I singoli pezzi del puzzle delle materie prime evidenziano un sistema occidentale fragile, in balìa di attacchi speculativi, con origini indefinite, ma conseguenze molto chiare: crescono i margini di disuguaglianza, si arricchiscono a dismisura in pochi, impoveriscono tutti gli altri. Come per l’energia, il conto finale lo pagano i singoli cittadini, le piccole aziende, gli anelli deboli del sistema. La crisi della pandemia ha scatenato forze speculative incontrollate. Le chimere della liberalizzazione del commercio ridicolizzano i principi del controllo pubblico dei processi collettivi. Esiste una capacità dell’Unione Europea di fronteggiare fenomeni che sembrano scavalcarla, mettendone a nudo l’impotenza?
L’analisi di PAOLO SCARPA

NON È SOLO IL PREZZO dell’energia ad essere cresciuto in modo incontrollato negli ultimi mesi. Il fenomeno degli aumenti verticali delle materie prime sta travolgendo come uno tsunami l’economia in ripresa dopo il lockdown del 2020/21. Se ne parla troppo poco, come se si trattasse di fatti ineluttabili, mentre ciò che accade mette a nudo la debolezza strutturale del mercato globale e l’assenza di una strategia europea di regolazione. La sensazione è di un totale impazzimento: partendo dai valori del gennaio 2020 pre-Covid, al settembre 2021 l’alluminio ha subito un aumento di costo di circa il 60%, il rame di oltre il 100%, il legname da costruzione del 50%, mentre alcuni derivati dal petrolio (polietilene, polistirene) sono diventati addirittura introvabili. Analoghe impennate di prezzo riguardano il gas naturale, il petrolio, oppure prodotti solo apparentemente marginali come i semiconduttori, la cui carenza ha generato la cosiddetta “crisi dei chip” che ha messo in stallo l’industria automobilistica. In generale si punta il dito sulla Russia di Putin e sulla Cina, ma i sospetti di immobilizzazione a fini speculativi di materie prime riguardano in parte anche gli Stati Uniti e persino la piccola Austria per il mercato del legname.

La velocità di ripresa dell’economia post-Covid ha generato scompensi fisiologici, ma per ogni singolo aumento gli analisti hanno cercato di individuare tesi di possibili cause specifiche che sembrerebbero giustificarne la genesi: per l’alluminio sarebbe il colpo di stato in Guinea, per il rame gli scioperi dei minatori del Cile, per il legname una carenza dovuta alle condizioni climatiche sfavorevoli delle foreste del nord America, in Italia la gestione sbagliata delle agevolazioni in edilizia per la riconversione ecologica degli edifici. Ciascuna di queste tesi ha un suo fondo di verità, anche se esse appaiono vagamente autoconsolatorie, ma se mettiamo insieme il tutto, guardando anche a quello che accade nel mercato dei future (ramo della borsa che ai profani sembra una sorta di cinica lotteria sul futuro), i singoli pezzi del puzzle compongono un quadro inquietante che parla di un sistema occidentale fragile, in balìa di attacchi speculativi, che hanno origini indefinite, ma conseguenze molto chiare, destinate ad aumentare i margini di disuguaglianza, ad arricchire a dismisura pochi e a impoverire tutti gli altri. Perché alla fine, come per l’energia, il conto finale lo pagano i singoli i cittadini, le piccole aziende, gli anelli deboli del sistema.

Occorreranno anni per comprendere davvero cosa sta accadendo attorno a noi. La crisi della pandemia ha scatenato forze speculative incontrollate. Le chimere della liberalizzazione del commercio, della globalizzazione, ridicolizzano i principi del controllo pubblico dei processi collettivi. E, da europei, detentori dei valori di uguaglianza, libertà, rappresentanza democratica, è legittimo chiedersi se esista una capacità dell’Unione Europea di fronteggiare concretamente fenomeni che sembrano scavalcarla, mettendone a nudo l’impotenza. L’Europa alza la voce, anche un po’ istericamente, per il business dei sottomarini scippati alla Francia, ma appare debole di fronte a questioni di ben altra rilevanza e i tentennamenti negli accordi Bruxelles-Pechino, prima sottoscritti, poi subito rimessi in discussione, sembrano dimostrarlo. Il battito di farfalla partito da chissà dove, forse da Wuhan, sta probabilmente dettando il libro di una nuova storia e sarà sempre troppo tardi quando l’Europa comincerà a riappropriarsi del proprio destino, iniziando magari da una revisione radicale del mito del libero mercato. © RIPRODUZIONE RISERVATA