Wout Van Aert scala il Mont Ventoux; sotto il titolo, Tadej Pogačar conserva la maglia gialla Benché siano lontani i tempi eroici, quando sulle rampe roventi del Mont Ventoux i corridori «vendevano l’anima per un goccio d’acqua» − come raccontò Antoine Blondin, scrittore ed inviato dell’Equipe−, resta il fatto che sul “Monte Calvo” nessuno possa sentirsi al sicuro. E anche lo sloveno, ritenuto fin lì intoccabile, ha piegato il capo perdendo terreno. Davanti a tutti il campione totale Wout van Aert. Capace di lottare alla pari con i migliori velocisti del mondo, vincere grandi classiche come Sanremo e Amstel Gold Race, il belga dimostra ora addirittura di essere in grado di domare anche le grandi montagne L’analisi di MARCO FILACCHIONE Wout Van Aert ha dominato la tappa del “Monte Calvo” SULLA MONTAGNA DEL MITO può accadere di tutto, tranne qualcosa di banale. Inserito nel tracciato del Tour de France dopo cinque anni, addirittura con una doppia scalata, il Mont Ventoux ha regalato ancora una volta il meglio (cioè il peggio) di sé, anche se l’arrivo non era in vetta, ma una ventina di chilometri più a valle, a Malaucène. La tappa ha vissuto su due piani, entrambi spettacolari: davanti a tutti il campione totale Wout van Aert, capace di lottare...

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Marco Filacchione, romano, ha esplorato ogni periodicità del giornalismo scritto, lavorando per mensili, settimanali, quotidiani e agenzie di stampa. Ha cominciato negli anni Ottanta con “Il Messaggero”, poi ha seguito da inviato per anni Giro d’Italia, Tour de France e classiche del Nord per il mensile “Bicisport”. In seguito si è occupato di calcio con il mensile “Newsport” e ha fatto parte della redazione del “Corriere dello Sport”, di cui è tutt'ora collaboratore. È autore di una decina di volumi di carattere sportivo.