Ha fatto bene il capo dei 5 Stelle a staccare la spina a Draghi? Le perplessità sul suo tempismo sono elevate. E non per via della sempiterna emergenza nazionale, divenuta, oramai, sinonimo di normalità, essendoci dentro fino al collo da anni. Quanto per l’assenza di un baricentro politico-programmatico esplicito del Movimento, dopo aver esercitato per quattro anni un irripetibile potere parlamentare, attraverso le maggioranze più diverse. Con chi pensa di realizzare il suo quasi-decalogo Giuseppe Conte? E il Pd, sulle proposte dei 5 Stelle legate al lavoro e alla precarietà, pensa di glissare ancora a lungo?


Il commento di IGOR STAGLIANÒ

Passaggio della campanella a Palazzo Chigi tra Giuseppe Conte e Mario Draghi

IN DICIASSETTE MESI di governo, quella incassata ieri al Senato dal premier Draghi è stata la ventisettesima fiducia delle Camere. Poco o tanto? Il segno di dover stare insieme per necessità, disponendo — oltretutto — di una delle maggioranze parlamentari più ampie della storia repubblicana. Proviamo a ricordarci, allora, quali erano le necessità prevalenti il 14 febbraio del 2021, quando Giuseppe Conte passò a Mario Draghi la fatidica campanella a Palazzo Chigi. La prima, la più impellente, era la lotta alla pandemia e la campagna di vaccinazione; la seconda, la più delicata, dare garanzia all’Europa sui debiti contratti attraverso il Recovery Fund e il Pnrr della Next Generation Eu. 

Sulla prima necessità, la scelta di Draghi è stata netta come un colpo di spada: fuori Arcuri, dentro Figliuolo. Il generale dalle mille medaglie (sempre bene in mostra), “finisce” il lavoro giusto in tempo per ispezionare le truppe italiane sul fronte orientale della Nato, mobilitate contro la guerra di Putin all’Ucraina. Sulla seconda necessità (i rapporti con i nostri creditori), l’autorevolezza di Draghi ha tacitato per un anno abbondante i mal di pancia dei soliti “frugali” nord europei, e ha messo in piedi la tecno-struttura per farsi approvare da Bruxelles i progetti di spesa. Di essi ben poco s’è saputo (a parte i titoli dei capitoli) e ancor meno s’è pubblicamente dibattuto: le Regioni e gli Enti locali, se ne hanno parlato, lo avranno fatto al chiuso dei loro uffici burocratici. 

Ha fatto bene Conte a staccare la spina a Draghi? Le perplessità sul suo tempismo sono elevate

Missioni compiute? Non pare proprio. Né sul coronavirus che ha ripreso a galoppare (e la sanità pubblica ad annaspare), né sulla coerenza delle scelte compiute agli obiettivi della transizione ecologica e digitale cui i finanziamenti europei (a debito per i due terzi) erano per la maggior parte destinati. La questione sociale (disuguaglianze, salari da fame, carovita e inflazione) da febbraio si è solo aggravata in un Paese co-belligerante senza neanche dichiararsi tale. Il piano operativo del governo s’è inclinato sempre più pericolosamente, e le biglie (le rivendicazioni di bandiera dei partiti) si sono messe inesorabilmente a rotolare, com’era inevitabile a pochi mesi dal voto. 

Ha fatto bene Conte a staccare la spina a Draghi? Le perplessità sul suo tempismo sono elevate. E non per via della sempiterna emergenza nazionale, divenuta, oramai, sinonimo di normalità, essendoci dentro fino al collo da anni. Quanto per l’assenza di un baricentro politico-programmatico esplicito del Movimento, dopo aver esercitato per quattro anni un irripetibile potere parlamentare, attraverso le maggioranze più diverse. Con chi pensa di realizzare il suo quasi-decalogo Giuseppe Conte? E il Pd, sulle proposte dei 5 Stelle legate al lavoro e alla precarietà, pensa di poter glissare ancora a lungo? E del rovesciamento totale dell’indirizzo programmatico impresso dal ministro Cingolani alla transizione energetica del Paese, i due potenziali alleati elettorali pensano di far finta di nulla ancora a lungo? I sei giorni concessi da Mattarella a Draghi per far decantare le acque agitate potrebbero servire, quantomeno, a chiarirsi le idee su come chiudere una partita ed aprirne un’altra. Senza far perdere altro tempo al Paese, vivacchiando alla giornata per gli otto mesi a venire. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Direttore - Da inviato speciale della Rai, ha lavorato per la redazione Speciali del Tg1 (Tv7 e Speciale Tg1) dal 2014 al 2020, per la trasmissione “Ambiente Italia” e il telegiornale scientifico "Leonardo" dal 1993 al 2016. Ha realizzato più di mille inchieste e reportage per tutte le testate giornalistiche del servizio pubblico radiotelevisivo, e ha firmato nove documentari trasmessi su Rai 1, l'ultimo "La spirale del clima" sulla crisi climatica e la pandemia.