Contro il caro energia — singoli, famiglie, aziende agricole e artigianali, industria — gli aiuti verranno prelevati per il 25% da sovraprofitti sull’energia,  invece che solo dalla “fiscalità generale”, cioè dai soldi che servono per scuola, sanità, stato sociale, a ulteriore danno dei cittadini; sotto il titolo, il ceo di Eni Descalzi, dominus della politica energetica del ministro Cingolani

Il Decreto “Aiuti ter”, al secolo DL n. 50 del 17 maggio 2022, è diventato legge con l’approvazione al Senato del 14 luglio – la presa della Bastiglia nel 1789 e la crisi politica che ne è seguita qui da noi giovedì. Uno show-down che ha oscurato un dettaglio per noi interessante, anche se non è caduto il Borbone: per far fronte alla crisi, soprattutto al caro bollette, sarà prelevato un 25% dai sovraprofitti delle vendite di energia, gas in testa, dall’Eni in giù. Dopo la batosta del 6 luglio scorso (il “Sì” del Parlamento Ue a gas e nucleare dichiarati “sostenibili” contro ogni evidenza scientifica), è pur sempre meglio del famoso calcio sulle gengive. In una Paese, il nostro, avvinto come sempre al “particulare” di guicciardiniana memoria, e senza una vera ruling class, come osservava Piero Gobetti un secolo fa


L’articolo di MASSIMO SCALIA, fisico matematico

“ITALIA LIBERA” È STATO l’unico giornale online su cui era possibile scrivere a ripetizione contro il predatore Descalzi, mentre su tutti gli altri pende l’autocensura dei molti soldi degli spot dell’Eni, siano cartacei che video. Basti pensare al vergognoso greenwashing di “Plenitude”, celebrato anche al festival di Sanremo con gli 11 milioni di italiani che abitualmente lo seguono. Ah, quell’autocensura riguarda anche molti Atenei, centri di ricerca e tanti altri comparti produttivi e culturali. Il “grande fratello” di Orwell era un dilettante. Ed è motivo di piccolo orgoglio che una campagna, anche di mobilitazione, supportata con determinazione e coraggio da “Italia Libera” fin dall’ottobre scorso, un risultato l’ha conseguito: i quattrini che il Decreto Legge “Aiuti ter” stanzia contro il caro bollette — singoli, famiglie, aziende agricole e artigianali, industria — verranno prelevati per il 25% da sovraprofitti sull’energia, dove Eni fa la parte del leone, invece che, tutti, dalla “fiscalità generale”, cioè dai soldi che servono per scuola, sanità, stato sociale, a ulteriore danno dei cittadini. Quello della loro salute è già incluso da molto tempo nei combustibili fossili, uso e ciclo. E l’Eni si è battuta strenuamente, ottenendo solo la meschina vendetta di colpire anche le rinnovabili.

Francesco Guicciardini, Veneranda Biblioteca Ambrosiana [foto De Agostini/Getty Images]
Già, ma che… gliene frega di tutte queste inezie al popolo bue! Continuino da bravi anarcoidi, instupiditi dalle chiacchiere che gli racconta la loro “furbizia”, a votare per qualsiasi populismo — sempre pancia, mai cervello, sudditi mai diventati cittadini — prometta fuoco e fiamme contro i partiti, il potere, lo Stato: nell’ordine temporale, Berlusconi, Bossi, Grillo, senza dimenticare “la Rete” (chi era costei?) e tutti gli stupidi inetti che di volta in volta il popolo di sinistra, quella “vera” beninteso, si è inventato, attenti a non superare l’1%! Non è per loro che vale la pena lottare, ma perché lottare contro i predatori “è mio piacere” verrebbe da dire con Auda Abi della tribù araba degli Howeytat -Anthony Queen in “Lawrence d’Arabia”.

No, c’è un antico teorema che data almeno 1968. C’è sempre, in qualunque epoca recente, in qualunque importante accadimento del nostro Paese, un 6% che fatica per renderlo migliore. Basta pensare a quanti, surrogando lo Stato, dedicano parti significative del loro tempo alla cura operosa degli altri. O a quelli che faticano perché lo sfascio della nostra Pubblica Amministrazione, del nostro sistema giudiziario, e via elencando, non tracolli in impraticabile rovina. Sono un’esigua minoranza, alcuni milioni, e oppressa dal fancazzismo di tanti, dall’incapacità di troppi di assumere le proprie responsabilità. Sono però l’antemurale perché non crolli un Paese in cui non c’è stata la Riforma, ma la Controriforma, e nel quale non c’è mai stata una vera ruling class, osservava Piero Gobetti già negli anni Venti del secolo scorso. O, assai più indietro ahimè nel tempo, quando Guicciardini, con aristocratico sarcasmo, indicava nel “particulare” — ognuno si faccia strettamente i fatti suoi, quel che più giova a sé e alla sua famiglia, gli altri alla malora — il codice etico per i “commons. È cambiato qualcosa, su questo piano, nel comportamento di quella vasta parte di Italiani che “piagne” sempre e cerca, spesso con successo, di scaricare sugli altri il proprio lavoro e, soprattutto, di eludere o evadere le tasse, gran padronato in testa? Certo, “lo Stato non funziona”, “se quello non fa il proprio dovere, il fesso a farlo devo essere io?”, “pagherei pure le tasse, ma i servizi!”, “vuole la ricevuta fiscale o preferisce di no” se vien chiesto. Che cosa allora pretendere da un Paese che ha questa storia etico-sociale? 

Non incenseremo nessun comico o intrattenitore o secessionista (ex) sull’altare di un cambiamento agognato, però da fermi, beninteso. Ipostatizzati nel “particulare”. Per noi vale la pena lottare per quel 6%. Insieme a quel 6%! © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Scienziato e politico, leader del movimento antinucleare e tra i fondatori di Legambiente. Primo firmatario, con Alex Langer, dell’appello (1984) per Liste Verdi nazionali. Alla Camera per i Verdi (1987-2001) ha portato a compimento la chiusura del nucleare, le leggi su rinnovabili e risparmio energetico, la legge sul bando dell’amianto. Presidente delle due prime Commissioni d’inchiesta sui rifiuti (“Ecomafie”): traffici illeciti nazionali e internazionali; waste connection (Ilaria Alpi e Miran Hrovatin); gestione delle scorie nucleari. Tra gli ispiratori della Green Economy, è stato a fianco della ribellione di Scanzano (2003) e consulente scientifico nelle azioni contro la centrale di Porto Tolle e il carbone dell’Enel (2011-14). Co-presidente del Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Unesco (2005-14). Tra i padri dell’ambientalismo scientifico, suo un modello teorico di “stato stazionario globale” (2020) (https://www.researchgate.net/profile/Massimo-Scalia)