Può mai l’Autonomia regionale differenziata ridurre a fette la nostra Penisola, secondo il disegno distruttivo concepito da Roberto Calderoli e votato dall’intero “governo patriottico” di destra? Pur avendo alle spalle una cultura classica assorbita al liceo Paolo Sarpi di Bergamo, il leghista specializzato in “porcate” istituzionali è ricorso piuttosto alla manualità (oramai malferma) maturata intorno alla sua poltrona di dentista. Per rendersi conto dei piedi d’argilla su cui poggia la sua poltrona ministeriale gli sarebbe giovato seguire da vicino, almeno per un po’, il 63esimo Convegno internazionale di Studi sulla Magna Grecia che si chiude oggi a Taranto su “Miti e culti eroici in Magna Grecia”. Con questo convegno annuale, la polis millenaria nobilita le sue scarse evidenze archeologiche e ci fa riflettere su una eredità culturale antica, ma mai sorpassata, che ha caratterizzato l’intero pensiero logico occidentale. Un “memento mori” politico molto utile nell’Italia dei cavadenti di oggi…

Sotto il titolo, Eracle doma il cerbero; qui in alto, Eracle con la clava e la pelle di leone. In onore del più illustre degli eroi tante città hanno preso il nome di Eraclea

◆ L’articolo di ARTURO GUASTELLA, nostro inviato nella Magna Grecia

Ma è vero che il Mito si lascia spiegare soltanto in forma di mito, in quanto la struttura del mondo può essere soltanto raccontata? E gli eroi e i loro culti in Magna Grecia, nel sud cioè della nostra Penisola, possono per davvero ridurre ad una dimensione “banale” quell’Autonomia Regionale Differenziata, vagheggiata dal senatore Roberto Calderoli? Il quale, seppure intriso di cultura classica attinta al liceo Paolo Sarpi di Bergamo, pare averla sacrificata alla manualità della sua poltrona di dentista, dimenticando come essa, la cultura classica, come un ininterrotto fiume carsico abbia innervato l’Italia intera, dalla Sicilia al Nord più settentrionale. Per comprendere tutto questo (e ben altro ancora), basterebbe assistere a questo 63esimo Convegno internazionale di Studi sulla Magna Grecia, in svolgimento questi giorni a Taranto, in quella polis millenaria che nobilita le sue scarse evidenze archeologiche con questo convegno annuale che ci fa riflettere su di una eredità culturale antica, ma mai sorpassata, e che, senza tema di smentite, ha caratterizzato l’intero pensiero logico occidentale. Questa edizione del Convegno, poi, assume una valenza straordinaria, raccontandoci di miti ed eroi, come non succedeva più da molti anni e facendoci riandare col pensiero a quelle magistrali relazioni dell’indimenticabile Giovanni Pugliese Carratelli. 

Atena, che indossa l’ègida, visita il laboratorio di uno scultore che lavora su un cavallo di marmo, forse Epeo su un modello per il cavallo di Troia (part.). Kylix attica a figure rosse, 480 a.C. circa

Il Mito, dunque. E qui mi piace citare il bel libro di Giorgio De Santillana e Hertha von Dechend, “Il mulino di Amleto”, uno di quei rari saggi che ci ha convinto a mutare le nostre convinzioni sul mito, e su quello che si usa chiamare il “pensiero arcaico”. Convinti come eravamo (e come in parte siamo) che la civiltà abbia progredito dal “mytos al logos”, “dal mondo cioè del pressappochismo, all’universo della precisione, dalle favole alla scienza”, il libro di Santillana ha mutato letteralmente la prospettiva, dimostrando come anche il Mito sia una scienza esatta, dietro la quale si stende “maestosa, l’ombra di Ananche, la Necessità”. Se, poi, si riflette sul fatto che questo radicale mutamento della nostra visione prospettica sul pensiero arcaico si deve ad uno studioso, Giorgio De Santillana, fino ad allora uno dei più eminenti cultori del “razionalismo scientifico”, tanto da aver scritto saggi memorabili su Galileo o sulla storia della scienza greca, ci accorgiamo che, per davvero, il Tempo è ciclico e qualitativo e il Mito è tuttora presente nel nostro modo di essere, di pensare e di agire. 

