C’è una narrazione manipolatrice sull’alluvione della Romagna con l’unico scopo di distogliere l’attenzione dalle vere responsabilità. Nel primo disastro, all’inizio di maggio, circolò una stravagante accusa a nutrie ed istrici, che per farsi le tane avrebbero distrutto gli argini. Ora, di fronte all’attuale tragico disastro, si racconta di come gli ambientalisti, e in genere i Verdi in politica, sarebbero la causa dei mancati interventi per la difesa del suolo. Niente di più falso: furono i Verdi a far approvare alla fine degli anni ’80 la legge 153 sulla difesa del suolo che aveva indicato quelle regole – poi tradite – sui bacini fluviali. Chi ha favorito la speculazione e il massacro del territorio ora dà la colpa proprio a chi ha denunciato i pericoli e indicato le soluzioni


L’intervento di SAURO TURRONI

«PERCHÉ L’ITALIA FRANA quando piove. Un’Italia che frana e si sbriciola non appena piove per due giorni di fila»così comincia uno straordinario articolo di Antonio Cederna di cinquant’anni fa, nel quale individuava il problema di fondo e il più trascurato della politica italiana: la difesa dell’ambiente, la sicurezza del suolo, la pianificazione urbanistica. E Cederna individuava con nettezza nell’incuria, nell’ignavia, nel disprezzo per la stessa sopravvivenza fisica del fu giardino d’Europa e per l’incolumità dei suoi abitanti i responsabili dei disastri che arrivavano a ritmo accelerato. È passato mezzo secolo ma siamo ancora a quel punto, anzi per effetto dei cambiamenti climatici la situazione si è enormemente aggravata. C’è una novità però: se allora Cederna indicava con precisione i responsabili del malgoverno del territorio oggi sta prendendo piede una nuova narrazione: nutrie e istrici hanno preso il posto dei cementificatori mentre i Verdi e gli ambientalisti sono la causa della mancata realizzazione degli interventi per la difesa del suolo.

In questi giorni l’attenzione generale è rivolta ai due drammatici eventi meteorici che hanno colpito la Romagna, con la loro conseguenza di lutti, devastazioni, allagamenti e frane. Subito dopo il primo evento verificatosi all’inizio di maggio vennero individuati negli istrici e nelle nutrie i responsabili della esondazione dei fiumi, della rottura degli argini, di un disastro di grandi proporzioni mai verificatosi in precedenza. Nessuno ha pensato per un attimo che le cause derivassero da politiche dissennate sul territorio, da ettari ed ettari ricoperti di asfalto e cemento, d’incuria e disinteresse, dalla disarticolazione della pianificazione di bacino e di tutti gli altri strumenti di salvaguardia aventi l’obiettivo di un corretto uso del territorio. Un povero animaletto indifeso, il cui aspetto non piace a molti e che si è diffuso lungo i corsi d’acqua della regione in seguito al suo abbandono in natura dopo la chiusura degli allevamenti, è apparso la perfetta vittima sacrificale: le tane delle nutrie insieme con quelle degli istrici, altrettanto silenziosi e schivi erano le  responsabili di tanto disastro. A distanza di sole due settimane il drammatico evento si è ripetuto con dimensioni ancora più grandi, mai viste in precedenza, investendo tutto il territorio della Romagna e gran parte della provincia di Bologna, con l’esondazione di 24 fiumi, di tutto il reticolo minore degli scoli e dei canali, con 58 allagamenti, 306 frane. Ai danni ingentissimi si è sommato un numero altissimo di morti, attualmente 14 ai quali si somma purtroppo ancora un numero imprecisato di dispersi. Alcuni Comuni e diversi centri abitati sono ancora del tutto isolati. Tutta la collina romagnola è martoriata dalle frane che hanno interrotto strade travolto campi coltivati, distrutto raccolti: il territorio per come lo avevamo conosciuto fino ad ora non c’è più.

