Quando uscì “La sera andavamo in via Veneto” molti si stupirono perché quella era la meta dei grandi avvocati, giuristi, economisti, professori più che giornalisti della cerchia del “Mondo”. Ma fu solo il primo dei numerosi sgarri della carriera di Eugenio scrittore. Non era più l’uomo in Facis di anni prima. Elegante, ben curato. Una barba tendente all’argento. Aveva tentato di farsi strada nel Psi riuscendo eletto a Torino. Si fece sorprendere alla Stazione di Milano in divieto di sosta con patente e bollo scaduti. Pensava di poter essere subito un protagonista ma non sapeva che c’erano un bel po’ di posizioni da scalare. Fu lì, forse, che ebbe l’intuizione di un giornale tutto politico L’articolo di VITTORIO EMILIANI Eugenio Scalfari nel 1962 diventa direttore de “L’Espresso” fondato da Arrigo Benedetti nel 1955 «HAI VISTO? BEL AMI»: Michele Tito mi indicò con la testa il giovane vestito Facis montatura d’occhiali d’oro a stanghetta, volto glabro, un po’ seminarile, che era appena uscito dopo aver proposto un pezzo sulla Borsa. Era Eugenio Scalfari. Doveva poi passare per l’inventore dell’Espresso che invece era in tutto e per tutto una creatura del lucchese Arrigo Benedetti che aveva fatto carriera con Mario Pannunzio lucchese di origine meridionale, entrambi promossi e poi bocciati, per la censura fascista, da...

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Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.