Dettaglio della testa di Odisseus (dall’uccisione di Polifemo), Villa di Tiberio a Sperlonga

Ed allora, da questo angolo prospettico, quando i relatori del Convegno ci hanno raccontato di Dei e di semidei, al di là della cifra cattedratica dei loro dotti interventi, è stato agevole astrarsi e sostanziare di immagini iconografiche Athena, Era, Poseidon o lo stesso Zeus. E gli eroi? Ma essi sono stati sempre qui con noi. Filottete ed Epeo, a Metaponto, Diomede, che addirittura fondò una città in Puglia, Argiripa, che diede il suo nome alle isole Tremiti (Diomedee), che poi emigrò al Nord, nella terra del ministro Calderoli, insegnando a quelle genti la coltivazione della vite e l’uso dei cavalli in guerra, Enea, nel Salento, Antenore in Veneto, a Padova, Odisseus in Sicilia e via discorrendo. E il più illustre degli eroi, Eracle? Quante città, in suo onore, presero il nome di Eraclea? E, se anche non appartenente all’epos omerico (ma sono sicuro che gli sarebbe piaciuto), quante città con il nome di Alessandro il macedone? Certo nella Grecia continentale, un eroe poteva dare il nome ad una regione, o come Pelope, addirittura ad una penisola, il Peloponneso. È poi arcinoto che qui, in Magna Grecia, le colonie, le “apoikia”, avevano una fondazione storica e ne vantavano una mitica (e riecco il Mito), e quasi sempre il suo ecista (fondatore) era un eroe omerico che l’inclemenza del tempo o il capriccio degli Dei non li aveva fatti tornare in patria e li aveva condotti in terre lontane: quasi sempre, qui da noi, in Magna Grecia. “Nostoi”, furono chiamati questi reduci, dal poema di Agia di Trezene, e che, più esattamente, raccontava dei “ritorni” dalla guerra di Troia. 

Un appellativo, questo di “nostoi”, che piacque anche al grande poeta calabro-siciliano Stesicoro che ne raccontò a sua volta le vicende in due sue opere, “Iliupersis” e “Nostoi”, per l’appunto. Ma anche nel “Cavallo di legno”, dedicato al suo costruttore, quell’Epeo che poi approdò, come detto, a Metaponto. Così, quando i relatori di questo sessantatreesimo Convegno internazionale di Studi sulla Magna Grecia, parlano di eroi e di Mito, di culti e di santuari, quando il tarantino Francesco D’Andria ci racconta di Enea, di Idomeneo, di Menelao o del mondo degli Iapigi, o l’altro tarantino, Emanuele Greco, della memoria culturale delle poleis della Magna Grecia, o di “Eracle, eroe della precedenza e della frontiera” di Flavia Frisone, sostanziate di immagini queste relazioni, perché, come detto, il Mito e gli eroi sono ancora e sempre fra di noi. E, per concludere, un ringraziamento ai professori Aldo Siciliano e Mario Lombardo che ci hanno regalato questa straordinaria edizione del convegno. Come al solito, di altissima caratura scientifica, ma stavolta anche pregno di visioni, di eroi e di Dei. E, soprattutto, il nostro orgoglio di appartenere ad una terra che riesce sempre a sorprenderci. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Giornalista dal 1971. Ha alternato la sua carriera di biochimico con quella della scrittura. Ha diretto per 14 anni “Videolevante”, una televisione pugliese. Ha tenuto corrispondenze dall’Italia e dall’estero per “Il Messaggero”, “Corriere della Sera”, “Quotidiano”, “La Gazzetta del Mezzogiorno” per la quale è editorialista. Con la casa editrice Scorpione, ha pubblicato “Fatti Così” e, con i Libri di Icaro, “Taranto - tra pistole e ciminiere, storia di una saga criminale”, scritto a due mani con il Procuratore Generale della Corte d’Assise di Taranto, Nicolangelo Ghizzardi. Per i “Quaderni” del Circolo Rosselli, ha pubblicato, con Vittorio Emiliani, Piergiovanni Guzzo e Roberto Conforti, “Dossier Archeologia” e, per il Touring club italiano, i “Musei del Sud”.