L’assassinio di Giulia Cecchettin ha commosso per la solarità della vittima, per la crudeltà del fatto, perché è un ennesimo “femminicidio” che appare commesso con una motivazione abbietta, e cioè l’irragionevole volontà di possesso. C’è una riflessione ulteriore da fare, e la suggerisce il messaggio del padre di Giulia, ai funerali della figlia
◆ Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI
► Vediamo in tv i funerali della povera Giulia stroncata da un fidanzato possessivo sino alla mania ossessiva che ha come sbocco terribile la distruzione fisica dell’altra. Si alzano in cielo i palloncini bianchi. C’è in Italia tanta strada da fare per avvicinare una parità reale, vissuta, fruita. Guardando le statistiche ci stupivamo constatando che in Italia in apparenza il tasso di femminicidi era più basso rispetto ad altri paesi europei. Un dato di facciata illusorio. In realtà da noi la condizione della donna era ed è nettamente peggiore perché ci sono meno donne autonome, con una propria occupazione e quindi remunerazione. Come avviene in altri Paesi.
Il padre di Giulia Cecchettin non ha chiesto vendetta ma giustamente la più grande umana duratura comprensione di una privazione che l’assassino ha reso assoluta, irrimediabile. A me pare un dato di fondo più avanzato da rimarcare con forza se non si vuole rimanere prigionieri di una spirale cieca e senza vie di uscita.
Credo che sia giusto sottolineare questi comportamenti come esemplari in una società come la nostra affinché giovani e meno giovani possano fruire di quei modi di essere. Che pure sono importanti in questa società anafettiva spesso senza gli stimoli critici che noi più anziani abbiamo avuto, di cui abbiamo ampiamente fruito e potuto fruire. © RIPRODUZIONE RISERVATA