L’ipotesi di sgomberare il popolo palestinese dalla Striscia di Gaza si configura come un piano di pulizia etnica. Un crimine contro l’umanità che isolerebbe gli Stati Uniti dai suoi alleati occidentali. Strana logica allucinata o mentalità immobiliarista − la geopolitica come compravendita di terreni −, le parole di Trump sono benzina sul fuoco e mettono a repentaglio la fragile tregua del conflitto israelo-palestinese che sembra già evaporare. E ridanno spago alla destra messianica israeliana
◆ L’intervento di ALESSIO LATTUCA
► Le dichiarazioni di Trump sul futuro di Gaza sono un mix di cinismo, ignoranza storica e disprezzo per il diritto internazionale. L’idea di deportare oltre due milioni di persone e trasformare Gaza in una “riviera turistica” non è solo moralmente aberrante, ma anche politicamente e logisticamente insensata. Spostare forzatamente, cioè deportare, milioni di persone è un atto che, secondo il diritto internazionale, potrebbe configurarsi come pulizia etnica o crimine contro l’umanità. In ogni caso, dove dovrebbero andare i palestinesi? Trump non lo dice chiaramente, ma suggerisce che altri Paesi (Egitto, Giordania) dovrebbero accoglierli. Tuttavia, entrambi hanno già respinto questa ipotesi.
È evidente che il deficit intellettuale di Trump emerge in tutta evidenza nel momento in cui dichiara di volere disporre di territori altrui. Il soggetto non considera affatto che gli Usa non possono decidere arbitrariamente il destino di Gaza e dei suoi abitanti senza il consenso dei palestinesi e degli Stati della regione. Ma procede dritto nel solco della sua strana logica. Difatti Trump ha sempre adottato un approccio semplificato e populista ai problemi internazionali. La sua mentalità da immobiliarista lo porta a vedere la geopolitica come una questione di compravendita di terreni.
Ma il fatto che lo staff lo assecondi è altrettanto grave giacché evidenzia un dato allarmante: molti dei suoi consiglieri sono scelti per la loro fedeltà personale, non per la loro competenza, quindi spesso evitano di contraddirlo. Ed esiste anche il calcolo elettorale: Trump sta parlando a un pubblico interno, in particolare ai suoi sostenitori più radicali e ai gruppi filo-israeliani negli Usa, piuttosto che proporre una vera strategia praticabile. E tale comportamento implica anche il rischio di dichiarazioni deliranti nella politica globale.
Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, affermazioni come quelle sulla sgombero di Gaza e le deportazioni dei gazawi possono esacerbare il conflitto israelo-palestinese, rendendo ancora più difficile qualsiasi soluzione diplomatica; isolare ulteriormente gli Usa sulla scena internazionale, perché nessun alleato potrebbe sostenere espressamente una proposta del genere; legittimare politiche estreme e violente, aprendo la porta a scenari ancora più tragici per Gaza e l’intero Medio Oriente.
In definitiva, resta il dovere dell’Europa di difendere il diritto internazionale. Di fronte alle posizioni del presidente amercano, l’Ue e la comunità internazionale non possono che ribadire con forza che la soluzione per Gaza deve rispettare diritto internazionale e diritti dei palestinesi; la pace non si costruisce con deportazioni di massa, ma con negoziati seri e soluzioni sostenibili. E gli Usa, se vogliono essere parte della soluzione, devono smettere di proporre scenari da reality show e affrontare la realtà politica con serietà. Purtroppo, Trump ci ha abituati a sparate del genere. Ma il fatto che continui a proporre simili aberrazioni dimostra quanto il suo ritorno al potere rappresenti una minaccia per la stabilità mondiale. © RIPRODUZIONE RISERVATA