Uscendo da Palazzo Chigi dopo un lungo incontro da lui richiesto, il capo di Azione ha detto di Giorgia Meloni: «è una persona seria» che lo «affascina» e lo predispone positivamente «dal punto di vista della chimica». Non ci sono precedenti di dichiarazioni analoghe ma è comprensibile: difficile avere reazioni “chimicamente” rilevanti in un incontro con Giuseppe Conte. Il capo di Italia Viva ha fatto il gregario silenzioso in campagna elettorale per non scomparire dal parlamento. Nei giorni in cui Calenda offriva collaborazione al governo, Renzi dichiarava invece che entro un anno lo farà cadere. Egli da solo: uno che non sta mai con le mani in mano. L’inventore della Leopolda, degli 80 euro, del referendum e della scissione si sta forse annoiando


Il pensierino di GIANLUCA VERONESI

E IO CHE credevo che tra i due quello spettacolare fosse Renzi! Invece è Calenda che da quando ha deciso di giocare in serie A non dà tregua a giornalisti dietrologi, politici concorrenti, italiani elettori. È tutto un colpo di scena, non lo trovi mai dove, prevedibilmente, dovrebbe essere. In genere passa il suo tempo a polemizzare con le altre opposizioni e a tentare di migliorare il lavoro del governo. Mi correggo: della presidentessa del Consiglio. Niente di scandaloso. Per un partito che si pone programmaticamente al centro, è normale sentirsi in competizione sia con la destra che la sinistra.

Le sue simpatie del momento sono riassumibili in due recenti dichiarazioni: nella prima dice che Letta — con cui fece e disfece in 24 ore un’alleanza elettorale — «è ormai incapace di elaborare una strategia politica». Mentre di Giorgia Meloni — uscendo da Palazzo Chigi dopo un lungo incontro da lui richiesto — ha detto: «è una persona seria» che lo «affascina» e lo predispone positivamente «dal punto di vista della chimica». Non siamo più nella dimensione politica ma stiamo imboccando quella della sensualità. Non ci sono precedenti di dichiarazioni analoghe ma è comprensibile: difficile avere reazioni “chimicamente” rilevanti in un incontro con Giuseppe Conte.

Come vedete, confrontando tali giudizi sembrerebbe difficile ricavarne un sentimento equidistante verso i poli. L’opposizione verso l’opposizione non appare nemmeno “costruttiva”. Il Calenda capo partito era stato preceduto dalla fama di tecnocrate preparato, con buoni studi, buona famiglia, buone relazioni. Grande lavoratore, silenzioso e con un carattere spigoloso. Silenzioso non lo è più, temperamentoso ancora sì. Come ogni politico che si rispetti, è cultore della permalosità. Il primo a valorizzarlo fu proprio Renzi che lo scelse come coordinatore a Bruxelles degli interessi del governo italiano e poi come ministro dello Sviluppo economico. È tornato poi a Bruxelles come europarlamentare, eletto nelle liste del Pd. Ma il grande pubblico lo ha scoperto in occasione delle elezioni per il sindaco di Roma.

Da buon tecnocrate si preoccupa innanzitutto di creare una classe dirigente per il suo partito. Diciamo che non la organizza dal basso. Solo donne e già ministre (Gelmini, Carfagna, Moratti). Ma lo vedo come un merito: abituati a partiti “individuali e proprietari”, comandati cioè da un padre padrone, possibilmente carismatico, l’idea di un collettivo di pari lignaggio promette elaborazioni di gruppo. Tuttavia la curiosità di tutti si interroga sui futuri rapporti con Renzi. In campagna elettorale il fiorentino si è comportato lealmente da comprimario, quasi da gregario. Ma era un miracolato: i sondaggi lo davano al 2% e probabilmente senza l’alleanza non sarebbe rientrato in parlamento (cosa vuol dire non esserci ce lo mostra Di Maio).

Come noto Renzi non è affetto da modestia acuta, non soffre di complessi di inferiorità, non ama l’anonimato. Nei giorni in cui Calenda offriva collaborazione al governo, Matteo dichiarava invece che entro un anno lo farà cadere. Egli da solo. D’altronde da solo inventò il Conte 2 (naturalmente con gli aspiranti ministri del Pd) e da solo lo abbatté. Il nuovo protagonismo di Calenda come si concilierà con quello vecchio di Renzi? Tuttavia la mia impressione è che l’inventore della Leopolda, degli 80 euro, del referendum e della scissione — insomma uno che non sta con le mani in mano — si stia ormai annoiando, che si stia defilando. È possibile che stia organizzando le Olimpiadi a La Mecca? © RIPRODUZIONE RISERVATA

Si laurea a Torino in Scienze Politiche e nel ’74 è assunto alla Programmazione Economica della neonata Regione Piemonte. Eletto consigliere comunale di Alessandria diventa assessore alla Cultura e, per una breve parentesi, anche sindaco. Nel 1988 entra in Rai dove negli anni ricopre vari incarichi: responsabile delle Pubbliche relazioni, direttore delle Relazioni esterne, presidente di Serra Creativa, amministratore delegato di RaiSat (società che forniva a Sky sei canali) infine responsabile della Promozione e sviluppo. È stato a lungo membro dell’Istituto di autodisciplina della pubblicità.