Il ‘casus (valle) belli’, come lo chiamano i pochi avversari politici della sindaca, Rita Vallebella, è una statua bronzea a grandezza naturale che, da un anno, attira gli sguardi sulla passeggiata davanti al porticciolo. Raffigura una bimba triste seduta con le mani in grembo accanto a una sedia vuota – forse la madre, o forse la sorella – emblema di tutte le vittime del feroce maschilismo militarista giapponese. Una ferita mai rimarginata − la schiavitù sessuale tra il 1932 e il 1945 − a ottant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale e a 14mila chilometri di distanza da dove il crimine si consumava. Alle cortesi pressioni dei rappresentanti del Sol Levante la prima cittadina risponde che la statua rappresenta tutte le donne che sono state e sono oggetto della violenza maschile: «Se insistono, di Ragazze della Pace ne metto un intero viale, come i Giganti di Mont’e Prama!»

Quattro schiave sessuali dell’esercito imperiale giapponese dopo la Liberazione. Dal 1932, stima Amnesty International, 200.000 donne vennero ridotte in schiavitù sessuale dall’esercito giapponese in diversi paesi asiatici e in molte isole dell’Oceano Pacifico. Per la prima volta, quattro anni fa con una sentenza il Giappone ha dovuto risarcirne dodici. Sotto il titolo la Ragazza della Pace di Stintino (credit Shutterstock)

◆ Il reportage di MAURIZIO MENICUCCI

La sindaca di Stintino Rita Vallebella seduta accanto alla Ragazza della Pace durante l’inaugurazione della statua un anno fa (credit foto SassariOggi.it)

Alla fine di maggio, gli studenti del Liceo sassarese Margherita di Castelvì erano attesi a Stintino, il paesello della celebre spiaggia Pelosa, per una visita alla cosiddetta ‘Ragazza della Pace’, un monumento in ricordo delle Comfort Women, le decine di migliaia di giovani donne violentate e costrette a prostituirsi dall’esercito d’occupazione giapponese nella seconda guerra mondiale. Tutto era pronto, l’amministrazione ospite reclutata al completo e gli ottoni della fanfara tirati a lucido, ma, all’ultimo momento, è arrivata la disdetta. «Causa di forza maggiore, mi ha detto laconicamente il preside, Giancarlo Strinna. Poi ho saputo che un funzionario dell’Ufficio Affari Internazionali, spedito da Tokyo con l’incarico di evitare a tutti i costi che la nostra manifestazione avesse luogo, era passato da loro prima di venire a Stintino. Ora, che il grande Giappone attraversi il mondo per oscurare Stintino e intimidire una scuola pubblica mi sembra non solo ridicolo, ma anche inquietante». Rita Vallebella, avvocato e sindaco del paese, cerca di moderare i termini, ma proprio non le riesce. «I giapponesi hanno superato ogni limite. È una vera e propria ingerenza negli affari di un altro Stato».  

Per spiegare come si è arrivati fin qui, dobbiamo risalire a poco più di un anno fa, quando nel bel mezzo di una sonnacchiosa mattinata fuori stagione, la sindaca è stata avvisata che la cercava il dottor Suzuki. E lei, pensando che la sua auto era, sì, un po’ vecchiotta, ma forse si poteva rottamare, ha preso al volo il telefono. Invece il Suzuki era l’Onorevole Satoshi, ambasciatore giapponese a Roma, che però qualcosa intendeva dargliela davvero, e non a rate. «La sua verità, tutta in una volta, cordialmente s’intende, ma senza sconti», ironizza oggi Rita, che rimpiange di non aver detto, quel giorno: “Assente, richiami”. Perché da allora si trova al centro di un intrigo internazionale, dal quale non può sfilarsi senza sacrificare questioni di principio e politica, che per lei, esperta in diritto di famiglia, e per la sua giunta progressista formata in maggioranza da donne, sono irrinunciabili, come la violenza di genere e la protezione dei minori. 

Il ‘casus (valle) belli’, come lo chiamano, sornioni, i pochi avversari politici della impetuosa prima cittadina, è, appunto, quella statua bronzea a grandezza naturale che attira gli sguardi sulla passeggiata davanti al porticciolo. Raffigura una bimba triste seduta con le mani in grembo accanto a una sedia vuota – forse la madre, o forse la sorella – emblema di tutte le vittime del feroce maschilismo militarista giapponese. Una ferita mai rimarginata, anche perché Tokyo nel 1992 ha riconosciuto le proprie responsabilità, scusandosi e offrendo risarcimenti ai paesi occupati, ma chiede in cambio una sorta di ‘diritto all’oblio’, che gli altri rifiutano. A offrire l’opera, chiavi in mano, a Stintino era stato il ‘Consiglio per la Memoria’, una fondazione privata di Seul che, come ricorda modestamente la sindaca, «aveva saputo della particolare sensibilità della nostra amministrazione a questi temi. E noi abbiamo subito riconosciuto il grande valore simbolico del gesto».

