LE CONTRADDIZIONI SOCIALI, politiche, culturali e religiose segnano la storia della Malesia sin dalla sua indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1957. Il paese è multietnico: cinesi che sono una percentuale elevata della popolazione, indiani e malaysiani, l’etnia autoctona. Le tensioni tra le comunità sono sempre state alte, contrasti politici e azioni anche violente. Dal punto di vista religioso il paese è diviso tra una forte presenza mussulmana soprattutto nelle campagne, e il resto del paese. In politica opera anche un partito islamico, presente in parlamento, di impostazione fondamentalista con un programma di islamizzazione della Malesia: introduzione della sharia, punizioni corporali, (taglio della mano e lapidazione, ad esempio), apertamente in conflitto con l’islamismo moderato e democratico.
Nonostante queste divisioni produttrici di caos nella vita politica, cambiamenti di governo, clientelismo, e forte corruzione, l’economia della Malesia è più produttiva di quella dei due paesi vicini, l’Indonesia e la Thailandia. La Malesia ha larghe riserve di stagno, produce gomma, olio di palma, piccoli componenti per il settore automotive. Insomma è stata definita un paese quieto. Le contraddizioni prima accennate sono però esplose negli ultimi anni. Continui cambiamenti di governo, instabilità endemica, conflitti inter etnici per il riconoscimento dei diritti universali: le diverse etnie erano diseguali di fronte alla legge. L’ultima elezione politica è stata nel 2018.
Le elezioni tenute la scorsa settimana hanno segnato la sconfitta del partito storico travolto dagli scandali, la conferma della presa del partito islamico e la comparsa di formazioni che, alleandosi, possono essere maggioranza in parlamento. Tra queste, importante è il risultato del partito Riforma, il cui leader è stato nominato Primo ministro, sostenuto anche dal Re. Il suo nome è Anwar Ibrahim. Una figura quasi leggendaria: due volte per lunghi periodi in prigione, mussulmano riformista, democratico. Fu primo ministro nei primi tempi della Malesia indipendente, antirazzista. Guida una maggioranza in parlamento formata da tre partiti. La scommessa è rappresentare l’intero paese, colpire la corruzione, garantire tolleranza religiosa e rilanciare l’economia che negli ultimi anni ha risentito fortemente della situazione internazionale. Infine la vicinanza di Cina e India rende piuttosto complicata la politica estera malesiana. Una bella sfida per un paese di 32 milioni di abitanti. L’articolo integrale di Sui-Lee Wee sul New York Times del 24 novembre 2022 è a questo link: https://www.nytimes.com/2022/11/24/world/asia/malaysia-elections-prime-minister.html?searchResultPosition=1 — (rassegna stampa a cura di Toni Ferigo) © RIPRODUZIONE RISERVATA