La Commissione europea ha avviato circa tre mesi fa una procedura di infrazione contro l’Italia sulle concessioni balneari, il cui rinnovo automatico – evitando una gara a libero mercato – è in contrasto con il diritto comunitario. Roma ha replicato all’annuncio di Bruxelles reclamando un’ulteriore proroga: quattro mesi per la mappatura delle spiagge. La reazione dalla Commissione è stata conciliante. E così Palazzo Chigi ha incassato una, da molte parti inaspettata, comprensione sui tempi che Bruxelles si darà per istruire la pratica. L’esito è che questo governo potrà superare indenne – usando una metafora in tema – anche lo scoglio delle elezioni europee di giugno. Palazzo Chigi può rassicurare – per un’estate ancora – gli “storici” concessionari che pagano cifre irrisorie per quello che è un formidabile business estivo
◆ Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI
► È un problema vecchio, quasi antico. L’Unione europea chiede di liberalizzare. Le concessioni in atto rappresentano una rendita di posizione delle più grasse. Ricordo che a Cesenatico dove andavo in vacanza con moglie e due figli l’Azienda di Soggiorno aveva creato un bagno modello con una maggiore distanza fra gli ombrelloni e fra le loro file rispetto al bagnasciuga. Ma non poteva fare un altro tipo di concorrenza, cioè quello sulle tariffe.
Ne hanno parlato a “Piazza pulita” su La7. La Rai odierna, a parte Report e poco altro, non si sogna più di fare inchieste. Tornando al tema, il fatturato degli stabilimenti è di alcune migliaia di milioni mentre l’Iva da loro versata è un decimo di quella dovuta. Lo sviluppo delle spiagge copre l’Adriatico e buona parte dello Jonio. Sul Tirreno gli arenili sono meno numerosi, non per esempio nella frequentata Versilia e pure nel Ponente ligure. Quindi il business resta di quelli grassi. Da parte dei concessionari non è venuta alcuna proposta di adeguamento alla direttiva Bolkenstein dell’Unione europea. A loro va bene così. A noi no. © RIPRODUZIONE RISERVATA