La prima pagina de “L’Espresso” con il. celebre titolo passato alla storia

Il settimanale “L’Espresso” diretto da Arrigo Benedetti descrisse la realtà cementizia con un titolo passato alla storia: “Capitale corrotta Nazione infetta”. Giunte democristiane fanno prevalere gli interessi speculativi sull’interesse generale per anni e anni, appoggiate dalle destre monarchiche e neofasciste nel silenzio delle gerarchie ecclesiastiche al vertice delle quali Pio XII Pacelli conduce una politica nazionale e planetaria decisamente orientata a destra. Il banco di prova del cambio di passo doveva compierlo il primo governo di centro sinistra ma la capacità del Psi di esigere la svolta urbanistica non è sufficientemente aggressiva e Pietro Nernni confesserà qualche tempo dopo che la “stanza dei bottoni” era vuota. A decidere erano sempre le correnti democristiane. E Roma rimaneva così distante dalle Capitali europee come Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, ecc. Dove il trasporto pubblico collettivo, in superficie o in sotterranea, prevaleva nettamente


◆ L’articolo di VITTORIO EMILIANI

Negli anni del dopoguerra ci crearono le condizioni con la immigrazione di massa, in specie dallo stesso Lazio e dal Sud per un ulteriore Sacco di Roma. Da parte di società come la Immobiliare legata alla finanza vaticana e gestita da personaggi come lo stesso Sindona. Un momento storico prolungato nel quale gli interessi speculativi prevalgono nettamente sull’interesse generale. Per anni e anni. Capitale corrotta/Nazione infetta, come titola L’Espresso diretto da Arrigo Benedetti, corrisponde alla realtà cementizia in cui è immersa Roma e che ne condiziona la già difficile amministrazione e gestione. Si succedono infatti Giunte democristiane appoggiate dalle destre monarchiche e neofasciste nel silenzio delle gerarchie ecclesiastiche al vertice delle quali Pio XII Pacelli conduce una politica nazionale e planetaria decisamente orientata a destra, nonostante che nella Chiesa di base e nella Dc stiano emergendo correnti e movimenti favorevoli verso una apertura a sinistra, in primo luogo ai Socialisti di Pietro Nenni. Il banco di prova è per l’appunto la fine del sacco edilizio e urbanistico di Roma. Purtroppo la capacità del Psi di esigere una svolta in questo senso non è particolarmente aggressiva e quanto alla “stanza dei bottoni” Pietro Nenni confesserà più tardi di averla trovata vuota. Tutto veniva ancora deciso dalle correnti dc.

Borgata romana negli anni sessanta del Novecento

Un vero e proprio Sacco di Roma prese le mosse dal centro nella zona dei Fori e dalle periferie come Primavalle verso e oltre Monte Mario. Doveva e poteva essere il punto di attacco di una linea metropolitana pubblica, ma non fece progressi per anni e anni. Nel frattempo la speculazione edilizia e immobiliare aveva libero campo in migliaia di ettari ad uso agricolo, a bosco e a pascolo cementificandoli, occupando così gli spazi per strade carrozzabili e linee tramviarie pubbliche. Ecco perché Roma non ha potuto proseguire, grazie alla incultura urbanistica e alla speculazione privata, nella illuminata strategia urbanistica e del trasporto collettivo che il grande sindaco Ernesto Nathan aveva saputo realizzare nel lontano 1907-1912 ponendo Roma alla avanguardia in Italia e non solo.

Con Mussolini purtroppo Roma regredisce ad una politica generale che distrugge la città storica sostituita da una magniloquente città di travertino che sommerge quella antica. Grandi settori della stessa vengono cancellati e stravolti sbriciolando storici quartieri, la stessa Via della Conciliazione che portava a Piazza San Pietro. Non c’è salvezza dalla terribile ignoranza storica, da una speculazione di regime che cancella la storia. Il Duce impugna e cala il piccone demolitore in alcune delle zone più belle e significative. Siamo ad una inarrestabile rovina che procederà implacabile fino alla Liberazione del 1944 e oltre con sindaci come Rebecchini e Cioccetti, fino alle Olimpiadi del 1960 e alla costruzione del Villaggio Olimpico e di alcuni impianti di massa.

Bisognerà attendere il ribaltone nelle comunali per avere un sindaco come Luigi Petroselli capace di progettare con assessori illuminati una strategia, una politica urbanistica dal centro storico ai Castelli romani. Politica che la morte prematura di quel grande sindaco di Roma frenerà fino ad arrestarla, a limitarla grandemente con Ugo Vetere. Purtroppo molto male era stato fatto a Roma nelle zone centrali e nelle periferie, anche in quelle lontane, promuovendo il mezzo di trasporto privato rispetto a quello pubblico collettivo. Roma rimaneva così distante dalle Capitali europee come Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, ecc. Dove il trasporto pubblico collettivo, in superficie o in sotterranea, prevaleva nettamente. Un elemento di manifesta inferiorità che si traduceva in costi sociali, in tempi lunghi di trasferimento casa-lavoro e ritorno. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.