Bologna, settembre 1977. Dario Fo sul palco in una manifestazione dei “ragazzi del ’77”; sotto il titolo, i blindati nelle strade della città

I manganelli (che evocano, inevitabilmente, le infami brutalità del Ventennio fascista) sono spesso il simbolo, molto reale, della risposta violenta della polizia quando ritiene di reprimere un presunto pericolo durante una manifestazione. Alle ultime polemiche dopo le manganellate agli studenti dei cortei pro-Palestina ha fatto eco una severa nota del Quirinale: «Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento», rivelando così un grave malessere istituzionale. Le tensioni di oggi richiamano alla memoria anche altri tempi, che appartengono all’Italia repubblicana. Nel Dopoguerra i manganelli sono stati lo spauracchio delle proteste dei lavoratori. In questa nota, Vittorio Emiliani ricorda quando un’improvvisazione di Dario Fo a Bologna riuscì ad evitare pericolosi scontri tra manifestanti e polizia


◆ Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

Manifestazione contro l’uccisione di Francesco Lorusso da parte di un carabiniere 

Molti anni fa esisteva il Battaglione Padova della Celere che interveniva contro i cortei sindacali manganellando duramente i loro componenti. Lo vidi in azione a Ferrara davanti alla Cattedrale con le Jeep che facevano carosello fra gli scioperanti a oltranza per disperderli. Poi ho partecipato come cronista del Giorno e come inviato del Messaggero alla cronaca diretta di manifestazioni sindacali di massa. Eravamo pronti a scappare per evitare le cariche della Polizia. 

Durante i fatti di Bologna successivi all’uccisione di Francesco Lorusso da parte della Polizia c’erano cortei militanti tutti i giorni in centro e per seguirli noialtri rischiavamo grosso. Per chiamare il giornale giravamo con le tasche gonfie di gettoni. Per telefonare in partenza da Roma chiesi ad un amico di farlo dalla sua abitazione dietro Piazza Maggiore. Da lì potevo così telefonare un servizio a braccio per la prima edizione. Per quella ultima diffusa nell’area di Roma avrei dettato ai dimafonisti il servizio aggiustato e definitivo. Stetti a Bologna parecchi giorni. Vi tornai in settembre per la preparazione della grande manifestazione delle associazioni giovanili che avrebbero sfilato per la città.

Bisognava dare un finale adeguato al raduno di Bologna che aveva registrato un vastissimo successo con l’adesione di tante sigle associative. Poiché Piazza Maggiore non era disponibile perché si sapeva che vi si doveva tenere il Congresso Eucaristico, era stato scelto il vasto spazio decentrato in fondo a Via Indipendenza prima della Stazione ferroviaria. Lì erano confluite migliaia di persone che avevano partecipato alle giornate di protesta senza dar luogo a scontri con la Polizia. Il raduno doveva concludersi in modo pacifico e però ribadire in modo militante il dissenso di giovani e meno giovani. 

Tutto filò liscio finché dal palco il solito mattocchio non incitò la folla a dirigersi in Piazza Maggiore dove si stava tenendo il Congresso Eucaristico. Fu Dario Fo a smontare la pericolosa provocazione con alcune felici battute ironiche e a prendere di fatto il controllo della piazza come era necessario. Alla fine il raduno dei contestatori poté concludersi in modo pacifico e sciogliersi senza incidenti di sorta. Una vittoria politica di quanti volevano protestare senza violenze stradali alla quale Dario Fo aveva dato un contributo fondamentale. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.