
Sergio Lepri, fiorentino, storico direttore dell’Ansa dal 1962 al 1990, è scomparso oggi a 102 anni. Riconosciuto maestro di un giornalismo che può considerarsi una specie in grave pericolo di estinzione. Assieme a un gruppetto di altri colleghi soprattutto dell’Ansa, gli ero molto affezionato. Lo sentivo per il compleanno e, fino allo scoppio della pandemia, lo si andava a trovare. Si emozionava quando ricordava la sua Laura, che lo aveva lasciato nel 2011 dopo 64 anni passati insieme, e quando sentiva Bella ciao. Di modi formali al tempo della redazione, nella estrema quanto lucida vecchiezza aveva deciso di adottare con tutti il “tu” di colleganza, anche con qualche giovanissimo giornalista che lo andava a intervistare. Non ha mai smesso di trasmettere ai più giovani la passione civile e il rigore professionale con cui ha intessuto sempre la sua presenza sulla scena pubblica
Il ricordo di CARLO GIACOBBE
CHI FA IL GIORNALISTA da oggi è un po’ più solo. Ci ha lasciati Sergio Lepri, fiorentino, storico direttore dell’Ansa dal 1962 al 1990, riconosciuto maestro di un giornalismo che forse oggi può considerarsi una specie in grave pericolo di estinzione.
Laurea in Storia e Filosofia, dopo un breve periodo di insegnamento nella scuola pubblica e il militare durante la guerra, era entrato nella Resistenza. Si dichiarava agnostico e di fede politica repubblicana, ma aveva fatto il portavoce di Amintore Fanfani. Non era un fazioso e da capo della maggiore agenzia di stampa italiana non avrebbe mai penalizzato un orientamento politico a favore di un altro a lui più congeniale. Penso però che in privato si considerasse di centrosinistra. Col passare degli anni più “sinistra” che “centro”, credo.

Io, assieme a un gruppetto di altri colleghi soprattutto dell’Ansa, gli ero molto affezionato. Lo sentivo per il compleanno e, fino allo scoppio della pandemia, lo si andava a trovare. Si emozionava quando ricordava la sua Laura, che lo aveva lasciato nel 2011 dopo 64 anni passati insieme, e quando sentiva Bella ciao. Di modi formali al tempo della redazione, nella estrema quanto lucida vecchiezza aveva deciso di adottare con tutti il “tu” di colleganza, anche con qualche giovanissimo giornalista che lo andava a intervistare o ne chiedeva il parere in funzione di un saggio o una tesi di laurea. Quasi fino all’ultimo ha curato un blog e sbrigato la corrispondenza sulla posta elettronica. L’ultimo suo contributo dato alla stampa era stato il capitolo di apertura di “Pezzi di storia”, un libro collettivo che abbiamo scritto in una quarantina di colleghi, tutti appartenenti o appartenuti ad agenzie.
Io, come sicuramente anche altri colleghi, sono davvero addolorato. Capisco però che a centodue anni e quattro mesi si abbia il diritto di chiudere il “pezzo”, come si dice in gergo. Non so se ci saranno funerali, cerimonie o commemorazioni, ora o in seguito. Comunque io non presenzierò. Non sopporterei l’epicedio, troppo spesso ipocrita, che verrebbe invariabilmente pronunciato da quelli che contano. Come il corifeo in capo, l’attuale presidente dell’Ansa (il nome non è fondamentale), che per ricordare il Maestro (che non ha mai avuto come collega) ha pensato bene di parlare quasi solo dei propri trascorsi. Io Sergio preferisco ricordarlo con un sonetto che gli avevo dedicato dopo il compimento dei cento anni. So che gli aveva fatto piacere. Oggi di questo debbo accontentarmi. © RIPRODUZIONE RISERVATA