La locandina del film di Todd Haynes con Natalie Portman e Julienne Moore

Elizabeth Berry (Natalie Portman) è un’attrice che si reca a Savannah, nel sud degli Stati Uniti, per incontrare Gracie Atherton-Yoo (Julien Moore) e Joe Yoo (Charles Melton, candidato al Golden Globe). Elizabeth dovrà impersonare Gracie nella vicenda che li coinvolse vent’anni prima: la donna trentaseienne ebbe una relazione con Joe, allora tredicenne, dal quale rimase incinta. Dopo aver scontato la pena per abuso di minore, la donna fu rilasciata e i due convolarono a nozze ed ebbero due gemelli. La serenità apparente dei coniugi Yoo viene minata dall’arrivo dell’attrice e dall’imminente diploma dei figli che lasceranno quindi il nido familiare costringendoli a scontrarsi con il non detto


◆ L’anteprima di GIULIA FAZIO

La pellicola, presentata al Festival di Cannes e candidata agli Oscar 2024 come miglior sceneggiatura originale, sarà al cinema dal 21 marzo. Liberamente tratto da un fatto di cronaca che sconvolse la morale pubblica negli anni Novanta, il film racconta del processo di immedesimazione dell’attore, con un bieco sguardo alle perversioni umane. L’ultimo conturbante dramma di Todd Haynes sconvolge lo spettatore e lascia senza fiato.

Elizabeth Berry (Natalie Portman) è un’attrice che si reca a Savannah, nel sud degli Stati Uniti, per incontrare Gracie Atherton-Yoo (Julien Moore) e Joe Yoo (Charles Melton). Elizabeth dovrà infatti impersonare Gracie nella vicenda che li coinvolse vent’anni prima: la donna trentaseienne ebbe una relazione con Joe, allora tredicenne, dal quale rimase incinta. Dopo aver scontato la pena per abuso di minore, la donna fu rilasciata e i due convolarono a nozze ed ebbero due gemelli. L’attrice arriva a Savannah nell’imminente avvicinarsi del diploma dei figli e nella loro conseguente partenza per il college. Eventi che minano la serenità apparente dei coniugi Yoo e li costringeranno a scontrarsi con il non detto. 

Il regista Todd Haynes sul set di “May December” con le due protagoniste

Fulcro del dramma è il rapporto tra Gracie e Joe, già evidente nel titolo May December con cui si intende in inglese una relazione tra una persona più giovane e una più grande, in cui maggio rappresenta la giovinezza e dicembre il partner più anziano. Sin dalle prime inquadrature, il regista presenta, in una luce abbagliante, uno spazio domestico e familiare in cui si dipana un groviglio di contraddizioni e tensione sessuale. Il tono del film è inoltre predisposto dalle musiche di Michel Legrand riarrangiate da Marcelo Zavos che istillano turbamento e disagio sin dalle prime note. I personaggi si muovono in un contesto tipicamente borghese e suburbano che cela le più recondite perversioni. Elizabeth, pur di assicurarsi una perfetta interpretazione del ruolo, si addentra nell’intimità della coppia scrutando ogni sfumatura dei comportamenti e della psicologia di Gracie, e spingendosi perfino a sedurre Joe. Portman è impeccabile nel dipingere un’attrice senza scrupoli, ma l’interpretazione di Melton è la più sorprendente – tanto da valergli una candidatura ai Golden Globes. La performance dell’attore restituisce l’immutata ingenuità di Joe, come se fosse rimasto bloccato all’adolescenza. Taciturno e sensibile si dedica alla moglie e ai figli, oltre che ad allevare farfalle, e pian piano che la storia procede ci rendiamo conto che egli non è altro che una bomba emotiva pronta a scoppiare. Moore riesce invece a catturare una donna incapsulata nella propria fantasia romantica che non ripensa mai al passato e non si interroga sulle proprie scelte.

L’intricata complessità delle relazioni borghesi architettata da Hayes è tipica dei melodrammi degli anni Cinquanta di Douglas Sirk che hanno già ispirato precedentemente il regista anche in Carol (2015) e Lontano dal paradiso (2002). Il brutale, ma latente, gioco di potere tra due personalità narcisistiche, in questo caso i personaggi di Portman e Moore, è invece un’affascinante indagine sulla complessità della natura umana. Ne è emblema la scena allo specchio nella quale Elizabeth mima e cattura ogni movimento di Gracie che si trucca, qui l’ambiguità del gesto esprime la relazione tra identità e alterità con un’aperta citazione a Persona di Ingmar Bergman – altra grande ispirazione del regista. Nonostante la storia venga raccontata con uno sguardo oggettivo, maggior compassione è però rivolta al personaggio di Joe. L’uomo cura e osserva le crisalidi trasformarsi in farfalla, cercando di preservare una specie che fatica a sopravvivere nella brutalità dell’ambiente. Osserviamo sul finale la farfalla prendere il volo come possibile metafora della purezza contaminata di una gioventù perduta in una relazione tanto affascinante quanto perturbante. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Classe 1994. Aspirante sceneggiatrice e critica cinefila anarchica. La grande passione per la Storia e la Letteratura la portano a laurearsi in Triennale in Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Catania con una tesi in Letterature Comparate dal titolo Jules e Jim, dal romanzo al film. Invece, per assecondare l’altra passione - il cinema - decide di laurearsi in Magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi di Roma Tre. Collabora con alcuni Festival del cinema in Italia e in Canada; e svolge il ruolo di selezionatrice e giurata. La passione per la Settima Arte si affianca a quella per l’Arte e la Letteratura, e non immagina un mondo in cui la cultura muoia senza lottare.