Banane per l’induzione di anticorpi anti-epatite B, patate capaci di proteggere da malattie gastrointestinali. Gli anticorpi contro il cancro, espressi da cariossidi di riso e grano, riconoscono le cellule tumorali di polmone, mammella e colon. Le biotecnologie verdi oggi ci aiutano a produrre piante utilizzabili come vaccini, oppure colture con un accresciuto valore nutrizionale. Le applicazioni in questo campo sono utili sia a fini diagnostici che terapeutici. Il genoma editing basterà a superare le contrapposizioni del passato sugli Ogm di prima generazione resistenti agli erbicidi?
L’analisi di MARIA LODOVICA GULLINO, fitopatologa
¶¶¶ L’argomento piante geneticamente modificate (Pgm) ritorna puntualmente di attualità, riaprendo spesso nel nostro Paese un acceso dibattito fra tutti i soggetti toccati dall’argomento, dagli agricoltori ai consumatori. Purtroppo, però, molto spesso, la discussione continua a concentrarsi su temi vecchi, senza tenere conto dell’evoluzione della ricerca e delle tecniche che vengono utilizzate, in continua evoluzione. Proviamo allora ad abbandonare sterili discussioni che ancora riguardano le cosiddette Pgm di prima generazione (le piante resistenti agli erbicidi, per intenderci) per considerare cosa nel frattempo ha prodotto la ricerca. Ovviamente le piante resistenti oggi disponibili sono il risultato di ricerche condotte in altri paesi che hanno portato allo sviluppo di piante geneticamente modificate di interesse per colture estensive.
I cosiddetti Ogm di seconda generazione hanno portato, invece, allo sviluppo di piante resistenti a parassiti animali e vegetali, il cui impiego pratico può portare a una consistente riduzione dell’uso di agrofarmaci. Le prime ricerche hanno riguardato mais e cotone, con risultati non sempre di primario interesse per l’agricoltura europea. Un più consistente investimento di denaro pubblico in Europa (e in Italia in particolare) potrebbe portare allo sviluppo di colture resistenti ai parassiti interessante per il nostro paese. Basti pensare al potenziale interesse di piante di vite resistenti alla flavescenza dorata o di olivo resistenti alla Xylella. Tra l’altro oggi la resistenza ai parassiti può essere introdotto mediante cisgenesi, tecnica che prevede il trasferimento di geni tra le stesse specie o specie affini.
La cisgenesi, ad esempio, è stata utilizzata nel caso del melo, per ottenere piante resistenti nei confronti di una malattia molto pericolosa e diffusa, la ticchiolatura. Più recentemente, tecniche di vera e propria correzione del genoma (il cosiddetto genome editing) consentono di agire sul Dna con un metodo simile al processo di revisione di un testo scritto. Questo metodo è valso nel 2020 il premio Nobel per la Chimica a Emmanuelle Charpentier e a Jennifer A. Doudna. Può essere esemplificato con l’immagine di un paio di forbici molecolari che consentono di modificare il Dna di animali, piante e microrganismi con estrema precisione. Le modificazioni apportate con il genome editing sono equivalenti a quelle prodotte naturalmente dai processi di mutazione, che forniscono la variabilità genetica.
L’evoluzione dei prodotti sviluppati e delle tecniche utilizzate, insomma, ci fa capire l’inutilità di proseguire le sterili discussioni del passato e l’importanza di informarci meglio sui nuovi approcci, sempre accertandoci che vengano effettuati studi approfonditi per valutarne effetti collaterali e impatto ambientale. Anche questi possibili utilizzando conoscenze e tecnologie disponibili.
Come abbiamo già detto, l’opinione pubblica non è fondamentalmente contraria alle cosiddette “biotecnologie rosse” utilizzate in campo biomedico, in quanto le considera utili per la salute umana, mentre manifesta una ben nota avversione verso le cosiddette “biotecnologie verdi”, utilizzate nel settore vegetale. Sfortunatamente, pochi sanno che le biotecnologie verdi possono risultare di grande utilità per la salute umana. Vediamo alcune interessanti possibilità offerte dalle biotecnologie verdi per produrre piante utilizzabili come vaccini, oppure colture con un accresciuto valore nutrizionale. Queste applicazioni risultano di particolare interesse soprattutto per i paesi in via di sviluppo.
La ricerca nel campo delle biotecnologie ha permesso di ottenere piante produttrici di proteine ricombinanti utili come vaccini (contro diarrea, epatite B, afta epizootica, carbonchio) oppure anticorpi prodotti nelle piante (detti planticorpi) per la diagnosi e il trattamento di malattie contagiose e tumori. Le piante possono produrre, inoltre, proteine con proprietà farmaceutiche (enzimi, ormoni per la crescita) o polimeri biodegradabili (elastina, collagene) con possibili applicazioni industriali. Di particolare interesse − soprattutto in considerazione delle possibilità applicative nei paesi terzi − risulta la produzione di vaccini eduli, di piante cioè commestibili con funzioni vaccinali. Spesso, infatti, i vaccini tradizionali, pur disponibili, risultano troppo costosi per tali paesi. Essi presentano anche alcune controindicazioni di carattere pratico: devono essere conservati a basse temperature e somministrati da specialisti, utilizzando materiale (agli ad esempio) costoso.
Produrre vaccini e farmaci nelle piante consente di ridurre i loro costi di produzione e un più facile accesso da parte delle popolazioni povere. Con interessanti prospettive economiche e lavorative per gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo. Finiremo per curarci seduti a tavola? Lo vedremo meglio domani nella seconda parte dell’articolo. – (1. Fine prima parte) ♦ © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Foto: in alto, vite attaccata dalla flavescenza dorata; in basso, fiori commestibili