Antonio Cederna nel 1964 in uno scatto di Giovanna Borgese

Ci sono versanti dai quali è scomparsa interamente la copertura vegetazionale e la profonda erosione del suolo ha fatto apparire formazioni calanchive tipiche delle zone argillose della prima fascia collinare. Tutti i fiumi hanno superato gli argini e si sono riversati nel centro delle città non risparmiando i centri storici, allagando nuovi insediamenti e intere zone industriali, e provocando l’evacuazione di decine di migliaia di famiglie alle quali l’acqua ha distrutto tutto. D’incanto, in luogo di nutrie e istrici, nel dibattito politico, nei talk show televisivi, nelle dichiarazioni di membri del Governo e del loro codazzo di pennivendoli e commentatori prezzolati, sono comparsi i veri responsabili di tanto disastro, i Verdi e gli ambientalisti, colpevoli per i mancati interventi di messa in sicurezza dei fiumi, della mancata realizzazione delle casse di espansione e dei bacini di laminazione, del consolidamento degli argini, e così via.

Ci troviamo di fronte a un vero e proprio travisamento della realtà, impudente e clamoroso: fanno finta di ignorare, tutti costoro, che proprio per merito degli ambientalisti, arrivati finalmente in Parlamento nel 1987, e soprattutto per merito del lavoro decennale di Antonio Cederna, venne varata nel 1989 la fondamentale legge 153 per la difesa del suolo. Essa conteneva proprio le regole a cui avrebbero dovuto essere assoggettati i bacini fluviali, principi e norme elaborati e proposti dalla cultura dell’ambientalismo scientifico in un tempo ancora del tutto prono agli interessi dei cementificatori. Gli stessi interessi che oggi vogliono allontanare da sé ogni responsabilità riguardante condoni, repellenti croste di cemento e asfalto stese ovunque, pianificazioni svuotate di ogni significato, distese di capannoni e edifici residenziali costruiti dappertutto e rigorosamente vuoti, saccheggio delle coste e manomissione del paesaggio. In altre parole, la subordinazione dei principi di tutela a ogni interesse economico, a cui si aggiunge l’assenza di ogni azione di contrasto ai cambiamenti climatici e per ridurre l’uso dei combustibili fossili.

Per farlo hanno bisogno di far dimenticare l’impegno dei Verdi e le puntuali ripetute chiarissime proposte fatte fin dagli anni ’80 perché si affrontasse il problema del dissesto idrogeologico e delle frane, così come fin da allora quello del riscaldamento globale e dell’effetto serra. Vogliono anche indebolire, colpendo i Verdi e gli ambientalisti, le forze che con più consapevolezza si oppongono alla deriva innescata dalla sciagurata modifica del titolo V della Costituzione la cui tragica conclusione per natura, paesaggio e  ambiente verrebbe concretizzata con l’autonomia differenziata. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Architetto e urbanista, dal 1972 ha svolto la propria attività professionale pubblica in qualità di dirigente presso i Comuni di Cervia e Cesena; dal 1986 è stato dirigente all’urbanistica, servizio tutela e valorizzazione del territorio, della Regione Emilia Romagna. Ha progettato, fra l’altro, il Piano Territoriale Paesistico dell’Emilia Romagna, ed è stato responsabile del laboratorio regionale per la sperimentazione della pianificazione ecologica. Dal 1992 e per quattro legislature consecutive è stato deputato e senatore dei Verdi. È stato anche il primo parlamentare italiano a recarsi in Antartide e in Artide per le ricerche sul clima. Dal 2007, per otto anni è stato membro della Commissione scientifica nazionale per l’Antartide (Csna). Nel settembre del 1995 è stato a Mururoa con Greenpeace contro gli esperimenti nucleari e nel ’96 a Cernobyl per il decennale della catastrofe. Dal 1994 al 1996 ha fatto parte della delegazione italiana presso l’Osce. È presidente di una Fondazione con scopi di solidarietà sociale.