In questi ultimi decenni, di “paradossi del mentitore” − “quello che dico è falso”, ed allora sto dicendo una cosa vera, e se la frase è falsa sto mentendo quando dico che mento e quindi dico la verità − i tarantini ne hanno ascoltato una infinità. L’ultimo dei quali (ma solo in ordine di tempo) è che la città, capoluogo dell’acciaio una volta europeo, a cui viene negata persino una dignitosa stazione ferroviaria, con relativi collegamenti verso il Nord, sarà proiettata, con il vicino aeroporto di Grottaglie, al centro dei voli spaziali. Magari nel prossimo millennio: quell’aeroporto, per precise volontà politiche, ora è negato ai voli dei passeggeri. E poi, ancora, piscine olimpiche per i prossimi giochi del Mediterraneo, villaggi dello sport, progetti efficaci di disinquinamento del Mar Piccolo. Ed allora, per il riscatto sociale, è decisamente meglio ripartire dal basso con un libro in mano

L’Ilva di Taranto e il Quartiere Tamburi visti dal Mar Piccolo

◆ L’articolo di ARTURO GUASTELLA

Michelangelo, Il Profeta Geremia (particolare), 1511, Volta della Cappella Sistina, Città del Vaticano

La decisione di Feltrinelli di aprire una sua libreria nel centro di Taranto, è, in qualche modo, in controtendenza rispetto ad una città che vive un quasi ineluttabile e infausto destino siderurgico. Una città che industriale non è mai stata, anche se per decenni è stata accreditata la narrativa di città più industrializzata del Mezzogiorno. Una contraddizione che mi ha ricordato il “paradosso del mentitore”. Che è il paradosso più antico che si conosca, in quanto risale al IV secolo avanti Cristo. E lo formulò, naturalmente, un filosofo greco, Eubulide di Mileto, molto ammirato nell’antichità, tanto che Diogene Laerzio, si premurò di annotarne i sette paradossi più conosciuti perché non fossero mai dimenticati. 

Ma torniamo a Eubulide e alla sua frase famosa: “quello che dico è falso”. Si tratta, ci hanno spiegato i linguisti e i razionalisti, di una preposizione autonegante, nel senso, cioè, che se è vero quello che afferma, allora egli sta dicendo una cosa vera, mentre afferma di mentire. Se, davvero la frase è falsa, allora sta mentendo quando dice che mente, in quanto sta dicendo la verità. Ora in questi ultimi decenni, i tarantini di “paradossi del mentitore” ne hanno ascoltato una infinità. L’ultimo dei quali (ma solo in ordine di tempo) è che la città, capoluogo dell’acciaio una volta europeo, a cui viene negata persino una dignitosa stazione ferroviaria, con relativi collegamenti verso il Nord, sarà proiettata, con il vicino aeroporto di Grottaglie, al centro dei voli spaziali. Magari nel prossimo millennio. Mentre attualmente, quell’aeroporto, per precise volontà politiche, è negato ai voli dei passeggeri. Che finalmente, la tutela del lavoro, non potrà prescindere dalla salvaguardia di quella salute, che abbiamo visto drammaticamente compromessa da esalazioni mefitiche e dal rilascio nell’aria di sostanze tossiche. 

E, con questi paradossi, potrei continuare. Con la costruzione di piscine olimpiche per i prossimi giochi del Mediterraneo, di villaggi dello sport, di progetti efficaci di disinquinamento del Mar Piccolo e della fascia costiera (anche se in quest’ultimo caso, i responsabili sembrano avere carature di ben altro spessore), di risanamento dei quartieri Tamburi, Paolo VI e Salinella, mentre si ritorna a parlare di riperimetrazione dell’entroterra, dell’agro tarantino insomma, con il cosiddetto Comparto 32, che sarà pure avveniristico ma che prevede altre colate di cemento, ed erosione di ettari di campagna. 

Che fare, dunque? Mi piace, a questo proposito, ricordare il “Che fare”, di Nikolaj Cernysevskij e della possibilità che il riscatto sociale possa partire dal basso, dal ceto medio, dalla classe operaia cui si possa finalmente promettere un lavoro, magari nella bonifica dei danni creati dall’industria siderurgica, dalle ragazze e dai ragazzi che non hanno voluto lasciare la loro città, o che vi sono tornati dopo studi ed esperienze in altre città. E non sono pessimisti, questi giovani. Si associano in cooperative, si stringono fra loro e, nei fatti, impediscono al cuore di Taranto di fermarsi. Solo vorrebbero punti di riferimento più affidabili. Una politica meno saltellante e inconcludente, e, soprattutto, una gestione della cosa pubblica che non scada nel familismo più becero o nel clientelismo più sfacciato, lasciando fuori dalla porta il merito e la professionalità. 

Si accomodi, dunque, e ben accetta, nel salotto buono di Taranto la Feltrinelli, con i suoi libri e i suoi nuovi mezzi audiovisivi, sarà un arricchimento della città che ha visto, con malinconia, chiudere ad una ad una le sue librerie storiche: Leone, Filippi, Nicola Mandese e tante altre, cui, presi come siamo stati dalle vicissitudini dell’acciaio, non le abbiamo piante abbastanza come, invece, avremmo voluto. E basta, per una volta, con gli sprezzanti commenti su una ipotetica città turistica, o sulla ricchezza delle sue coltivazioni del mare. Perché non ritenere che anche questi settori siano trainanti, insieme ad una industria che non semini più morti e invalidi? 

E non lasciamo cadere nel vuoto, la proposta di tarantini illustri, Francesco D’Andria, Emanuele Greco, Grazia Semeraro ecc. di cercare di recuperare alla fruizione pubblica, quel che si riuscirà a trovare dei resti dell’anfiteatro romano e, perfino di quello greco, senza grandi sconvolgimenti urbanistici e demolizioni improbabili. A questo proposito, abbiamo finora ascoltato una fastidiosa politica del “benaltrismo”, che, quando si parla di anfiteatro, si cominciano a snocciolare altre presunte priorità, come il parco di Collepasso, altre mura antiche o, altre improbabili evidenze archeologiche. 

Il Castello Aragonese di Taranto al tramonto si lascia alle spalle le ciminiere dell’acciaieria più grande d’Europa

Ci pare, infine, che, dopo la stagione di comprimari, anche le associazioni di categoria, Camera di Commercio, Confcommercio, e persino l’Associazione degli Industriali (per molti anni, prona al colosso dell’acciaio), siano governati egregiamente e, quel che più conta, con nuove assonanze con il territorio e i suoi progetti. Sfogliamo, perciò, nuovi libri, ma non dimentichiamo di scriverne noi stessi, uno nuovo e straordinario. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Giornalista dal 1971. Ha alternato la sua carriera di biochimico con quella della scrittura. Ha diretto per 14 anni “Videolevante”, una televisione pugliese. Ha tenuto corrispondenze dall’Italia e dall’estero per “Il Messaggero”, “Corriere della Sera”, “Quotidiano”, “La Gazzetta del Mezzogiorno” per la quale è editorialista. Con la casa editrice Scorpione, ha pubblicato “Fatti Così” e, con i Libri di Icaro, “Taranto - tra pistole e ciminiere, storia di una saga criminale”, scritto a due mani con il Procuratore Generale della Corte d’Assise di Taranto, Nicolangelo Ghizzardi. Per i “Quaderni” del Circolo Rosselli, ha pubblicato, con Vittorio Emiliani, Piergiovanni Guzzo e Roberto Conforti, “Dossier Archeologia” e, per il Touring club italiano, i “Musei del Sud”.