Cosa fa l’Unione Europea dopo il sanguinario attacco di Hamas in Israele, e di fronte alle conseguenze tragiche che comporta e comporterà la reazione di Netanyahu? Balbetta. Gira la testa dall’altra parte. E si allinea alle decisioni di Washington, senza neanche il tentativo, o la tentazione, di essere protagonista per la pace. Questo nonostante siano evidenti le conseguenze immediate del conflitto anche dentro i confini della vecchia Europa, con il ritorno di episodi di terrorismo, sia pure finora legati all’iniziativa di singoli esaltati. Una rinuncia preventiva, quella di Bruxelles, che comunica solo una desolante frustrazione. Tanto più dopo il missile lanciato ieri sera sull’Ahli Arabi Baptist Hospital al centro di Gaza City, con almeno 500 vittime 


Il commento di MASSIMO SCALIA

Sotto il titolo, le fiamme che si alzano dall’Ahli Arabi Baptist Hospital al centro di Gaza City colpito ieri da un missile: si contano almeno 500 vittime; più in basso la triade degli ignavi al vertice dell’Unione Europea: Charles Michel, Roberta Metsola e Ursula von der Leyen; qui in alto le vittime del missile

Biden arriva nel Vicino Oriente, dopo un’azione tout azimut del Segretario di Stato Blinken, con l’obiettivo di ritardare ulteriormente l’invasione da terra di Gaza e dissuadere al tempo stesso l’Iran da un’estensione del conflitto, ferma restando la difesa dello Stato d’Israele come punto irrinunciabile. Una missione di deterrenza che, qualunque ne sia il risultato, conferma gli Usa come potenza egemone nel teatro del Vicino Oriente dopo che Barack Obama vi aveva malaccortamente tolto mano. Benché la missione di oggi, nonostante l’intenso lavoro diplomatico di Blinken, avvenga nella più tragica delle circostanze a poche ore dal missile sull’ospedale di Gaza City ieri sera. Una strage che incendia il mondo arabo e fa saltare l’incontro cruciale del presidente degli Stati Uniti ad Amman con il re Abdullah II di Giordania, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas). A meno che Joe Biden non ottenga da Netanyahu un improbabile cessate il fuoco sempre più urgente.

L’auspicio “Stati Uniti-Unione Europea, uniti nella lotta” si è presto trasformato in cenere. Chissà cosa avevano da fare la Commissione europea e i massimi esponenti della Ue – dalla Von der Leyen, alla Metsola, a Michel e a Borrel, tanto per fare nomi – per non tentare almeno un analogo protagonismo, proprio mentre in Francia e in Belgio si riaccendevano i fuochi di un sottovalutato terrorismo à la carte. Non è bastato farsi soppiantare da Erdogan, che si è proposto più volte come mediatore per la guerra in Ucraina, ottenendo almeno una volta via libera per le navi del grano verso i Paesi più affamati? La Commissione Europea, i vertici della Ue, sembrano animati da una sorta di cupio dissolvi, che traduce in politica generale i peggiori sovranismi che animano alcuni staterelli. Già, ma gli Stati che contano di più e che sono eredi, onestamente indegni, dello spirito di Ventotene, che cosa propongono che non sia il delegare agli Stati Uniti non solo le politiche militari ma anche la politica “politica”? 

L’Italia non fa davvero eccezione, con questo curtigghiu, come si dice a Palermo, di ripicche quotidiane tra maggioranza e opposizione sui soliti argomenti, gli stessi da molte settimane. Salvaguardata in parte: dall’aver un minor numero di immigrati islamici, quindi una minor probabilità di radicalizzati sia in cellule che su percorsi individuali; da decenni di politica filoaraba e da un’intelligence che si è rivelata migliore di quella francese o belga, si fosse levata una voce all’altezza, e soprattutto un’azione all’altezza della situazione, che spingesse per un ruolo politico della Ue nella guerra scatenata dall’attacco di Hamas e dalle sue atrocità, e la cui vittima rituale è, come purtroppo da decenni, la popolazione palestinese! Ristretta nel Sud di Gaza, allo stremo per la mancanza di acqua, medicinali e energia elettrica, sepolta dall’ignavia dei Paesi “fratelli” non le rimane che sperare nel “Grande Fratello”, che, se non altro, indifferente al blà blà delle improvvisazioni mediatiche ha ben capito che una guerra con Hamas nei sotterranei di Gaza sarebbe un incubo, comporterebbe altre decine di migliaia di vittime civili, bambini in testa, e sarebbe miccia esplosiva per un allargamento del conflitto. Che resta lì come scenario reso ahimè probabile dall’ininterrotta catena de “il nemico del mio nemico è mio amico”, accentuato ora anche dal missile sull’Ahli Arabi Baptist Hospital nella città di Gaza assediata.

Che cosa racconteranno i partiti, restando nel nostro orticello, alle sempre più vicine elezioni europee? Che siamo cittadini Ue accomunati dall’indifferenza e dalla subalternità? Accomunati a una Unione Europea, da questo punto di vista sempre più italianizzata. Un’ignavia, quella degli esponenti Ue, che dimentica che limitarsi a buone parole e buone intenzioni vale, in questi tremendi frangenti, come girare la testa dall’altra parte. Può sembrare ridicolo, però accogliere l’appello di change.org è almeno un palliativo per la frustrazione https://www.change.org/p/chiediamo-un-intervento-deciso-dell-unione-europea-per-la-pace-in-palestina © RIPRODUZIONE RISERVATA

Scienziato e politico, leader del movimento antinucleare e tra i fondatori di Legambiente. Primo firmatario, con Alex Langer, dell’appello (1984) per Liste Verdi nazionali. Alla Camera per i Verdi (1987-2001) ha portato a compimento la chiusura del nucleare, le leggi su rinnovabili e risparmio energetico, la legge sul bando dell’amianto. Presidente delle due prime Commissioni d’inchiesta sui rifiuti (“Ecomafie”): traffici illeciti nazionali e internazionali; waste connection (Ilaria Alpi e Miran Hrovatin); gestione delle scorie nucleari. Tra gli ispiratori della Green Economy, è stato a fianco della ribellione di Scanzano (2003) e consulente scientifico nelle azioni contro la centrale di Porto Tolle e il carbone dell’Enel (2011-14). Co-presidente del Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Unesco (2005-14). Tra i padri dell’ambientalismo scientifico, suo un modello teorico di “stato stazionario globale” (2020) (https://www.researchgate.net/profile/Massimo-Scalia)