Una “comfort woman” con il ritratto di quand’era schiava dei giapponesi

Ora, non sarebbe il caso di spaccare il capello in quattro, ma − perché la cronaca sia completa − occorre aggiungere che, su quel ‘subito’, non tutti, in paese, sono disposti a giurare. Secondo un’altra versione dell’incipit, infatti, nel ricevere la posta, qualcuno, in ufficio, aveva letto ‘Seulo’, paese che sta in Barbagia, a 215 chilometri da Stintino. E già così, prima ancora di entrare nel merito, la distanza da cui sembrava arrivare la generosa proposta aveva stupito. Anche perché, a memoria d’uomo, l’unico screzio da sanare tra i due campanili pareva risalire al 1996, quando il centravanti del “Seulo FC”, aveva rifilato una gomitata al ruvido difensore Agostino Schiaffino, oggi pescatore-ristoratore e presidente dell’assemblea comunale. In ogni caso, per chiarire l’equivoco e portare l’attenzione di tutti al contesto globale era bastato l’irrompere sulla scena dei diplomatici giapponesi. «Cortesi, per carità, ma testardi, per telefono e di persona, non facevano altro che ripetermi di non prenderlo, che si trattava di un regalo avvelenato, fatto solo per mettere in cattiva luce il loro Paese, perché il Giappone aveva risolto tutte le pendenze con i paesi occupati. Noi, siccome questo delle ‘donne di conforto’ è un crimine di guerra enorme come dimensioni e poco noto, abbiamo detto sì”. 

A fine giugno 2024, all’inaugurazione, erano arrivate a Stintino una delegazione coreana, una giapponese e una nutrita rappresentanza di tv e stampa dei due paesi. Era la seconda Ragazza della Pace in Europa, dopo Berlino, la terza o la quarta nel mondo, considerando che qualcuna è stata rimossa per le proteste giapponesi. «La notizia ha avuto un certo risalto in Asia e negli Usa, qui in Italia molto meno, ma da quel giorno le pressioni di Tokyo per rimuovere il monumento si sono fatte asfissianti. Ogni tanto piombano qui e, usando gli inchini come capoversi, sostengono che il ‘Consiglio della memoria’ coreano è in realtà una setta di comunisti filocinesi, odiatori del Giappone. E che intorno alla statua tedesca si svolgono continue e violente manifestazioni antinipponiche. Ho premesso che, se mai fosse successo da noi, l’avrei tolta all’istante, ma ho fatto notare che il loro atteggiamento era fuori luogo, perché io sono soltanto un’autorità locale, quindi non ho titolo per interloquire a questi livelli. Allora l’hanno messa sul piano della cortesia, e anche noi abbiamo cercato di tenere il punto restando gentili, ma ora basta». 

Un gruppo di donne schiavizzate dall’esercito imperiale nipponico

Più che di cortesia, però, negli altri comuni del Sassarese si parla di marketing, perché i turisti giapponesi attirati dalle sabbie immacolate di Stintino sono in costante aumento. Poi, sarebbe anche chiara l’allusione, tra il serio e il faceto, alla proverbiale parsimonia dei 1530 stintinesi, in quanto eredi delle famiglie di tonnaroti liguri che lo Stato italiano aveva espulso a fine ‘800 dalla vicina isola di Asinara, per trasformarla in un campo di concentramento militare. Sempre pensando ai conti, però, si nota che anche i visitatori sudcoreani sono sempre più numerosi, come Rita indirettamente conferma. «A un certo punto, dopo una serie infinita di telefonate in cui chiedevano, anche loro con esasperante gentilezza, di sapere che cosa avessero detto gli altri, si sono presentati in Municipio i delegati del governo coreano, tanto per mostrare ai dirimpettai del Sol Levante che anche loro prendevano molto sul serio il monumento. Tra l’altro, non è che a Seul siano dei campioni in tema di diritti delle donne, visto che nel Global Gender Gap Report 2024 sono novantaquattresimi su 146 paesi». E l’Italia? «Ogni tanto si fa vivo qualcuno da Roma, tradendo l’impazienza di levarsi dall’impiccio, perché è chiaro che anche i nostri vengono strattonati da una parte e dall’altra. Ma si sono limitati a far domande, non ci hanno mai imposto nulla».  

Nella foto d’archivio, l’ex ’donna di conforto’ taiwanese Chen Lien Hua morta nel 2023 a 92 anni

La sindaca, che è pur sempre una legale di provata esperienza, sta cercando di mettere d’accordo i litiganti. Ma a farla innervosire è anche la valanga di email che le arrivano da qualche settimana per deplorare l’installazione. Per lo più, sono firmate ‘Garibaldi-san’, ‘Mazzini-san’, ‘Cavour-san’: secondo la Polizia Postale, la provenienza è molto sospetta. «Il mittente più gentile mi spiegava che i coreani hanno commesso le stessa atrocità contro le donne in Vietnam. Insomma, se devo cambiare un po’ l’epigrafe perché c’è qualche inesattezza, qualche parzialità nel racconto dei fatti, non mi tiro indietro. Basta che mi diano una versione concordata tra Corea e Giappone. Ma la statua resta lì». E se qualcuno le fa notare che ci sono tragedie più vicine a noi, ad esempio quelle commesse dall’Italia fascista in Libia e in Etiopia, Rita obietta che la cosa più importante è ricordare che questo crimine contro l’umanità sia avvenuto, in qualunque parte del mondo, e che se ne parli. «La bambina coreana è un simbolo universale, con lei sono sedute – e accanto a lei mancano dalla sedia vuota – tutte le donne che sono state e sono oggetto della violenza maschile». Quindi? «Se mi fanno saltare la mosca al naso, di Ragazze della Pace ne metto un intero viale, come i Giganti di Mont’e Prama!». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Inviato speciale per il telegiornale scientifico e tecnologico Leonardo e per i programmi Ambiente Italia e Mediterraneo della Rai, ha firmato reportage in Italia e all’estero, e ha lavorato per La Stampa, L’Europeo, Panorama, spaziando tra tecnologia, ambiente, scienze naturali, medicina, archeologia e paleoantropologia. Appassionato di mare, ha realizzato numerosi servizi subacquei per la Rai e per altre testate.