultimo?) decreto, avrebbe smesso il suo cauto dormicchiare. Non c’era più religione! mentre l’Enel continuava a fare il fastidioso Pierino, “io so tutto”, continuando il suo vaniloquio su Fer (Fonti di energie rinnovabili) e idrogeno “verde”.

Con il capo ancora reclinato sul tavolone, gli apparve un faccione glabro e una testa rasata. Come a Pilato era apparso il faccione di Tiberio, mentre Gesù veniva accusato della più grave delle colpe, l’aver messo in dubbio l’autorità di Cesare. Così almeno aveva raccontato Bulgakov. Ma no, quel faccione citato da Bulgakov era sdentato mentre Descalzi i denti ce li aveva eccome. No, il faccione no! Come percorso da una scarica elettrica di ribellione “Cingo” tirò su il capo. Niente più lacrime. E, ritrovata l’antica fierezza, appuntò nella sua mente: “Gliela faccio vedere io al faccione! Ora via con quei 60 GW di Fer che gli imprenditori del settore hanno chiesto di poter allacciare alla rete entro giugno!”. E quell’espressione sul volto, nuova, era il sacramento di una nuova combattività© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Scienziato e politico, leader del movimento antinucleare e tra i fondatori di Legambiente. Primo firmatario, con Alex Langer, dell’appello (1984) per Liste Verdi nazionali. Alla Camera per i Verdi (1987-2001) ha portato a compimento la chiusura del nucleare, le leggi su rinnovabili e risparmio energetico, la legge sul bando dell’amianto. Presidente delle due prime Commissioni d’inchiesta sui rifiuti (“Ecomafie”): traffici illeciti nazionali e internazionali; waste connection (Ilaria Alpi e Miran Hrovatin); gestione delle scorie nucleari. Tra gli ispiratori della Green Economy, è stato a fianco della ribellione di Scanzano (2003) e consulente scientifico nelle azioni contro la centrale di Porto Tolle e il carbone dell’Enel (2011-14). Co-presidente del Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Unesco (2005-14). Tra i padri dell’ambientalismo scientifico, suo un modello teorico di “stato stazionario globale” (2020) (https://www.researchgate.net/profile/Massimo-Scalia)