La competizione internazionale oggi avviene sugli investimenti per le gigafactory per le batterie, per i materiali e le componenti della trazione elettrica. Su questo terreno bisognerebbe saper spendere bene i fondi europei per il Pnrr in Italia

Il Parlamento europeo ha dato il via libera definitiva alla tempistica che metterà fuori mercato le auto a benzina o diesel: stop alle immatricolazioni dal 2035. La destra urla, compatta e furibonda. Matteo Salvini parla di decisione “folle”. La destra è unita, ma la sinistra balbetta sul suo ruolo, non comprendendo che è proprio sulla Green economy che si gioca la contrapposizione destra/sinistra. Ma una critica sulle scelte europee arriva anche dagli ambientalisti: non c’è abbastanza coraggio sulle misure che riguardano i camion che, pur rappresentando solo il 2% del circolante, sono responsabili di oltre il 30% di emissioni di Co2


L’articolo di MASSIMO SCALIA

CHISSA SE QUELLI che pensano di essere la “vera sinistra” si convinceranno. Eppure, mai coro fu più uniforme e a voce spiegata di quello intonato dalla Destra europea contro lo stop alle auto a benzina e diesel entro il 2035. È sullo scontro in ordine alle grandi politiche industriali ed energetiche, sulla green economy che si gioca la discriminante destra/sinistra. È così da almeno trent’anni, ma i guardiani dell’ortodossia — la “vera sinistra — continuano a guardare al “sociale” come dirimente. Peccato che sul lavoro, auto impugnato come marchio distintivo, non sono riusciti neanche a far arginare quello stillicidio di morti “bianche” che piangiamo ogni giorno, e su tutti gli altri temi del “pacchetto sociale” il timore di pestare i piedi alle “forze produttive” li rende imbelli o, quando va bene, alcune leghe indietro al magistero di Papa Francesco. “Popolo di dura cervice”, sono rimasti al Vecchio Testamento e da decenni guardano con stizzoso fastidio al Nuovo.

Che il Mascellone dell’Eni se ne fotta della salute degli Italiani, l’ha eretto a suo business. I dati del Pm2.5 di Milano, come di gran parte della “Padania” fanno rabbrividire, anche a sottrarre il contributo dovuto al riscaldamento, ed ecco lì Salvini a sbraitare: «Decisione folle e sconcertante, contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio delle imprese e degli interessi cinesi. Ideologia, ignoranza o malafede?» (Ansa, Roma, 14 febbraio) Tutto d’un fiato! Lasciando perdere la rivoluzione industriale “green” che è stata lanciata in California, notoriamente subdola alleata dei Cinesi, basta guardare all’India, quarto mercato dell’auto nel mondo, dove il governo di destra ha già scelto la stessa data per lo stop all’immatricolazione di auto a combustibili fossili. Ehi Lumbard, che figura di m… proponi di far fare alla tua sacra alleanza!

Daimler Truck e Volvo Trucks annunciano che entro il 2030, rispettivamente, il 60% e il 70% delle proprie vendite sarà costituito da veicoli industriali a emissioni zero

La proposta di piano della Commissione Ue ha incontrato forti critiche anche da parte ambientalista, di tutt’altro tenore. L’organizzazione ambientalista Transport & Environment (T&E) rileva: «L’obiettivo di riduzione delle emissioni al 90% a partire dal 2040 per i nuovi camion consentirebbe di fatto la circolazione dei camion diesel sulle strade europee ben oltre il 2050, rendendo così irraggiungibili gli obiettivi di neutralità climatica della Ue». (14 febbraio, AskaNews). Perché tutta quest’attenzione ambientalista ai mezzi pesanti, e questo pessimismo? Perché i camion, pur rappresentando solo il 2% del circolante, sono responsabili di quasi il 30% delle emissioni di Co2. E forniscono, inoltre, la quota più rilevante di Pm2.5 e NOx (Ossidi di Azoto), che secondo il Rapporto 2022 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente hanno causato 238.000 morti premature, con l’Italia maglia nera in questa tremenda classifica: oltre 69.500 morti premature, delle quali ben 52.300 dovute al Pm2.5 [leggi qui]. 

Il ramo italiano di T&E ha ricordato, per bocca del suo responsabile, Andrea Boraschi: «Entro il 2035 i camion elettrici saranno più economici dei diesel, garantendo la stessa capacità di percorrenza e di trasporto merci. Senza una indicazione chiara da parte della Ue, tuttavia, i mezzi diesel potranno continuare a inquinare i nostri polmoni e il Pianeta ben oltre lo stretto indispensabile». La proposta della Commissione Ue si muove inoltre su un obiettivo — meno 45% di CO2 entro il 2030 — più arretrato di quello di alcune grandi case: la Daimler Truck ha infatti annunciato che nel 2030 il 60% delle sue vendite sarà costituito da veicoli industriali a emissioni zero, mentre Volvo Trucks si è impegnata a raggiungere il 70% entro la fine del decennio. Unico elemento positivo nella proposta della Commissione è che tutti i nuovi autobus urbani, segmento di veicoli fin qui escluso, dovranno essere a zero emissioni entro il 2030. 

Se si guarda agli aspetti economico-industriali speriamo che Giancarlo Giorgetti, che sembra avere comprendonio, spieghi a Salvini che c’è una competizione internazionale, che avviene sugli investimenti per le gigafactory per le batterie, per i materiali e le componenti della trazione elettrica. Le riconversioni sono già cominciate e sarebbe raccapricciante se, avendo davanti oltre dieci anni, il sistema economico-industriale italiano e, più in generale, il sistema Paese non fosse in grado di cogliere l’occasione sottesa a questa sfida. Il non saper utilizzare bene i fondi del Pnrr si coniugherebbe in negativo con le conseguenze dei benefici previsti dall’Inflaction Reduction Act approvato dall’amministrazione Biden per l’economia e l’industria americana, anche per il settore “automotive”, come oggi va di moda chiamare il settore automobilistico. 

Chi spiegherà invece ai sindacati che non è necessario stare sempre in coda ai “padroni”? Per averci provato un numero rilevante di volte, con esiti che è ottimistico definire deludenti, passo la mano a quelli che mi sembrano i più preparati: la “vera sinistra”. Imbarazzante, infine, il silenzio degli imprenditori del settore delle rinnovabili. “Il coraggio uno non se lo può dare” sembra essere, ahimè, il loro atteggiamento in questo frangente. Ma così l’“elettricità futura” ricade sulle spalle della sola Enel. Spalle sicuramente robuste, all’ombra delle quali potranno crescere nuovi protagonisti? A stare troppo all’ombra ci si scolorisce. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Scienziato e politico, leader del movimento antinucleare e tra i fondatori di Legambiente. Primo firmatario, con Alex Langer, dell’appello (1984) per Liste Verdi nazionali. Alla Camera per i Verdi (1987-2001) ha portato a compimento la chiusura del nucleare, le leggi su rinnovabili e risparmio energetico, la legge sul bando dell’amianto. Presidente delle due prime Commissioni d’inchiesta sui rifiuti (“Ecomafie”): traffici illeciti nazionali e internazionali; waste connection (Ilaria Alpi e Miran Hrovatin); gestione delle scorie nucleari. Tra gli ispiratori della Green Economy, è stato a fianco della ribellione di Scanzano (2003) e consulente scientifico nelle azioni contro la centrale di Porto Tolle e il carbone dell’Enel (2011-14). Co-presidente del Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Unesco (2005-14). Tra i padri dell’ambientalismo scientifico, suo un modello teorico di “stato stazionario globale” (2020) (https://www.researchgate.net/profile/Massimo-Scalia)