In Emilia Romagna si contano i danni e si continua a spalare (credit GettyImages)

Il “consumo di suolo zero” rivendicato dalla retorica della politica dopo la legge urbanistica regionale dell’Emilia Romagna, la numero 24 del 2017, è solo uno spot, una negazione della realtà. In due anni successivi alla legge, stando ai dati dell’Ispra, Ravenna è la seconda città per consumo di suolo a livello nazionale nel 2021 e nel 2022, Reggio Emilia è quarta, Modena e Forlì settima e ottava. Uno scempio, che ha cancellato la pianificazione mettendo tutto nelle mani degli speculatori. Riportare tutto come prima, come promette Bonaccini, più che una promessa è una minaccia: perché il “prima” è l’edificazione scellerata che non tiene conto né delle esigenze di sempre né di quelle nuove, imposte dal cambiamento climatico


L’analisi di SAURO TURRONI

NEL DIBATTITO PUBBLICO  di questi giorni viene obiettato che le cementificazioni e il dissennato consumo del territorio sono finiti, che l’Emilia Romagna dispone di una legge rigorosissima che ha come obiettivo il consumo di suolo zero, che tutto è cambiato: oibò ci sono i cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici sono ormai un mantra, ogni iniziativa è fatta in loro nome ma in realtà sono usati come paravento dietro ai quali vengono nascoste, neanche troppo bene, le politiche sbagliate di prima, a cui si aggiungono, in nome del clima un rigassificatore (ma se Piombino non lo vuole proprio, allora facciamone due) un po’ di italiche trivelle, stoccaggi di Co2, con l’Eni che per far prima e mostrare chi comanda, riunisce direttamente a Ravenna il suo Consiglio di amministrazione.

In realtà la scandalosa legge urbanistica regionale n. 24 del 2017, che pare scritta secondo i metodi di Plauto e Terenzio del plagio e della contaminatio nei confronti dei testi confindustriali, cancella la pianificazione per mettere definitivamente in mano agli immobiliaristi e agli investitori le trasformazioni di città e del territorio attraverso strumenti di negoziazione dichiarando però che le norme approvate sei anni fa azzerano il consumo del suolo.

I dati di quei sovversivi di Ispra infatti raccontano un’altra storia: mai come in questi anni il suolo dell’Emilia-Romagna è stato tanto trasformato per case, capannoni, centri commerciali, magazzini per l’e-commerce; mai come in questi ultimi anni la costa è stata aggredita da nuove edificazioni turistiche tanto che in taluni tratti della costa ravennate, in adiacenza alla foce del Savio, in un paio di anni si sono raddoppiate le aree edificate nei cinquant’anni precedenti.

Tra il 2020 e il 2021, come scrive Ispra, sono stati cementificati 78 ettari di aree ad elevata pericolosità idraulica e 502 ettari di media pericolosità. In un solo anno l’Emilia-Romagna ha consumato 658 ha di suolo, Il 10% di quello consumato in tutto il territorio nazionale, mentre la sola Ravenna ne ha cementificati 114, il 17,3% del consumo regionale. La superficie impermeabilizzata risulta 2,95 m quadri per abitante all’anno. Ravenna è la seconda città per consumo di suolo a livello nazionale nel 2021 e nel 2022, Reggio Emilia è quarta, Modena e Forlì settima e ottava.

La divulgazione di questi dati ha provocato la risposta della Regione: dapprima la vicepresidente ha diffuso cifre differenti con cui si vorrebbero negare le risultanze di Ispra, poi è sceso in campo lo stesso presidente Bonaccini per qualificare come bufale le accuse alla Regione sul consumo del suolo, minacciando querele. Questa querelle non riesce, tuttavia,  ad arginare un cambiamento ormai incontrovertibile: il mito della Regione prima della classe, più efficiente di tutti, più capace di riforme, più ecologista e avanzata ecc. si sta sgretolando: non basta più la propaganda a nascondere i limiti di una azione che da decenni ha come unico obiettivo lo sviluppo a discapito di natura, ambiente, paesaggio. 

Al di là di tante stupidaggini e bufale, dalle farneticazioni di Red Ronnie sulla diga che avrebbe provocato l’alluvione, alle teorie bislacche della necessità di far piazza pulita di tutti gli alberi o di sterminare tutte le nutrie e gli istrici, dall’idea di alzare gli argini e scavare gli alvei o di fare tante nuove dighe eccetera eccetera, le tragiche vicende di questi giorni ci consentono di esaminare da vicino il funzionamento della difesa del suolo nella Regione. Lo vediamo nel dettaglio domani, analizzando l’indebolimento strutturale anche della macchina amministrativa, oltre che del territorio. — (1. continua) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Architetto e urbanista, dal 1972 ha svolto la propria attività professionale pubblica in qualità di dirigente presso i Comuni di Cervia e Cesena; dal 1986 è stato dirigente all’urbanistica, servizio tutela e valorizzazione del territorio, della Regione Emilia Romagna. Ha progettato, fra l’altro, il Piano Territoriale Paesistico dell’Emilia Romagna, ed è stato responsabile del laboratorio regionale per la sperimentazione della pianificazione ecologica. Dal 1992 e per quattro legislature consecutive è stato deputato e senatore dei Verdi. È stato anche il primo parlamentare italiano a recarsi in Antartide e in Artide per le ricerche sul clima. Dal 2007, per otto anni è stato membro della Commissione scientifica nazionale per l’Antartide (Csna). Nel settembre del 1995 è stato a Mururoa con Greenpeace contro gli esperimenti nucleari e nel ’96 a Cernobyl per il decennale della catastrofe. Dal 1994 al 1996 ha fatto parte della delegazione italiana presso l’Osce. È presidente di una Fondazione con scopi di solidarietà sociale.